I dati giudiziari sono particolarmente delicati. Fare una discussione da remoto davanti a un video, piuttosto che dal vivo, cambia moltissimo. Il Processo penale da remoto è una finzione?

Dr. Pietro Cusati (giurista-giornalista)

 

dr. Pietro Cusati

‘’La giurisdizione non può patire sospensioni e un processo giusto non può trasformarsi in un processo ingiusto soltanto perché “siamo in guerra”. Le garanzie non possono essere sospese né le regole del processo manomesse». Con queste parole Roberto d’Errico, presidente della camera penale di Bologna e vicepresidente nazionale del consiglio dell’unione delle camere penali, stigmatizza duramente la smaterializzazione del rito penale che lo svolgimento da remoto delle udienze verrebbe a determinare, implicando questa una mortificazione delle garanzie del giusto processo’’. Il processo penale ha delle sue modalità che sono quelle che il codice prevede per quanto riguarda l’esame del teste ma anche per la fase di discussione. Fare una discussione da remoto davanti a un video, piuttosto che dal vivo, cambia moltissimo. Con riferimento ai decreti-legge nn.11 e 18 del 2020,il Presidente dell’Autorità Garante della Privacy, Antonello Soro,sollecitato dall’Unione delle Camere Penali,  ha scritto una significativa nota al Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede,sulle procedure adottate ai fini della celebrazione da remoto delle udienze penali, lamentando di non essere stato preventivamente interpellato, in ordine ad una prospettiva di riforma legislativa di così clamoroso impatto sulle problematiche proprie di sua competenza, quale autorità indipendente. Il Garante per la Privacy con la citata nota chiede chiarimenti sull’opportunità della scelta di un fornitore del servizio in questione stabilito negli Usa e, come tale, soggetto tra l’altro all’applicazione delle norme del Cloud Act ,che come noto attribuisce alle autorità statunitensi di contrasto un ampio potere acquisitivo di dati e informazioni. Il Garante della privacy  rappresenta l’esigenza di verificare la conformità, rispetto alla disciplina del d.lgs. n. 51 del 2018, dei trattamenti di dati personali realizzati mediante gli applicativi indicati, alla luce dei termini del servizio concordati tra Microsoft Corporation e il Ministero della Giustizia. Inoltre il Garante e i penalisti Italiani  si interrogano sulla tipologia di dati eventualmente memorizzati da Microsoft Corporation per finalità proprie, del servizio o commerciali; sui soggetti legittimati all’accesso ai metadati delle sessioni e, in particolare, sull’eventualità che Microsoft Corporation o un amministratore di sistema possa desumere, dai metadati nella sua disponibilità, alcuni dati “giudiziari” particolarmente delicati quali, ad esempio, la condizione di soggetto sottoposto alle indagini o di imputato. Si tratta di temi rilevanti e degni, pur nella condizione emergenziale , della massima attenzione, al fine di coniugare esigenze di giustizia, tutela della salute e protezione dati. Il fatto molto strano, afferma  l’Autorità Garante per la Privacy, che non è stata investita di alcuna richiesta di parere sulle norme emanate  con la decretazione d’urgenza, né sulle determinazioni della DGSIA in ordine alla scelta della piattaforma e dell’applicativo da indicare,ai fini della celebrazione da remoto del processo penale. Un passaggio tutt’altro che formale e che ha, invece, consentito sinora di realizzare un confronto sempre utile al fine di massimizzare la tutela dei vari beni giuridici in gioco, tra i quali appunto anche il diritto alla protezione dei dati personali. Il fatto grave secondo l’Unione delle camere penali e che la partecipazione a distanza avviene attraverso due programmi commerciali di una società estera (Skype for Business e Teams, della società Microsoft Corporation), individuati dalla Direzione generale dei sistemi informativi e automatizzati (DGSIA) del Ministero della Giustizia e sollevando dubbi sul rispetto delle garanzie minime di sicurezza, riservatezza e protezione dei dati personali richieste dalla normativa nazionale ed europea.
Temi ritenuti “sicuramente rilevantissimi e degni della massima attenzione” dall’Autorità Garante della privacy, che fa notare di non essere stata “investita di alcuna richiesta di parere” sulle norme emanate con i decreti, né sulla scelta della piattaforma per la celebrazione da remoto del processo penale.L’Unione delle Camere Penali Italiane è radicalmente contraria ad ogni forma di remotizzazione del processo penale e si opporrà senza riserve in ogni sede.Il convincimento dei penalisti italiani ha preso corpo anche negli ambienti accademici. Il processo da remoto comporta una smaterializzazione della persona inammissibile in un processo accusatorio, com’è quello italiano, basato sul principio di oralità e sulla formazione della prova nel contraddittorio tra le parti che devono comparire dinanzi al giudice. Durante l’esame o il controesame di un testimone, ad esempio, è fondamentale poter ascoltare chiaramente quello che il teste dice. Nei collegamenti da remoto può accadere invece che le linee si interrompano o che la distanza imposta dal mezzo alteri la percezione, i toni e quindi la attendibilità, credibilità e genuinità del teste.

 

 

 

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