Mario Salvatore Senatore: l’analisi delle sue poesie … a cura di Donato Francesco Orlando

 

 

La redazione

 

prof. Mario Salvatore Senatore (poeta -scrittore - giornalista)

SALERNO – Molto volentieri ospitiamo la lunga analisi delle poesie e degli scritti del prof. Mario Salvatore Senatore (uno degli uomini di cultura più noti a Salerno ed anche oltre); un’analisi fatta dal noto scrittore e critico letterario Donato Francesco Orlando:

 

L’ ultimo libro di Mario Salvatore Senatore, CRONACA DI UNA APOCALISSE, rappresenta oppure no una svolta nell’ itinerario che sempre più lo avvicina alla sua idea di Poeta?

Osservando a volo di uccello la sua produzione – circa cinquanta anni ! – e tentando di ricostruirne il percorso di vita, anche alla luce di quel che emerge da ciò che ne hanno scritto, da ciò che si rinviene in rete, da ciò che egli stesso scrive nella sua pagina facebook, da ciò che scrive nelle pagine di altri, si può intuire almeno uno scopo. Esso è in perfetta sintonia con l ‘ idea che la forma letteraria “poesia” debba sì suscitare emozioni ma farlo attraverso immagini create e stimolate da chi scriva.

 

Le immagini cui si allude, non possono che essere quelle nate attraverso un percorso indistinguibile nei cervelli dei lettori. È un meccanismo, questo, che riconosce il potere di chi usi la penna, di chi lasci segni, vincendo la guerra con il foglio bianco, ma anche la libertà creativa del lettore. Sarà questi a riempire di significati le parole, gettando nel simbolo , nel codice che la parola rappresenta in sé e per sé, quel che ha dentro, quasi fosse una entità pensante. Ogni poesia, pertanto, potrà essere la fonte di immagini affatto diverse.

 

Negli eventi di presentazione dei suoi libri, Mario Salvatore Senatore, immancabilmente, lascia intendere il desiderio di intuire quali immagini siano sgorgate dalle sue parole. In questo senso, anche dalla filigrana del suo ultimo libro, emerge il valore che attribuisce alle immagini, siano esse anche fotografiche o pittoriche.

 

Indubbiamente, il meccanismo innervato attorno alle parole-immagini esposte-immagini nelle menti dei lettori, si regge sulla possibilità concreta che ci siano punti di contatto tra chi scrive e il lettore. È condivisione di sensazioni in parte note, consapevoli e descrivibili; in parte no. In questo c’è tutto un campo aperto di ricerca possibile e di cui si dovrebbe essere in grado di dar conto, sia nelle analisi critiche che negli eventi di presentazione, avendo in  mente anche la figura del lettore. Egli potrebbe essere chiunque, al di là dei titoli di studio conseguiti, delle professioni esercitate , degli approfondimenti affrontati per scelta di vita.

 

In tal senso , il misterioso meccanismo di cui si avvale chi scrive poesie, per far sì che altri intuiscano ulteriori usi possibili delle parole, echeggia la più o meno lunga storia che avvolge ogni parola, dalle sue origini all’uso attuale che se ne fa, rivestendola di sensi. Chi scrive poesie alimenta l’ingranaggio; fa evolvere i fonemi, coinvolgendo chiunque voglia prestarsi al gioco della evoluzione.

 

Tuttavia, all’esito della ricerca, probabilmente resterà misterioso lo sguardo di chi scrive poesie con il piglio di Mario Salvatore Senatore, forse motivato dal desiderio di svelare finanche come egli sia alla ricerca pure di sé stesso. Di certo c’è che egli, nel tempo, ha ampliato in maniera vertiginosa il campo in cui coinvolgere il lettore. Ha eliminato i confini, per idealizzare un luogo di incontro in cui far incontrare suggestioni umane, immagini mentali rette dal comune sentire, ma lasciando la porta aperta a ogni altra evoluzione futura.

 

È, questo, il meccanismo che vede il poeta intento a uccidere la parola poetica focalizzando un senso, una potenzialità evocativa di immagini mentali – ma in quella morte non è implicata nessuna fine. In una singola poesia , c’è la forza affinché si perpetui il potere di ogni verbo, di ogni sostantivo, e trovi altra linfa vitale la inestinguibile facoltà di mutarne il senso, di

 

ampliarne la forza evocativa, in altre composizioni future. In attesa che altre immagini sorgano nelle menti di chiunque.

