Coronavirus: il “caso Cirielli” può insegnare qualcosa ?

Aldo Bianchini

SALERNO – Il “caso Cirielli” non deve rimanere una semplice notizia che fa scalpore fino a quando c’è una parte che attacca (dott.ssa Ardia) e l’altra parte che  cerca di difendersi (on. Cirielli); il mondo dell’informazione dovrebbe avere autonomamente la capacità di entrare nella notizia per esplorarne i meandri più occulti di un accadimento abbastanza grave e pieno di incognite.

Ma in realtà cosa è accaduto; lo ha precisato lo stesso Edmondo Cirielli nel primo post su FB: “Purtroppo solo (e ribadisco SOLO per capire in che mani siamo) per un mio eccesso di zelo e per la disponibilità di un amico che ha un laboratorio, ho capito che potevo essere TORNATO ancora POSITIVO AL COVID 19”; ed è così che il malcapitato deputato di Fratelli d’Italia ha scoperto di correre nuovamente rischi seri per la sua salute.

A quel punto qualsiasi cittadino ripeto qualsiasi, si sarebbe allarmato e sarebbe corso ai ripari rivolgendosi al Covid presso l’ospedale di Scafati che ha subito classificato come urgente il caso spedendolo dritto dritto all’Asl di Salerno che con altrettanto sensibilità ha allertato il competente laboratorio incardinato presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Ruggi”; a dire di Cirielli questa sensibilità e questa celerità, giustificatissima per la manifestazione strana del nuovo accenno di contagio, si sarebbe fermato dinanzi alle porte di quel laboratorio; insomma, come dire che l’urgenza conclamata da un laboratorio privato a pagamento e da una struttura pubblica (ospedale Scafati) si è sciolta come neve al sole appena il caso è approdato nell’ AOU di Salerno che, invece, doveva doverosamente trattare il caso con i guanti non perché Cirielli fosse un privilegiato (come dice la Ardia) perché (questo lo aggiungo io) laureato, colonnello dei Carabinieri, deputato di FdI e questore della Camera dei Deputati; ma di “destra” però e non di sinistra. Quasi come se tutti i personaggi di destra dovessero essere criminalizzati e additati di essere privilegiati e conseguentemente rispediti nell’infernale “girone delle attese” che di per se è ancora più infernale in un’azienda sanitaria che da tempo è nell’occhio del ciclone per il sistema poco funzionante delle prenotazioni.

on. dr. Edmondo Cirielli (deputato FdI e questore della Camera)

Ovviamente la verità vera di quanto accaduto dietro le porte di quel laboratorio lo sanno soltanto gli interessati: la dott.ssa Patrizia Ardia e l’on. dr. Edmondo Cirielli; una verità che comunque interessa molto poco per l’economia del mio discorso.

Obiettivamente, però, non posso non porre in risalto l’enorme danno alla già complessa e articolata sanità pubblica che ha arrecato la spocchiosa polemica sollevata dalla epidemiologa; nei panni di Cirielli non chiuderei il caso con un silenzio ovattato ma chiederei l’avvio, ove fosse possibile, di una inchiesta molto seria, diretta ad accertare cosa realmente è accaduto, se l’atteggiamento di chi aveva il dovere di curare è stato un incidente di percorso, un fatto politicizzato o un vero atto discriminatorio e se, soprattutto, dietro le porte di quell’importante laboratorio tutto sia sempre filato liscio nella massima osservanza delle regole che lo gestiscono; e lo deve fare senza alcun piccato sentimento di vendetta. Un deputato della Repubblica non solo lo deve a se stesso, ma lo deve a tutti noi cittadini utenti-elettori per tranquillizzare il nostro immaginario impedendogli di fantasticare su cose inenarrabili sulla malasanità; anche perché l’AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno sul piano scientifico e strutturale non può essere danneggiata da una frase come “Lui è un privilegiato” buttata lì, forse, senza un  preciso intento.

Quello che più preoccupa della vicenda narrata è il fatto che se la dott.ssa Ardia avesse ragione dovremmo prendere atto che sia il laboratorio privato che quello pubblico di Scafati hanno sofferto di una certa “sudditanza psicologica” nei confronti di un parlamentare nazionale.

 

Su questa vicenda appena raccontata è intervenuta con un messaggio una lettrice di questo giornale, Lorella M., che ha scritto: “”Premesso che i medici non devono essere eroi, ma diligenti ed appassionati; Premesso che guadagnano troppo poco (parlo ovviamente solo e soltanto degli stipendi delle strutture pubbliche); Premesso che non capisco perché per loro non vale

l’incompatibilità che vale per tutti gli altri dipendenti pubblici (quando ci ha provato l’on. Turco è sta fatta fuori, dalla sx non dall’opposizione); Tanto premesso vogliamo parlare a cosa ha portato la regionalizzazione della sanità? Zero concorsi, nomine politiche nei posti chiavi delle Aziende sanitarie (che però sono rette dalle tasse ENORMI dei POCHISSIMI CONTRUBUENTI). Così il direttore sanitario, piuttosto che il primario di reparto (anzi ora dirigente di primo livello) risponde del suo operato non allo STATO, ovvero ai cittadini, ma al politico di turno che lì lo ha messo. In cambio di cosa? E questa volta non possiamo nemmeno consegnare ai posteri l’ardua sentenza. E sotto gli occhi, mediamente intelligenti, che stiamo morendo non di coronavirus, ma di malasanità. E chi fa a gara ad alzare i toni, a beffeggiare l’avversario è perché ha molti scheletri nell’armadio””.

 

E’ complesso ed articolato il messaggio di Ornella, ma esso dà la precisa sensazione di come la “sanità pubblica” è tenuta in considerazione; e quel fossato di cui parlavo nell’articolo di ieri purtroppo si allarga sempre di più; e questo al di là degli “eroi” e dei presunti tali. Un termine utilizzato troppo spesso a sproposito e sul quale tornerò, forse già domani,  perché proprio nel Ruggi di Salerno era esploso un caso di “non eroi” ad inizio di emergenza; un caso sollevato da un notissimo e bravissimo dirigente medico che i sindacati come sempre quando non conviene hanno rapidamente chiuso nel silenzio assoluto del mondo dell’informazione.

 

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