ANCORA UNA VOLTA UN GRAVE INCIDENTE IN VIA ALFONSO GATTO

da Gerardo Stromillo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANCORA UNA VOLTA UN GRAVE INCIDENTE IN VIA ALFONSO GATTO CHE SALE NUOVAMENTE ALLA RIBALTA;•URGE INTERVENIRE: BISOGNA RIAPRIRE SUBITO AL TRAFFICO VIA ANDREA SABATINI ALLE DUE RUOTE PROVENIENTI DALLA COSTIERA; •RICHIESTA IMMEDIATA AL SINDACO; •SUCCESSIVAMENTE DELOCALIZZAZIONE DEL PORTO COMMERCIALE LASCIANDO SOLO LA PARTE CROCERISTICA E DA DIPORTO;Non è la prima volta che il CODACONS interviene per la via ALFONSO GATTO. Ieri l’ennesimo incidente che di fatto ha bloccato tutta la città e dalla stampa apprendiamo che si è addirittura bloccato lo svincolo di Fratte.– afferma l’Avv. Matteo Marchetti, vice segretario nazionale del Codacons – “ Via Gatto è PERICOLOSA lo è ancor di più nel periodo estivo in quanto attraversata quotidianamente da migliaia di ragazzi che vanno a mare in costiera con moto e motorini, allora chiediamo ancora una volta, come già andiamo ripetendo da anni, almeno e nell’immediato l’accesso alla città dalla Costiera a moto e motorini per via Sabatini, nelle more dello studio di fattibilità per lo stesso accesso anche alle auto NON E’ PIU’ IL MOMENTO DI RINVIARE Via Sabatini è da anni una strada privata per gli amici degli amici a discapito della sicurezza stradale”. Il Codacons spera che almeno questa richiesta possa essere accolta si tratterebbe di buon senso per la sicurezza dei nostri ragazzi.La delocalizzazione del porto commerciale inoltre deve diventare una priorità.Forse bisognerebbe cambiare qualcosa in questa città e mirare davvero al suo bene e a quello dei cittadini tutti.

One thought on “ANCORA UNA VOLTA UN GRAVE INCIDENTE IN VIA ALFONSO GATTO

  1. Tir in fiamme
    Non meraviglia il fatto che occorreva un ennesimo incidente sul Viadotto Gatto per destare nuovamente l’attenzione della stampa locale sul problema; ad cui hanno fatto eco parecchi lettori anche a seguito di alcune dichiarazioni di esponenti politici e amministratori.
    Fra le tante cose che si son dette, oltre alle inevitabili recriminazioni per la scellerata decisione di costruire a suo tempo questo fatidico viadotto, due sono stati gli argomenti evocati con convinzione.
    Se ne parla anche in questo intervento:

    • consentire il traffico con un doppio senso di marcia su via Benedetto Croce fino
    all’inizio di via Andrea Sabatini, naturalmente solo ad autovetture, motocicli e
    biciclette;
    • dare priorità alla delocalizzazione del porto commerciale.

    Il primo item mi trova consenziente.
    Con troppa leggerezza si continua a immettere il traffico veicolare leggero sulle rampe di una strada percorsa incessantemente nei due sensi da mastodontici tir e da pesanti autoveicoli carichi di container e altro.
    Con una sede stradale appena al limite della norma, una segnaletica insufficiente se non inesistente, un asfalto che si può paragonare alle attuali strade dissestate di Roma, senza corsie o piazzole per soste di emergenza e infine un buio notturno per l’assenza totale di illuminazione, affrontare quel percorso é sempre un pericolo immanente.
    È un grave male per gli automobilisti, salernitani e non, se si continua a non intervenire, anche se la cosa confligge con interessi locali.