 

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Il orof. Mario Sallvatore Senatore nel momento in cui consegna alla dott.ssa Cannavacciuolo un attestato per l'ottima organizzazione del Centro Covid dell'Augusteo

Per certi versi, Mario Salvatore Senatore si spinge dentro le sue liriche in anima e corpo, dando a intendere che sa di essere capito; si mette a nudo. Sa che il lettore lo conosce/riconosce. D’altronde, qualora si leggessero le sue prime poesie – Padula mia e Padula bella, una apre, l’altra chiude il suo  libro “Gocce di Cielo” – si entrerebbe nel suo ambiente di origine. È come conoscere la culla; è come conoscerlo da neonato, poi da bambino. Ne dovrebbe nascere la giusta confidenza per entrare  in  un clima empatico e lasciarsi rapire, per entrare in quel mondo. Anche nel suo mondo  ideale, dunque  ancora inesistente. Le sue parole sembrano voler spingere verso pensieri infantili, sorti dal  mondo di altre letture, da pomeriggi e sere con sapori avvolgenti. I colori, quelli  che  di  conseguenza  si intuiscono, sono tipici delle fotografie di  un tempo:  morbidezza  di  pastelli  e lievi fuori  fuoco.  Forse c’è anche nostalgia in cui si innescano innocenti giochi infantili. Tornano a vivere.

 

Non è un mondo immaginario ma è lontano nel tempo … Un mondo con una prospettiva pulita, anche se risale all’immediato dopo guerra ovvero quando di pulito c’era ben poco e tra quel poco le fragranze familiari. Ecco, in varie composizioni di Mario Salvatore Senatore, si colgono dettagli che fanno parte di un mondo composto da isole. La comune matrice, il mare in cui sono in parte sommerse: il senso della giustizia, la voglia di battersi per fermare meccanismi dannosi. Non è un caso se Mario Salvatore Senatore approda alla invettiva. Molto si deve a quelle isole delimitate nelle tante liriche. E ogni volta chiede che il lettore diventi un alleato, per aggiungere la forza di immagini mentali alla forza delle parole adottate. Le parole: le madri sincere delle immagini , dunque, per una poetica altrettanto sincera e talvolta schietta.

 

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La ricerca… Siamo sempre nell’ ambito di un percorso e nessuno ha il diritto di dire agli altri quale bussola usare. Stavolta i segni sul foglio bianco, qui, sono mesti spunti; dovrebbero generare domande e curiosità, piuttosto che tirar fuori la supponenza del pre-giudizio. Tuttavia, esiste anche una ragione ulteriore: se lo stesso Mario Salvatore Senatore ha eliminato i confini tematici e se è vero che la forma di comunicazione tramite la parola poetica è stata contaminata da altri strumenti modernissimi, perché mai si dovrebbe avere l’ardire di ingabbiare la sua produzione in categorie rigide, tanto scheletriche da mostrare supponenza?

 

Come è noto a chi lo segue e conosce, in varie occasioni Mario Salvatore Senatore, sia in forma scritta che verbale, ha sollevato un dubbio sul suo essere poeta. Si tratta di una sottigliezza di starordinario peso specifico e apre un tema molto serio, con qualche inevitabile punto di domanda. Chi attribuisce la patente di poeta? Lo si fa procedendo a una auto-attribuzione? Lo fanno i critici? Lo fa chi legga?  Ciò, in fondo, varrebbe  anche  per i critici. Chi attribuisce  loro  tale qualifica? L’ essere accademici?  Aver  letto  due ,  quattro,  mille  poesie?  Aver scritto due,  quattro, mille

recensioni  e,  pertanto,  per  chiara  fama?  Qualunque idea si volesse abbracciare: dominerebbe

l’arbitrarietà.  È, forse, più corretto  nonché rispettoso  pensare e dire che Mario Salvatore Senatore

scrive poesie, pubblica libri e li presenta. E forse ciò sarebbe da preferirsi per qualsiasi altro nome … anche perché agevolerebbe il compito di analizzare una poesia o una raccolta, pure a chi non avrebbe per niente in mente la convinzione di essere abilitato a sentirsi un critico.

 

Dovendo adottarsi, dunque , una regola improntata alla prudenza, ogni aggettivo  dovrebbe essere meditato, seguendo una logica molto ovvia: dire del libro, dire delle parole e dell’assieme predisposto da Mario Salvatore Senatore, avendo in mente alcuni punti fermi, invece di esibire,

 

ostendandole, le sensazioni personali che, messe per iscritto, avrebbero almeno un sentore: voler influenzare chi lo leggerà.

