CACCIATORE: Lo spettacolo indecoroso del Parlamento

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Quello con il prof. Giuseppe Cacciatore (detto Peppino) è un rapporto che si va consolidando sempre di più e la cosa non può che farci piacere, molto piacere.

Lo scrittore, filosofo e docente universitario Giuseppe Cacciatore questa volta ha scritto sul Parlamento nazionale e, come nel suo costume, lo ha randellato senza esclusione di colpi e senza scelta di colori passando da Minniti a Salvini senza alcun tentennamento dimostrando ancora una volta assoluta autonomia e indipendenza. Anche se il mio pensiero conta poco rispetto a quello del prof Cacciatore devo dire che ha condiviso ogni parola del suo approfondimento sulla “spettacolo indecoroso del Parlamento”.

 

di Giuseppe Cacciatore (scrittore – filosofo)

Ho dedicato negli ultimi mesi la maggior parte dei miei articoli al pericolo sempre crescente di un attacco senza precedenti nella storia repubblicana alla democrazia e alle sue istituzioni: dai provvedimenti antiumanitari e xenofobi verso i migranti, all’anticostituzionalità dei decreti voluti e imposti prima da Minniti e poi da Salvini; dall’abolizione   della prescrizione alla legge sulla legittima difesa ampliata a dismisura; dal gravissimo processo di destabilizzazione e mortificazione del Parlamento  sempre più chiamato non a discutere e a proporre ma solamente a votare a scatola chiusa i provvedimenti della maggioranza, così come avveniva nell’era mussoliniana; il progetto di autonomia    per le regioni più ricche  del Paese contrario ai dettami della Costituzione e che costituirebbe non solo un colpo gravissimo all’unità nazionale, ma anche la definitiva condanna del Sud alla perdita di risorse, di investimenti, di provvedimenti per il lavoro e l’ambiente.

In molti nei mesi passati hanno giudicato   esagerati i ripetuti appelli rivolti all’opinione pubblica e alle massime cariche dello Stato perché vigilassero e impedissero lo stillicidio di continui sbreghi al dettato costituzionale. Lo spettacolo indecoroso al quale stiamo assistendo alla mortificazione delle prerogative costituzionali dei due rami del Parlamento è l’ulteriore gradino di una scalata sempre più evidente verso un sistema monocratico (anzi bicefalo         visto che i nuovi  dittatori sono due) che si avvia sulla strada del modello postmoderno di dittatura che ha la sua base nel consenso di grandi masse blandite    e attratte da promesse mirabolanti di annullamento della povertà, di lavoro per i giovani, di reddito di cittadinanza, di liberazione dai migranti che tolgono lavoro e casa agli italiani, di piccoli e medi imprenditori che aspettano maggiori investimenti e minori tasse, di cittadini delle regioni ricche del nord che finalmente non vedono l’ora di liberarsi dal fardello delle regioni meridionali povere di risorse e ricche di fannulloni che non lavorano, di giornali ai quali va messo il bagaglio perché sono critici del governo ad iniziare dai giornali indipendenti e dalle testate in cooperativa.

Ecco: questa è la narrazione che oggi fornisce benzina alla biposto Di Maio – Salvini (il terzo, promo ministro, è addetto alla spinta quando cade il livello del carburante populistico).

W la sinistra ?  Si balocca in uno stucchevole confronto tra i candidati alla segreteria di un partito che continua a non fare una seria e radicale autocritica degli errori e delle politiche sbagliate; oppure gioca a nascondino (mi riferisco ai piccoli raggruppamenti a sinistra del PD) in attesa che una mano invisibile rifaccia il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Nel frattempo c’è solo da sperare che la lite tra i due contendenti li distragga da pericolose e drammatiche prospettive, prima fra tutte la revisione/cancellazione delle norme costituzionali, sperando che la prima di esse non riguardi l’elezione a sorteggio dei deputati (proposta tempo fa da Grillo) chiamati soltanto a ratificare le scelte del governo.

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