1961 -2021: A 60 anni dalla pubblicazione de ’’Il giorno della civetta’’, l’attualità del romanzo del maestro Leonardo Sciascia, l’illuminista della verità.

Dr. Pietro Cusati (giurista-giornalista)

Il giorno della civetta è un romanzo di Leonardo Sciascia, pubblicato per la prima volta nel 1961, dalla casa editrice Einaudi.  Il racconto trae lo spunto dall’omicidio di un sindacalista,avvenuto a Sciacca nel 1947 ad opera della mafia.

Leonardo Sciascia, una figura esemplare del secondo Novecento,uomo semplice e intellettuale irrequieto,complesso ,narratore e saggista, uno dei più grandi scrittori siciliani di sempre,lo stile inconfondibile del “maestro di Racalmuto”, uno degli scrittori più affascinanti del XX secolo.  Sciascia è nato l’8 gennaio del 1921 a Racalmuto in provincia di Agrigento,il  luogo

dell’ apprendistato culturale: nelle scuole elementari , nella sartoria dello zio Salvatore, nel teatro gestito dallo zio Giuseppe e adibito a cinema, in casa con la madre, una sua sorella insegnante elementare e le tre zie paterne, e soprattutto fra i libri che riusciva a reperire, fossero essi I promessi sposiI miserabili, oppure le Memorie di Casanova, i Libelli di Courier, il Paradosso sull’attor comico di Diderot, o anche libretti d’opera. Sciascia, nato nel 1921, consegue il diploma magistrale nel ’41 e lavora al Consorzio Agrario a Racalmuto, conoscendo la realtà contadina e la società siciliana delle campagne, fino al 1949 quando diviene maestro elementare. Come scrittore debutta nel 1950 con un volume di poesie,Favole della dittatura (recensito da Pasolini). Per tutta la vita ha “indagato” gli scorci dell’umanità declinata e declinante del nostro Tempo.  Romanzi come “A ciascuno il suo”, “Todo Modo”, “Il giorno della Civetta” “La scomparsa di Majorana” “Gli zii di Sicilia” restano nell’immaginario collettivo come lumi immensi di un illuminista nato. Sciascia è morto a Palermo il 20 Novembre del 1989,è stata una figura esemplare del secondo Novecento e di cui sentiamo l’assenza in un dialogo politico e sociale oggi tanto impoverito, celebrando venerdì 8 gennaio i cento anni dalla sua nascita e  a 31 anni dalla sua scomparsa nel 1989. I suoi romanzi trovano la propria forma in un’abile chiave gialla, come genere coinvolgente che nasce dalla sua ricerca illuminista della verità, ma corretta (vincitore del Premio Pirandello nel 1953 e autore di ‘La corda pazza’, scritti che sin dal titolo rimandano alla teoria espressa nel ‘Berretto a sonagli’) da un’essenziale nota pirandelliana, per la vena ironica di fondo legata a quella impossibilità obiettiva di distinguere tra le diverse ottiche della verità e della menzogna.Fra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta si afferma nel mondo delle lettere grazie ai libri pubblicati dall’editore Einaudi: i racconti de Gli zii di Sicilia (1958) e due romanzi, Il giorno della civetta (1961) e Il consiglio d’Egitto (1963). Nel corso degli anni Sessanta gli interessi e l’attività di Sciascia si diversificano e si ampliano, pur restando fedeli a un nucleo che ha il suo centro in Sicilia: scrive di letteratura, di storia, di arte, di politica, continuando a pubblicare romanzi (A ciascuno il suo esce nel 1966), racconti, pièces teatrali, persino documentari filmati.Il culmine polemico viene raggiunto nel 1978 in occasione del rapimento e l’uccisione di Aldo Moro e del pamphlet che scrive a ridosso dell’evento, L’affaire Moro. Un evento determinante nella decisione di candidarsi alle elezioni europee e politiche del 1979 nelle liste del Partito Radicale, e che avrebbe segnato la sua attività parlamentare.Le opere dei primi anni Ottanta (Il teatro della memoria del 1981, in cui ripercorre la storia dello smemorato di Collegno; La sentenza memorabile del 1982, un commento al capitolo «Degli zoppi» degli Essais di Montaigne; Kermesse del 1982, una raccolta di detti popolari della sua Racalmuto, che costuisce il nucleo di Occhio di capra, apparso due anni dopo) sono appunto una sorta di ‘vacanza’ da quell’impegno per certi versi poco congeniale allo scrittore. Approdato  alla grande stampa nazionale, scrive su «La Stampa», «Il Corriere della Sera», «L’Espresso», pur senza abbandonare «L’Ora» e «Il Giornale di Sicilia» e altre testate , sforna numerosi articoli di letteratura, storia e arte, che confluiscono nel 1983 in Cruciverba, terza raccolta di saggi, ormai di respiro europeo, dopo le raccolte siciliane Pirandello e la Sicilia (1961) e La corda pazza. Scrittori e cose della Sicilia (1970). E interviene su temi di scottante attualità, come mafia e terrorismo, e sui problemi e le distorsioni della giustizia: A futura memoria (se la memoria ha un futuro) raccoglie nel 1989 gli scritti più significativi. Quell’anno torna a occuparsi del suo padre letterario con Alfabeto pirandelliano, pubblicato da Adelphi, che da tre anni era diventata la sua casa editrice, e raccoglie da Sellerio gli ultimi saggi su temi culturali in Fatti diversi di storia letteraria e civile.

 

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