 

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Così come dovette immaginare sé stesso Vincenzo Cardarelli, nel comporre la poesia GABBIANI – seppure amasse la quiete, scelse di affrontare la burrasca – Mario Salvatore Senatore, con Cronaca di una apocalisse, lascia intendere di sentirsi come un gabbiano. Dire, pertanto, usando le parole del Cardarelli, che egli sia «in perpetuo volo» e avverta forte la sensazione e il bisogno di «sfiorare la vita» appare del tutto conseguenziale. Una sua foto, ritto e a braccia aperte, parte integrante del libro, lo dimostra.

 

Per altri versi, invece, la vicenda di Mario Salvatore Senatore richiama alla mente quella dello spagnolo Rafael Alberti. Nato il 28 ottobre 1902, a Puerto di Santa Maria, fu esule ma nello stesso luogo ritornò, per spegnersi all’età di 97 anni, il 28 ottobre 1999. Fu, l’Alberti, come d’altronde fu anche Garcia Lorca, protagonista nel riportare in auge la poesia spagnola popolare, rimarcando la propria condizione di esiliato che non rinunciava all’impegno politico e civile, dando alla parola la forza necessaria affinchè diventasse strumento di lotta. Tracce potenti di questa intenzione si trovano nella raccolta di liriche DEGLI ANGELI, 1928. Lì, probabilmente dando concretezza per immagini, richiamate alla mente dei lettori, a sogni e allucinazioni, attribuì alle parole la forza adeguata per farsi linguaggio capace di far intravedere l’esistenza della libertà , anche nelle emergenze reazionarie.

 

In tal senso si possono leggere PADULA MIA e PADULA BELLA, le prime liriche di cui si è detto – una in italiano, l’altra nel vernacolo che fu la prima Lingua di Mario Salvatore Senatore

– con cui si eleva a oggetto concreto il paese natio. Non è un caso, dunque, se una apre la raccolta GOCCE CI CIELO, l’altra la chiude. Ma furono composte per prime, a poco tempo una dall’altra.

 

In  questo  senso  si  può  sospettare  che,  sin  dagli   inizi,   Mario  Salvatore  Senatore  avvertì l’ urgenza di stabilire e condividere la propria scelta di valori. Lo scrivere, allora, potrebbe essere interpretato come desiderio di ammazzare la parola di cui disponeva, un po’ come si fa con i genitori in senso metaforico, per crescere, diventare adulti. Un espediente adeguato per far sempre rinascere la poesia.

 

Negli anni – quanti? Quaranta? Cinquanta? – Mario Salvatore Senatore non ha mai smesso di pensare, citare, tornare a vivere Padula in ogni possibile occasione. Esule, dunque, esule come Alberti … Ma c’ è da chiedersi: quale senso Mario Salvatore Senatore attribuisce ad “apocalisse”? È anche su questo che la lettura della sua opera dovrebbe indagare. Di certo sarebbe arbitrario attribuire proprie “letture”. La filigrana, in questo caso, non può giocare con le sensazioni di chi ha prodotto un libro singolare e originale, anche nella struttura né potrebbe giovare a una analisi obiettiva e non accomodante .

 

Il prof. Mario Salvatore Senatore mentre riceve un attestato, di riconoscimento per le sue opere, dalle mani del presidente della commissione cultura della Camera dei Deputati

Non si può cadere in un errore simile a quello di aggiungere “divina” a Commedia – come

-rilevò già Eduardo Sanguineti nella introduzione a VITA NUOVA e così come ha fatto Francesco D’Episcopo nella sua scheggia dantesca qual è FRAGILITÀ DI DANTE – ovvero all’ opera di Dante Alighieri che ha indotto tanti pittori a produrre quadri intensi e critici a continuare nello scriverne, per centinaia di anni. Peraltro, come scrive Rossana Tinelli rispetto ad Alberti, egli è «un poeta immerso nel mare di un’identità dubbiosa, un cercatore di verità e bellezza che non si è mai estraniato dalla lotta. Un poeta civile che ha frequentato la poesia come uno strumento di rivolta soprattutto contro le convenzioni della società borghese». Siamo, pertanto, anche in questo caso, nella  invettiva. È un tratto che accomuna, quindi,  l’ Alberti  e il  Senatore,  capaci  entrambi di

 

individuare limpidamente il nesso tra poesia e vita, andando oltre il senso delle parole che, altrimenti, difficilmente potrebbero superare il limite del vuoto lirico, sorretto solo da rime o suggestioni di scarso rilievo etico. L’invettiva di Mario Salvatore Senatore: è potente, acuta e talvolta lancinante ma non divisiva.

