GIORNALISMO: qual è il giornalismo ideale ? quello di Bojano – Sorrentino o quello di Cacciatore … dalle veline fasciste ai messaggi grillini per l’abominio di face book

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – La domanda del giorno è: “Qual è il modello di giornalismo ideale, quello ipotizzato da Gabriele Bojano e Pasquale Sorrentino o quello descritto dallo storico-filosofo prof. Giuseppe Cacciatore ?”. Non toccherebbe a me rispondere, io faccio disinformazione (come ha detto una dirigente scolastica (ex preside) di Sassano), ma una certa esperienza ce l’ho e, quindi, mi permetto di dire che in entrambi i modelli c’è qualche carenza all’origine. Difatti in entrambe le tesi non viene assolutamente ribadito il concetto secondo cui (come diceva Hubert Bouve Mery -mitico fondatore e direttore di Le Monde- uno dei quotidiani più famosi al mondo): “Il giornalismo esiste solo nella misura in cui significa antipotere”.

Un amico qualche settimana fa, sapendo che non nuoto nell’acqua melmosa di face book, mi ha segnalato la presenza inquietante di una polemica molto brutta sollevata da un giornalista (Gabriele Bojano – Cormez) e sostenuta da un altro giornalista (Pasquale Sorrentino – Il Mattino); i due hanno scatenato una querelle, inutile quanto improduttiva, arrampicandosi entrambi agli specchi per un problema che non può essere affrontato e risolto da due rispettabili giornalisti che, però, d’improvviso ed a sorpresa sembrano essere diventati (forse per grazia ricevuta !!) gli unici paladini della libera e autonoma informazione.

Leggendo il loro post, con botta e risposta, mi sono chiesto a cosa serve scrivere “soprattutto quando non svolge solo il lavoro di giornalista” (l’allusione a quei giornalisti che accettano di moderare gli eventi senza pretendere in cambio una ricompensa è molto chiara) perché così facendo si alimentano lotte intestine dannosissime e si rischia di accendere il fuoco in più forni e far ridisegnare la mappa tra giornalisti cosiddetti “professionisti” e quelli cosiddetti “pubblicisti” assegnando ai secondi una patente di “libertà e imparzialità” che non può essere regalata con superficialità a nessuno. La cosa più meschina, a mio parere, è che queste strampalate discussioni avvengano sull’infernale e carnefice Face Book che i giornalisti, quelli bravi – liberi e indipendenti, dovrebbero evitare con cura. Lasciamo che milioni di navigatori continuino a pensare e credere di essere giornalisti soltanto perché postano su FB e continuiamo a scrivere sulle nostre rispettive testate giornalistiche perché l’autonomia e l’indipendenza si conquista solo sugli organi d’informazione ufficiali; altrimenti dovremo adattarci a due tipi di informazione: moderata e sottomessa quando è ufficiale e apparentemente libera e autonoma quando non è ufficiale. Dove sta la soddisfazione di aver scritto scemenze su FB quando il giorno prima, molto verosimilmente, si è stati costretti a scrivere esattamente il contrario sul giornale di riferimento. E’ questo il vero problema per i giornalisti perché la lotta per la conquista della libertà si deve fare sedendosi allo stesso tavolo degli editori (di puri non ce ne sono, anche a volerlo pagare a peso d’oro) che in barba all’informazione reale vanno alla ricerca di compromessi con chi gestisce i forni dove deporre le pizze in cottura.

Si perché sulle testate giornalistiche si finisce per scrivere soltanto delle pizze e niente più. E i nostri due giornalisti invece di preoccuparsi del vero problema che è la riconquista della libertà di stampa si preoccupano di lanciare accuse, senza fare nomi (e questo non è giornalismo ma tipico comportamento dei navigatori del web) e seminando solo odio e maldicenze.

Ma in fin dei conti cosa è un giornalista ?

Esprime il suo pensiero in merito il prof. Giuseppe Cacciatore, storico – filosofo e umanista, con un bellissimo report che, bontà sua, ha inviato a questo giornale.

Roma 19.11.18

Giuseppe Cacciatore

 

