WALHALLA

di Eppe Argentino Mileto

ROMA – È un tempio. Un monumento. Un inno neoclassico sulle alture del Danubio, in Baviera, voluto per celebrare i grandi uomini tedeschi. E vi si trovano, quei grandi, dei e valchirie riprodotti in 129 mezzobusti bianchi che hanno i volti di Edith Stein, Heinrich Heine, Barbarossa, Bismarck, Erasmo da Rotterdam, Lutero, Copernico, Röntgen, Gutenberg, Einstein, Goethe, Mozart, Wagner, Sophie Scholl.

Parola d’ordine: celebrare. Ma celebrare non è ricordare. E neppure venerare. E neanche ossequiare. Non è devozione, non è genuflessione, forse neanche riconoscenza. Ma di più.

Celebrare è sintonizzare. Entrare dove non è consentito entrare, esplorare dove non è ammesso esplorare, sperimentare dove è vietato sperimentare.

E chi l’ha detto che il mondo sia uno e uno solo? Chi l’ha detto che sia sempre lo stesso? Non esiste, il mondo. Ma i mondi. Ciascuno vede e sente con la propria percezione sensibile. Sicchè non esiste un solo cielo, un solo sole, una sola luna, se ad osservarli siamo in due e mille volte più, se ognuno di noi osserva con i propri occhi, con la propria mente, con la propria anima. Se siamo in due a guardare la luna, allora due sono le lune. La mia e la tua. E allora la vita diventa poema. Le gesta divengono epica. I silenzi si elevano a narrazione, a meditazione, i sensi si privano dei sensi e si consegnano al supremo. All’arte di esistere.

Andare oltre la vita e la morte è il vero Walhalla. Il Pantheon, il Partenone d’ogni Dio. Raggiungere l’atarassia d’ogni dialogo, il distacco d’ogni esperienza, il non subire pressioni affettive. Di nessun mondo dei mondi contemplati.

Allora ecco il Walhalla, il Pantheon, il Partenone. Sopravvivono ad ogni pulsione.

La ricerca dell’anima che tutto può e nulla distrugge può aiutare a comprendere.

Ma come si ricerca l’anima? Fondere le esperienze religiose e filosofiche aiuta al raggiungimento del Walhalla. Concentrarsi sul benessere individuale, che non è egoismo, e né egotismo, attraversare esperienze strettamente individualistiche e mai solo individuali, rimette in moto il ciclo della vita interiore, anticamera dell’anima. Porta di accesso al Walhalla.

Astrologia, esperienze mistiche, pratiche magiche, esoterismo, riti, buddismo mescolato a esperienze cristiane, meditazione, trascendenza, occultismo, aprono le porte al Nirvana.

Anche nei comandamenti Dio ammonisce: non desiderare. Liberarsi dal desiderio libera. L’errore delle religioni consiste nell’escludere. Nel negare. Nell’offrire un Paradiso anziché un Nirvana. Nella deposizione di una verità. Che non esiste. La verità è come la luna contemplata in due: sono diverse anche loro, le verità. Si sdoppiano. La mia e la tua. E sono tragicamente vere entrambe. Le pratiche e le tecniche magiche sono semplicemente cerimonie di rappresentazione e dunque di trasformazione di cui si serve e si nutre la religione. Ogni religione.

Secondo l’antropologo Van Gennep, la religione e la magia non possono che avanzare insieme; se si separano, la religione senza magia diventa filosofia e la magia senza religione diventa scienza.

La magia deriva dal percorso. La religione dal discorso. Ma la magia non ancora è pensiero magico. Perché diventi tale occorre comprendere i  caratteri di cui parla lo storico dell’esoterismo Faivre nell’esperienza esoterica: la teoria delle corrispondenze presenti nell’Universo visibile e invisibile; l’idea della natura come essere vivente; l’importanza  e la potenza dell’immaginazione e delle mediazioni di esseri e creature preternaturali, come angeli e spiriti; teoria e esperienza della trasmutazione, secondo cui l’uomo può trasformarsi in qualche cosa di superiore, supremo, avanzato, evoluto, diverso.

Quella esoterica è esperienza di metodo, uno stile, uno sguardo gettato oltre il muro del visibile e del percettibile che privilegia il mythos sul logos.

Occorre cercare l’unità trascendente fra e nelle religioni, per arrivare al Nirvana.

La proposta metodologica del mio lavoro varca ogni confine per comprendere e andare oltre. Senza paura né paure. Il pensiero magico deve proseguire nell’esperienza occulta, senza immaginare l’occultismo in chiave razionalista o religiosa. Il termine è qui rivendicato come pretesa, promessa, forza di “poteri” .

Religione e magia non devono essere antagonisti, ma collaborare nella definizione del sacro. Solo così potrà raggiungersi la definizione e la percezione libera di sé. Al di fuori e al di là di questo perimetro vi sono caos e sciatteria speculativa, approssimazione e dilettantismo filosofico.

Dalle armonie di queste forze e di queste potenze nascerà la contemplazione non querula ma consapevole del proprio Walhalla.

 

 

 

 

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