 

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CRONACA DI UNA APOCALISSE è una tessitura ampia e complessa. Mario Salvatore Senatore ha considerato la reazione dell’umanità. Si è avvalso anche dei mezzi di informazione  veloci  di questa epoca presente che, se da una parte sembrano allontanare l’umano  dall’altro  simile, consentono la condivisione di sentimenti, di paure. È al comune sentire che si è rifatto per assemblare le varie sezioni, muovendo da opere d’arte, da fotografie,  che  per certi  versi  alludono alla apocalisse, al terrore. Sul piano pittorico, una operazione simile fece Luca Signorelli  nel dipingere il Giudizio Universale a Orvieto nella cappella di San Brizio, tra il 1499 e il 1503, avvalendosi della narrazione della Commedia di Dante. Peraltro, senza quel  Giudizio  Universale, non ci sarebbero stati gli affreschi di Leonardo da Vinci alla Cappella Sistina. Ci sarebbero  altre opere, altri pittori, da affiancare alle parole di Mario Salvatore Senatore. A esempio il misterioso pittore Masaccio che per primo, sulle sue tele, diede spazio al  brutto,  passando  al Giorgione  che alla consueta prospettiva, ovvero al modo con cui i pittori trasformano lo spazio bidimensionale del quadro, per aggiungere la sensazione della terza dimensione, colse la necessità di alludere al tempo.

Lo fece con il famoso quadro in cui appare una tempesta in lontanzanza e non è dato sapere se sia già stata o stia sopraggiungendo nello spazio, in primo piano. Infine, potrebbe essere interessante ragionare su Robert Rauschenberg e l’opera, un disegno, di Willem De Kooning che cancellò lentamente, ma del quale restano tracce abbastanza decifrabili ma non con certezza. La conseguenza: osservandolo si aggiunge del proprio, ciò che si ha dentro, e pertanto si entra nella azione artistica da protagonisti. Sono entrambi morti. Sul cartellino del disegno c’è scritto “Erased de Kooning Drawing” (Disegno di de Kooning cancellato)/Robert Rauschenberg/1953. Si trova al Museo d’arte Moderna di San Francisco (SFMOMA) .

 

Tutto ciò introduce una produzione poetica sterminata che costringe a porsi delle domande… Una, una ancora: Ma la potenza dell’immagine pittorica, come è conseguita dalle parole del Senatore?

 

È abbastanza evidente in Cronaca di una apocalisse. Lo fa anche attraverso l’epica legata agli animali. Tracimando in un’altra forma letteraria, diversamente dalla scelta di Nicola Quatrano che nel suo libro LA VERITÀ È UN CANE – titolo nato dal Re Lear di William Shakespeare, dalla frase «La verità è simile ad un cane/che deve restar chiuso in un canile;/ va ricacciato lì dentro a frustate,/ mentre madama Cagna/ può restare sdraiata accanto al fuoco, e puzzare» messa in bocca al Matto – non appare nessun animale, oltre quello del titolo, seppure i protagonisti si muovano a Napoli, nel mondo camorrista che fa uso e abuso almeno dei cani ma sovente anche di animali da foresta.

 

Mario Salvatore Senatore fa apparire una tigre, un’aquila, un agnello, un merlo, api e farfalle, un gabbiano.. . È dall’aver notato queste presenze, con il loro corredo simbolico, che è sorta uan domanda: Ma qual è stata la prima poesia di Mario Salvatore Senatore?

 

C’è da credere che sia stata scritta nello sguardo, nel modo di osservare il suo ambiente, in un punto interrogativo. Per rispondersi più esattamente, plausibilmente, si dovrebbe visualizzare l’immediato dopo guerra; una Padula nota a chi ci era cresciuto, ai suoi emigranti e non certo a moltissimi. La Certosa: vinta da usi impropri – fu anche luogo di deportazione – e coperta da fango. Molto più amata in seguito, durante la stagione cinematografica: da “C’era una volta” con Sophia

 

Loren e Omar Sharif ad “A night full a rain” ovvero La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia di Lina Wertmiiller con Giancarlo Giannini, in cui apparve anche Lucio Amelio, il gallerista-attore italiano, protagonista del mercato dell’arte contemporanea internazionale, dalla metà degli anni ’60 alla metà degli anni ‘ 90, a Quanto  è bello lu murire  acc1so …

 

Probabilmente, la voglia di sondare gli animi gli deriva da ciò che vide. Scoprire gli fu naturale e lo è tuttora. Lo dimostra proprio l’ultima opera, l’ uso della cosiddetta rete ovvero l’aver dato rilevanza ai rapporti virtuali, senza emarginare la vita reale, i rapporti quotidiani. Da lì si è mosso per entrare nel mondo della parola poetica, giungendo ad altri luoghi ma sempre aprendo il cassetto dei ricordi.

