TANGENTOPOLI: il 31 maggio (1993), la giornata più buia della storia politico-giudiziaria di Salerno

 

Aldo Bianchini

L'ex sindaco di Salerno prof. Vincenzo Giordano

SALERNO – Qualche giorno prima del 31 maggio 1993 io e il mio editore dell’epoca, Ettore Lambiase patron di TV Oggi, eravamo stati a cena insieme ad Aniello Salzano e ad un altro amico di Battipaglia. Fu una cena drammatica, Aniello mostrava tutto il suo nervosismo per una situazione che, a suo dire, era sfuggita di mano a tutti e che rischiava di far precipitare lui ed altri in una voragine senza fine. Ascoltammo in silenzio, c’era poco da dire o da fare, ormai i mandati di cattura li aspettava con ansia e con ingordigia gran parte della città, tantissimi volevano sentire il tintinnio delle manette eccellenti. Verso la fine della cena Aniello mi consegnò una lettera sigillata pregandomi di leggerla in tv (ero responsabile del telegiornale di TV Oggi) qualora fosse accaduto l’irreparabile.

Mi misi a ridere e dissi che la sua era una paura non confortata dai fatti; sapevo dentro di me che non era così in quanto le indiscrezioni che in quelle ore venivano fuori dalla Procura erano di tutt’altro segno. Conservai gelosamente la lettera. Probabilmente nelle stesse ore della suddetta cena un personaggio molto più importante di noi, Vincenzo De Luca, si recava presso l’abitazione di Vincenzo Giordano per andargli a dire che il suo arresto era imminente (aveva saputo da indiscrezioni che il gip aveva firmato le richieste di arresto della Procura); in quel momento storico De Luca è sindaco da pochi giorni e Giordano è il sindaco uscente dopo oltre sei anni continuati di governo. Questo è uno dei tanti aspetti misteriosi della vicenda, un aspetto dichiarato pubblicamente soltanto da Vincenzo Giordano e mai confermato da Vincenzo De Luca. In un clima torrido e torbido, e non soltanto per il caldo incipiente, si arriva al fatidico giorno del 31 maggio 1993.

Sembrava una giornata piuttosto tranquilla, nelle redazioni si sonnecchiava e un po’ tutti pensavano che per gli arresti più volte ventilati si doveva aspettare il mese di settembre. E’ un lunedì e i telegiornali sono pieni di sport e di notizie varie; nel pomeriggio convoco fortunatamente una riunione di redazione per fare il punto della situazione. Nel pieno della riunione, poco dopo le ore 18.00, arriva la prima indiscrezione sul presunto arresto o consegna spontanea dell’ex sindaco Salzano. Da lì in poi e fino a notte fonda non si capisce più nulla. Vengono arrestati in rapida successione Vincenzo Giordano (sindaco uscente), Aniello Salzano (già sindaco di Salerno e consigliere regionale in carica), Fulvio Bonavitacola (già assessore comunale al ll.pp.), Carlo Mustacchi (docente universitario), Luigi Adriani (docente universitario) e Antonio Di Donato (imprenditore cavese).

Le accuse vanno dalla corruzione alla concussione ed alla turbativa d’asta per l’inchiesta sul “trincerone ferroviario”. La strategia della tensione giudiziaria a quel punto è chiarissima; gli arresti devono susseguirsi agli arresti in modo da sfiancare gli avversari e rendere poco visibili i punti di riferimento. Solo così possono essere al tempo stesso esaltate le verità vere e quelle di comodo.

Singolari, molto singolari le modalità messe in scena per l’arresto dei tre politici Giordano, Salzano e Bonavitacola. In seguito si apprenderà che gli arresti erano stati programmati per l’alba del 1° giugno 1993 ma il programma salta per colpa di Aniello Salzano che non regge più a quel diabolico stillicidio e decide (anche per sottrarsi all’attenzione dei media) di consegnarsi alla giustizia. Pietro paolo Elefante (colonnello dei carabinieri) lo aspetta sulla bretella autostradale SA-Av e lo conduce nel carcere di Ariano Irpino.

E’ il tardo pomeriggio del 31 maggio 1993. Fulvio Bonavitacola viene contattato sull’utenza telefonica cellulare e raggiunto da un ispettore di polizia (Mario Porcelli) davanti al Bar Varese, trasportato prima nel commissariato di Torrione e poi a Fuorni quando è già notte fonda.

Quella sera mentre già impazzano le edizioni speciali dei telegiornali Vincenzo Giordano, intorno alle ore 20.30, sta giocando a carte napoletane con alcuni amici nel giardino del parco in cui abita. E’ lì che viene raggiunto dagli uomini di Sebastiano Coppola e portato nel posto di polizia del Tribunale; viene esposto come un trofeo di guerra in mezzo a due poliziotti sotto l’impietoso flash dei tanti cronisti accorsi sul luogo.

Mi posi subito una domanda sulla serietà delle motivazioni che avevano portato a quei clamorosi arresti; in pratica si trattò soltanto di una sceneggiata o di un fatto inevitabile ? propendo, come allora, per la prima risposta: fu solo una sceneggiata anche male orchestrata.

Difatti se per Bonavitacola fu sufficiente una telefonata, se Salzano si consegnò spontaneamente e se Giordano già sapeva ed aspettava tranquillo giocando a carte, sembrava e sembra alquanto inutile il clamore degli arresti perché in nessuno dei tre casi ricorrevano i tre elementi essenziali: pericolo di fuga, inquinamento delle prove e reiterazione del reato. Per questa ragione, a distanza di ventinove anni, si può ben affermare che quelli furono arresti gratuiti, spettacolari e speculari, utili soltanto a calare ancora di più il teorema della Procura nell’immaginario collettivo della gente.

Storica la frase di Vincenzo De Luca: “Siamo in una situazione in cui anche mantenere una posizione di puro servizio per la città rischia di essere visto, o strumentalizzato, come ottusa volontà di potere”; nasce così l’epopea deluchiana.

 

 

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