    Non trovo altrettanto convincente l’altro argomento. Ma non per partito preso.
    Pur consapevole che si è riusciti ad arrivare sulla Luna e su Marte e si continua a inseguire simili e altre costose e rischiose avventure, ritengo che, nelle condizioni date, la delocalizzazione del porto di Salerno possa essere una interessante esercitazione teorica, ma che metterla in pratica sarebbe come quella che a scuola veniva designata “ipotesi di terzo tipo” cioè immaginaria o della irrealtà.
    Se si vuole spostare un porto e mantenerne in loco le attività occorre prima avere a disposizione quello nuovo, come avviene nei traslochi da casa a casa.
    Nel caso specifico, esclusa la costiera da Vietri in su, resterebbe il litorale da Pontecagnano in giù con i suoi estesi arenili che arrivano fin nel Cilento.
    Non oso immaginare quali e quanti sarebbero gli impedimenti e gli ostacoli che sorgerebbero avverso la costruzione di un manufatto così invasivo non solo per le opere a mare, ma anche per l’occupazione di ettari e ettari di terreno. da adibire ad aree retroportuali, a stoccaggi di merci varie e a sistemi diversificati di viabilità locale e di interconnessione con l’esterno.
    Si sente allora parlare di un’altra alternativa, l’isola artificiale da costruire in mare al largo, a 3-4miglia dalla costa.
    Sicuramente, come anche nella prima ipotesi, le obiezioni di carattere ambientale e paesaggistico sarebbero un condizionamento non indifferente per la realizzazione dell’opera.
    Ma, la domanda che mi pongo è se i fautori di questa soluzione abbiano già valutato, non nei dettagli esecutivi, ma almeno considerato le caratteristiche di massima, realizzative e costruttive, che quest’isola dovrebbe assumere.
    Penso che molti, esperti e non, avrebbero interesse a conoscere un progetto di tal fatta.
    Senza toccare temi che sarebbero esistenti anche per la prima soluzione, chiamiamola terrestre, qui si tratta dell’insediamento di una piattaforma marina artificiale ad alcune miglia dalla costa, strutturata con moli e banchine estesi per centinaia di metri, attrezzata con potenti gru e mezzi di sollevamento, con idonei impianti per la fornitura e la produzione in emergenza di energia elettrica, illuminata convenientemente nelle ore notturne, allestita con sistemi antincendio di capacità adeguata a fronteggiare situazioni critiche di pericolo e con aree dedicate a sistemazioni logistiche e cioè locali da assegnare al personale adibito alla gestione della struttura (Autorità Portuale, Capitaneria di Porto, Piloti, tecnici e portuali vari).
    Non potrà mancare ovviamente una, chiamiamola così, “passerella” per i collegamenti da e per la terraferma. Lunga quanto necessario, ma non meno di qualche chilometro, per consentire una giusta fluidità dei percorsi dovrà essere sufficientemente larga per ospitare almeno due coppie di binari ferroviari e due carreggiate doppie più corsie di emergenza per il traffico dei veicoli su gomma.
    Il tutto dovrà essere sopraelevato sul livello del mare ad una altezza non inferiore a quella massima, statisticamente registrata per le onde della zona, e sostenuto da strutture metalliche o piloni, basati su fondali sabbiosi/ghiaiosi profondi 30 – 40 metri e interrati per quanto necessario ad assicurare il sostegno delle strutture con i più ampi margini di sicurezza.
    Anche per questa soluzione andranno preventivamente espropriati tanti ettari dei terreni circostanti per allestire quanto occorre a creare funzionali spazi retroportuali.
    E’ solo una sommaria elencazione dei principali sottoinsiemi che dovrebbero costituire questa ipotetica struttura.
    E tuttavia oserei dire che non si tratta di “una pazziella”.
    Mancano infine altre problematiche non meno importanti e condizionanti di quelle tecniche: l’ingegneria finanziaria, i costi, i reperimenti dei fondi, le ripartizioni fra gli enti finanziatori, la gestione dei servizi, ll mantenimento della piattaforma e degli impianti, le compatibilità ambientali ecologiche e di impatto sull’habitat, e mi fermo qui.
    Nè si possono trascurare tutte le implicazioni per trasformare l’attuale porto commerciale in porto turistico.
    Peraltro ritengo che siano troppo rosee le simulazioni di quanti si prefigurano che le banchine trasformate, una volta completata la fase di cambio della destinazione d’uso dello scalo, saranno frequentemente e con regolarità affiancate da grosse navi cariche di turisti e crocieristi.
    Per concludere, credo che se si potesse rettificare la grammatica dovremmo addirittura introdurre per questo caso “il periodo ipotetico di quarto tipo”!!!

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