Chiedere il permesso di scioperare non è scioperare.

 

 

da Antonio Cortese (giornalista)

 

L’articolo quaranta della Costituzione lecita il diritto allo sciopero.  Esagerazioni al riguardo da parte dei sindacati italiani ne provocarono un tappo sigillante difficile da svitare con l’emanazione della legge numero 83 del duemila. Da allora i sindacati giacciono in una bara sonnolenti da cui non si sanno svegliare; motivazione questa fra le altre per cui oggi molti lavoratori non ne hanno più fiducia incontrando da parte loro non più un sostegno o un salvagente ma direttamente gli scogli burocratici che se non possono essere scalfiti non possono nemmeno essere colonizzati come piccole speranzose conchiglie o animali di fauna marittima, tanto per usare una metafora poetica in tale acre freddezza regolamentare. C’è da dire che l’articolo costituzionale ha tante di quelle motivazioni che almeno quantitativamente supera il singolo dispositivo sanzionatorio recente di una ventina di anni. Quindi prima ancora che gli avvocati si mettano al lavoro per difendere il diritto dei singoli, sarebbe  immediatamente opportuno un raduno dei sindacati affinché  si rimettano a camminare, anche perché in questo caso della settimana corrente si fa rossa la spia del limite oltre il quale li porterebbe anche per le tante altre questioni a sepoltura profonda, per trasformarli in moderni, meri ed evoluti centri per l’impiego, snaturati, ingiustificati uffici di collocamento paradossalmente legalizzati ma, a quanto si assiste, disintegrabili in poche altre decine di anni se non di meno; a causa di irresponsabile procrastinazione identitaria, smarrimento della stessa e servilismo soddisfatto. Se si voglia un referendum abrogativo, dite al grillo di turno quale servirebbe davvero.

 

 

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