 

Sarebbe legittimo chiedersi se Mario Salvatore Senatore abbia conservato il candore del primo sguardo poetico, se sia stato fedele a un ponte che gli fu e gli è caro…

 

C’è almeno un precedente nobile: Antonio Porta. Lo segnala Niva Lorenzini nella postfazione al volume Poesie 1956 1988 (dedicato appunto ad Antonio Porta), pubblicato negli oscar Mondadori nel settembre 1998. Scrive, in sostanza, che pochi poeti possiedono, come Porta, la capacità di restare fedeli ai presupposti iniziali, trasformandoli e trasformandosi incessantemente.

 

Mario Salvatore Senatore, non ha mai  perso la voglia di osservare la realtà, reinventando   I’ uso delle parole, per una poetica necessariamente legata alla vita reale. Una poesia, la sua, in movimento; dapprima avendo come riferimento i tratturi, poi i binari ferroviari, poi le linee aeree, poi le strade del virtuale ma sempre presente, sullo sfondo spesso arido, la vita reale. Una poesia in cui – è notorio – spesso si è buttato personalmente, legandosi a operazioni concrete. Azioni,  dunque, e non solo grafemi, per innovative forme espressive, al fine di far emergere, o almeno intuire, il vivere quotidiano , il suo peso. In questo senso, una nuova luce si getta su alcune sue poetiche in cui sollecita i giovani a farsi protagonisti, richiama alla mente Raoul Follereau e la sua

 

Gioventù del mondo il cui incipit è:

 

«E ora tocca a voi battervi

gioventù del mondo ; siate intransigenti

sul dovere di amare. »

 

Proseguendo:

«Ridete di coloro

che vi parleranno di prudenza, di convenienza,

che vi consiglieranno di mantenere

il giusto equilibrio.

 

La più grande disgrazia che vi possa  capitare è di non essere utili a nessuno, e che la vostra

 

vita non serva a niente.»

 

Salerno, 10  giugno 2022                                                           Donato Francesco Orlando

 

One thought on “Mario Salvatore Senatore: l’analisi delle sue poesie … a cura di Donato Francesco Orlando

  1. LA RICERCA: una critica da “Premio Nobel”
    Fin da subito, allorché mi giunse – ad opera dell’Avv. Donato Francesco Orlando – il Suo pensiero – mi resi conto del pregio dello scritto e ne rimasi basito, frastornato, rapito.
    Raramente ho incontrato chi ha analizzato, con uguale distacco e contemporanea sensibilità, competenza, profondità, scrupolosità le sensazioni, i pensieri miei di sempre; gli stimoli fluenti che mi hanno colmato l’anima e mi hanno indotto a trasferirli su pagine bianche o qualunque altro supporto, nel momento che tale “prepotenza” emergeva e non si acquietava fino alla esecuzione di quel “comando”.
    Molti… tanti lettori – amici, critici, intellettuali, letterati, persone comuni – hanno espresso pensieri belli, profondi, gratificanti, lodevoli, ma nessuno si è spinto al punto di sventrare, sezionare la mia anima, di tagliuzzare, frantumare le mie parole e poi analizzarle e ricostruire il pensiero che stava alla base di esse.
    L’Avv. Donato Francesco Orlando ha messo a nudo la mia anima e, senza piaggeria di sorta – a Lui completamente estranea – l’ha mostrata al mondo con elegante distacco.
    Dice bene il Nostro, quando evidenzia gli orientamenti diversificati dei miei scritti: dal rifiuto di ingiustizie e ribellione ai prepotenti, alle sofferenze di animali sfruttati e maltrattati; dalla gioia di un mattino di sole, al vagito di un bimbo appena nato…
    Ogni accadimento, ogni visione di immagini toccanti, ogni segno della Natura ogni stato d’animo può divenire scuotimento del mio sentire profondo e trasformarsi in gioia, sofferenza, attesa, speranza, sogno, lotta e lasciarne traccia con parole pensate, scelte, amate.
    Grazie, Franco, per tanta considerazione e grazie al Direttore di questa prestigiosa Testata – il Dott. Aldo Bianchini – che, da storico Giornalista, mai trascura di comunicare notizie concrete che punteggiano i vari aspetti e momenti della vita salernitana e non solo.

    Mario Salvatore Senatore

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