Quante storie per un Espresso a settimana

 

da Antonio Cortese

L’acquisizione del gruppo Espresso da parte dell’homo novus  già presidente della Salernitana é una delle poche notizie di cronaca bianca che appassiona il mondo del giornalismo questo mese. All’annuncio molti dipendenti del gruppo hanno scioperato o hanno posato la tastiera incrociando le braccia. La nuova linfa vitale da parte di un privato turba spesso l’intellighenzia all’italiana in questo settore che non si può più definire della carta stampata ma della comunicazione in generale. Poco più di una dozzina di anni fa già quotidiani come La Città furono coinvolti e si “scioperarono addosso” per le manovre di questo gruppo editoriale; ce ne sono di categorie sindacalizzate in Italia ma i soldati del quarto potere dovrebbero essere i meno interessati: avete mai visto un soldato scioperare? Si? Allora é diserzione. Abbassando però il tono della questione giacché il settimanale di carta patinata é colorato di tanta pubblicità “spensierata”, l’ Espresso, che appunto non é semplicemente un rotocalco sociopolitico da acquistare in edicola, é un’istituzione della cultura italiana e la sua sopravvivenza così come il rilancio che avviene con una nuova propietà non é solamente un affare di una determinata famiglia di imprenditori ma un investimento collettivo come per i salvataggi di certi istituti bancari, industriali o degli svariati patrimoni nazionali. Se propriamente i giornalisti in diserzione capricciosa abbiano ragione, sarebbe piuttosto una ragione generale di categoria poiché se esistono ancora sussidi alla carta stampata, dovrebbero esserci altrettanti sussidi ai singoli giornalisti tenendo presente che la loro posizione pensionistica é già la più generosa nel territorio tricolore.  Non é che i marinai cambiano nave al cambio di un capitano, anzi. Volendo fare un altro esempio più leggero e comune con lo sport del calcio, al cambio di un allenatore la squadra non solo rivede i propri errori ma coadiuva il nuovo tecnico alla conoscenza di ciò che va migliorato. Un altro fattore poi  da considerare é che  solitamente un imprenditore, se é nel momento di una specie di scalata vincente, è inutile recriminare quando questi ha il vento in poppa: non lo si é mai fatto con alcun impresa italiana se non all’evidenza di talune malagestio arruginitesi però dopo che la forza degli anni la abbiano portata a corruttibilità. Volendo volgarmente tradurre la situazione con un ritornello della band 883 degli anni novanta della canzonetta italiana: “Hanno espresso l’uomo ragno,  è finito sott’à a press, ha fatto scemo pure a Sgarbi e agli scorfanelli di don Rafé”; traducendo il tormentone é inutile scioperare per semplice intolleranza campanilistica, o per invidia sportiva e riflussi gastromediterranei.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *