Peste suina, quasi niente dal fronte meridionale

 

da Antonio Cortese (giornalista)

Da circa cinque anni la proliferazione dei suini specie allo stato selvatico dei cinghiali in tutta Italia ha turbato le aree metropolitane. La raccolta differenziata dell’umido, quando concentrata o abbandonata, ha fatto scendere intere mandrie di cinghiali nelle pianure e nei centri abitati, destando meraviglia e sorpresa ma nel sud Italia se ne parla poco o niente da quando si é palesata la peste suina. In queste settimane molti comuni del centro-nord hanno manifestato in merito alle modifiche e ai provvedimenti in merito da parte del governo ma da Roma alle nostre parti sembra si tratti ancora di un tabù. L’industria grande e piccola fino alle piccole aziende private nell’entroterra non sembra essere coinvolta in questo ennesimo male veterinario e alimentare giacché gli stenti di un’economia in continua ripresa da riprendere non vorrebbe certo altre stangate. Ma la preoccupazione piuttosto sta nell’ambito del consumo e sul comportamento dei consumatori poiché la maggior parte dei brand prosciuttiferi si trovano da Norcia a salire. Non é difficile dedurre che molte patologie che si presentino agli ambulatori abbiano una latenza derivata da questa peste del crazy pig o come la si voglia chiamare. La maggior parte degli islamici ne sono immuni per condotta religiosa, così ugualmente molti immigrati educati non solamente dal Corano a non preferire questo tipo di apporto proteico. Per quanto riguarda l’ultimo decreto legge sembra interessare maggiormente lo sport dei cacciatori e si aspettano chiare regole da Roma perché da una parte Legambiente si appella al divieto di caccia ai cinghiali, mentre altri sindaci pensano di abbatterli con l’uso di tele trappole notturne. Questa settimana grassa per chi é informato sarà un po’ più magra, non per dieta ma per necessità o precauzione.

 

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