GIUSTIZIA: quando i procuratori smettono la toga (atto 2°) … perché non ritornano serenamente a casa ?

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – La domanda è: “Perché i Procuratori della Repubblica, i Sostituti Procuratori, i Magistrati in genere, quando vanno in pensione non mettono in uno scatolo di cartone i loro effetti personali utilizzati sul lavoro, e ritornano gloriosamente a casa ?”.

Sarebbe facilissimo rispondere “perché amano il potere e tutte le sue ramificazioni”; la risposta, invece, è più complessa e la situazione che si ripete in maniera ossessiva deve indurre a considerazioni anche di natura socio-psicologica per non trovarsi a dover scrivere ad esempio di un ex magistrato che, come nel caso di Antonio Ingroia (ex pm antimafia della Procura di Palermo), viene fermato all’aeroporto di Roissy a Parigi perché ubriaco e non gli viene consentito di prendere il volo prenotato per il ritorno verso casa. Naturalmente Ingroia, per la cronaca, ha dichiarato tutto il contrario e che niente era vero, ma il caso rimane emblematicamente a significare che il brusco allontanamento dal potere vero e incontrollato può produrre disastri inarrestabili anche a livello della psiche.

In molti casi la ricollocazione degli ex magistrati in “posti di potere” o più semplicemente in “posti che producono laute prebende” determina innegabilmente, nell’immaginario collettivo della gente, sconcerto e inquietudine perché accade con maggiore frequenza soltanto a loro e non ad altre categorie professionali di pur alto livello, eccezion fatta per i “Magnifici Rettori” che da Pasquino in poi impazzano nella vita pubblico-politica dopo aver lasciato o mentre sono ancora in corso di mandato (ma questo è un fenomeno abbastanza recente e ci vuole un po’ di tempo per analizzarlo seriamente); per i magistrati che vengono rimessi sul trono la storia è diversa, bisogna riconoscerlo; essi evocano nella gente comune quello strano sentimento che fa pensare ad una sorta di “cambiale che la politica paga” per probabili piaceri o trattamenti di riguardo ricevuti.

Mi rendo conto che è soltanto una “voce di popolo” ma è altrettanto sotto gli occhi di tutti che i casi si moltiplicano a vista d’occhio e ad ogni tornata assumono anche toni e riflessi parossistici; la ricollocazione è, comunque, una cosa non molto in linea con lo spirito del ruolo di autonomia e indipendenza che un magistrato è chiamato a recitare nella sua vita professionale; un ruolo nobilissimo che qualcuno non esita a calpestare quel qualche “posto al sole” e per qualche “soldo in più”; posto e soldo che spesso rimettono in discussione un’intera onorata carriera.

Questo il quadro generale di un fenomeno che, nonostante le critiche e i veleni, continua a tenere banco in maniera imperterrita e sfrontata perché ormai è sfuggito a qualsiasi tipo di controllo, anche a quello non scritto che riguarda l’etica comportamentale che attiene, ovviamente, direttamente alla persona che dovrebbe praticarla. La prognosi, al momento, è infausta.

Io faccio il giornalista in provincia, sono un giornalista di provincia, e segnatamente della provincia di Salerno; e proprio nella nostra circoscrizione giudiziaria i fenomeni inerenti la tipologia sopra descritta stanno lievitando in maniera esponenziale e fuori controllo. La mia attenzione, quindi, deve necessariamente limitarsi all’analisi dei casi (almeno quelli più noti ed eclatanti !!) dell’intero territorio salernitano: Claudio Tringali – Alfredo Greco – Franco Roberti – Matteo Casale – Corrado Lembo – Luigi Apicella – Michelangelo Russo – Luciano Santoro e tanti altri che, avendo operato sempre sotto traccia, non hanno suscitato il clamore e lo scalpore di questi prima elencati.

L’ex magistrato che in questi ultimi tempi ha occupato più spazio sulle prime pagine dei giornali locali è stato, senza dubbio, il dr. Claudio Tringali che a causa della presidenza in capo alla Fondazione Menna, ottenuta subito dopo il pensionamento, è finito nel tritacarne mediatico per via  di 90 sedie, di un divano e di un pianoforte vecchi regalati dalla moglie (figlia di un noto imprenditore di arredamenti casalinghi) agli Amici della Fondazione che, è bene ricordarlo, si divide in due momenti associativi: Fondazione Menna (ente ospitante) e Amici della Fondazione Menna (ente operante). Il primo ente (Fondazione Menna) è composto dal Comune e dalla Provincia con due nomine e da altri tre membri del CdA nominati dal presidente Tringali: la vedova Menna, un parente della vedova e la moglie dell’ex magistrato (nominata dallo stesso Tringali nel dicembre scorso). Fin qui, a mio avviso, assolutamente niente di illegale se non fosse per quel manifesto “conflitto di interessi” dovuto al fatto che il marito nomina la moglie. La stampa locale, però, andando oltre ha scritto che forse il regalo delle sedie – divano e pianoforte è stato fatto come ringraziamento per la nomina ricevuta; una palese meschinità perché sicuramente il dono è maturato soltanto per le esigenze che un circolo ha di organizzare convegni e dibattiti oltre a momenti ricreativi e, quindi, le suppellettili sono di assoluta necessità operativa.