Vorrei riprendere il tema degli attacchi inconsulti alla libertà di stampa da parte di autorevoli e meno autorevoli esponenti della maggioranza gialloverde. Esso è stato trattato da questo giornale con argomentazioni che condivido già negli articoli di Nardiello e di Mastrangelo. Aggiungo alle loro una mia riflessione. C’era una volta un tempo in cui la stampa italiana –con qualche rara eccezione- fu completamente asservita ad un regime. Nel giro di pochi anni vennero censurate e chiuse alcune testate giornalistiche, tra le altre “L’Avanti, che era giunto ad una tiratura di 300mila copie, e “Il Mondo” fondato da Giovanni Amendola. L’operazione di imbavagliamento e soppressione della libera stampa ebbe il suo atto finale con il discorso che Mussolini tenne ai giornalisti il 10 ottobre del 1928. Ne trascrivo un passo: “”In una nazione totalitaria, come deve essere necessariamente un regime sorto da una rivoluzione trionfante, la stampa è un elemento di questo regime, una forza al servizio di questo regime””. Non commetterò l’errore di trasferire meccanicamente la situazione di allora al contesto di oggi. Esistono ancora nel nostro Paese libere istituzioni e solidi contrappesi: la presidenza della repubblica, la Corte Costituzionale, le Camere per quanto sempre più oscurate e mortificate dalla preponderante e talvolta prevaricatrice presenza dell’esecutivo. Ma ciò non toglie che si manifestino sempre più scelte politiche e comportamenti che si ispirano, ora più ora meno, non tanto a nefaste ideologie del passato, ma a mentalità e a dichiarazioni pubbliche di esponenti del governo   che, per raccogliere i consensi di una opinione pubblica e di larghe masse di cittadini scontenti e colpiti da politiche sbagliate e timide nell’affrontare i veri nodi della crisi economica e sociale, ne sollecitano la parte più incline a scelte pericolosamente vicine a quelle che poi diedero forza in Italia e in Europa ai regimi totalitari. Penso alla legge sulla sicurezza e all’estensione della legittima difesa, penso alle politiche anti-immigrazione preoccupate solo di respingere e non anche di integrare ed accogliere almeno quelli che fuggono da guerre e persecuzioni, ai ventilati progetti di legge contro l’aborto, per finire, in questi giorni, con il vergognoso attacco alla libertà di stampa. Ed ora tra le rozze e talvolta volgari esternazioni (giornalisti sciacalli e puttane) di Di Maio e Casalino comincia a circolare una sottile ed ingannevole tesi, secondo la quale la stampa svolge una funzione anomale e di parte, cioè non si limita ad informare, ma fa solo propaganda. Sarà una mia idea fissa, ma quando sento queste affermazioni, in tempi di crisi della cultura democratica sotto attacco non solo in Italia ma anche in Europa, non posso fare a meno di pensare alle veline che gli appositi uffici della propaganda fascista (ma lo stesso potrebbe dirsi di quella nazista e di quella stalinista) inviavano quotidianamente ai giornali con obbligo di pubblicazione. Il vero autentico giornalista registra la notizia, ne verifica le fonti e l’autenticità ed esprime una sua libera interpretazione e opinione. Il giudizio su esse, come è sempre avvenuto nella secolare storia del giornalismo, è affidato al lettore. Come ha scritto Bernardo Valli su “La Repubblica”, il giornalista è un interprete privilegiato quando si imbatte per primo o tra i primi in una notizia, ma sa di essere esposto all’errore e , ciò che conta di più, al “severo giudizio del lettore”. Non ci si distacca molto dalla verità quando si pensa che i più accaniti contro la libertà di stampa –in barba all’art. 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”- siano i grillini, cioè il partito che ha vinto le elezioni affidandosi ad una piattaforma telematica che ha bombardato ogni giorno e ogni ora milioni di cittadini con notizie propagandistiche e talvolta false. Insomma dalle veline di Mussolini ai messaggi che illuminano con cadenza ossessiva i telefonini e i tablet degli italiani.

Naturalmente il pensiero del prof. Cacciatore è comunque opinabile; pur dando per scontato che l’esimio professore è palesemente contrario al governo giallo-verde ( e già questo, purtroppo, non è un segno di grande indipendenza), dal suo approfondimento si possono prendere molti spunti positivi circa il modo in cui bisognerebbe esercitare il mestiere di giornalista; sicuramente non si esercita affermando su FB delle cose e scrivendo l’esatto contrario sui giornali con i quali si collabora (ogni riferimento ai due giornalisti in questione non è puramente casuale !!). Ma su questo delicato argomento ritornerò con un prossimo articolo anche perché mi riprometto, proprio nell’ottica della libertà e dell’autonomia, di prendere posizione rispetto alle cose veramente brutte scritte sempre sull’infernale FB a mio carico da un personaggio di sicura cultura qual è la dirigente scolastica dott.ssa Patrizia Giovanna Pagano che qualche mese fa ebbe a criticare brutalmente la mia libertà di stampa. E se possibile (dal basso del mio tesserino di giornalista pubblicista) per suggerire ai due colleghi un modo più consono ad un giornalista di rapportarsi nei confronti di un altro giornalista.

A tanto mi sono deciso dopo aver letto il post dei due giornalisti sopra citati; non vorrei rimanere il solo giornalista a non essere libero e autonomo dopo tanti anni di onorato servizio.

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