Il problema, però, rimane tutto intero per due elementi: il primo riguarda la nomina di Tringali a presidente e il secondo la nomina della moglie a consigliere fatta dallo stesso presidente Tringali. Questione di etica comportamentale, direbbe qualcuno; probabilmente si; meglio per tutti sarebbe stato per l’ottimo ex magistrato Claudio Tringali fare come fanno gli americani che quando completano la loro vita lavorativa raccolgono i loro effetti personali in uno scatolo di cartone e tornano a casa, da dove è anche giusto osservare, scrivere, parlare, mantenendo sempre quale punto di riferimento la carriera pregressa che nei casi come in quello di Tringali è stata sicuramente onorata.

Molti difatti hanno dimenticato che un giovane PM a nome Claudio Tringali, ben 36 anni fa, diede il primo vero scossone a quel sistema di potere politico che governava e dominava Salerno e che all’epoca era rappresentato dall’allora potentissimo Gaspare Russo. Ebbene quel giovane coraggioso e valoroso magistrato ebbe il coraggio di ordinare ed effettuare un blitz contro il potente Russo con perquisizioni mirate nello studio e nell’abitazione di uno dei più temuti politici di sempre. Le cronache raccontano che nel corso delle perquisizioni furono rinvenuti i progetti e i piani industriali che dovevano avviare l’industrializzazione dell’alta Valle del Sele con insediamenti a Contursi, Oliveto Citra, Buccino, Sicignano/A., Laviano, Santomenna e Castelnuovo di Conza. Il ritrovamento delle carte suscitò molto scalpore anche se dagli scaffali della Procura scomparvero come neve al sole gli elenchi dei beni sequestrati. Fortunatamente qualche anno dopo la Commissione Scalfaro sul terremoto accertò che grazie a quei progetti (la cui conoscenza era non casualmente stata anticipata) alcuni imprenditori avevano potuto accaparrarsi con largo anticipo i terreni, sui quali dovevano sorgere gli insediamenti, a prezzi agricoli con rivendita successiva allo stato a prezzi correnti di mercato. Un bell’affare da diverse centinaia di milioni di lire.

Quel blitz sconvolse l’ordine costituito e mandò in fibrillazione l’intero apparato politico fino al punto che in Procura rientrò velocemente il procuratore capo del momento (dr. Gennaro Gelormini) che avocò a se il fascicolo d’inchiesta e produsse, poi, il deferimento di Tringali al CSM con conseguente trasferimento del giovane procuratore a Potenza.

Quello, secondo me, fu il primo vero momento scatenante che portò qualche anno dopo alla tangentopoli salernitana.

La carriera di Tringali non si è fermata lì; dopo un po’ di tempo ritorna a Salerno ed assume il ruolo di “GIP” conquistando subito un ruolo di preminenza e di sano equilibrio nella gestione delle numerose richiesta che gli arrivavano dalla Procura per i fatti di tangentopoli. E’ stato anche presidente del Tribunale di Vallo della Lucania ed, infine, ha chiuso la carriera come presidente di sezione della Corte di Appello di Salerno.

Prima ancora che da giornalista, mi chiedo come cittadino e semplice osservatore perché un magistrato, divenuto quasi un simbolo, accetta di essere immischiato nella vita pubblico-politica con tutti i rischi ad essa connessi ?

Sicuramente un individuo normale può farlo e deve farlo, ma un personaggio come Claudio Tringali dovrebbe, però, pensarci almeno tredici volte prima di accettare qualsiasi tipo di offerta.

Anche per non far dire a me, semplice ed umile osservatore, che forse gli ex magistrati Michelangelo Russo, Luciano Santoro e Luigi Apicella (quest’ultimo addirittura cacciato dalla magistratura) nonostante gli attacchi e le critiche ricevute quando erano in sella sono stati i migliori.        Ma questo cercherò di analizzarlo nei prossimi articoli.

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