Vallo di Diano (10): come funziona il taxi sociale ?

 

Aldo Bianchini

Il taxi sociale del Vallo di Diano

VALLO di DIANO – Nello scorso mese di marzo mi sono interessato al cosiddetto “taxi sociale” (rimesso in piedi dalla Comunità Montana del Vallo di Diano, presieduta dall’avv. Francesco Cavallone, con la consulenza del giornalista dr. Lorenzo Peluso che al riguardo il 20 marzo 22 mi scriveva: “In merito al progetto Taxi Sociale, è utile ricordare che la mia visione di impostazione del lavoro messo in piedi da qualche settimana, ha portato a far partire un progetto che era fermo da oltre un anno”. Un progetto valido, anzi validissimo, aggiungo io; un progetto che, però, non appena uno ne parla scatena le ire furibonde degli addetti ai lavori; insomma guai a toccarlo sia nel bene che nel male. E questo non è giusto, anzi è sicuramente dannoso per la continuazione e per la stessa sopravvivenza di “un servizio” certamente al passo con i tempi.

Dunque vista la funzione pubblica del taxi sociale e in considerazione della sua “alimentazione finanziaria” derivanti da esborsi di denaro pubblico, mi sembra giusto porre di tanto in tanto alcune domande sia sul modello organizzativo che sull’efficienza del suo sviluppo pratico. E questo al di là delle minacce di denunce ed al fine di “evitare conseguenze giudiziarie, inevitabili”, anche perché il taxi sociale ha una valenza sociale il cui interesse esterno ricade assolutamente nell’attività giornalistica d’inchiesta.

Perché sono ritornato ad interessarmi del taxi sociale ? Perché sarebbe accaduto un fatto inqualificabile tra un opratore/trice del taxi sociale e una anziana signora (R.B.) avente diritto all’attenzione da parte della valida struttura. Prima di andare avanti, però, non alzate subito le antenne e leggete il fatto tenendo presente che ho usato il condizionale, in quanto esiste soltanto la versione della paziente (seppure testimoniata da una conoscente) e manca la versione dei vertici del taxi sociale.

“”Il furgoncino del taxi va a Sant’Arsenio per prelevare un’anziana signora, non completamente autonoma negli spostamenti, e la trasporta al vicino ospedale di Polla per una visita medica oculistica. Siccome il servizio sanitario tardava a visitare la paziente arriva la decisione (giusta o ingiusta, non spetta a me dirlo) del/della conducente il furgone di andarsene (probabilmente per altri impegni) lasciando la malcapitata paziente nei corridoi del plesso ospedaliero; fortunatamente dopo una lunga attesa viene vista da una parasanitaria di Sant’Arsenio che si offre per accompagnarla fino a casa una volta completato il suo servizio”. Punto.

Fantasia della paziente che ha, forse, allargato il racconto che comunque sta diventando sempre più di dominio pubblico in danno del taxi sociale ?

Non tocca a me rispondere; credo che serva, semplicemente, una precisazione da parte dei responsabili di un servizio sociale davvero molto importante, al fine di renderlo più penetrante ed efficace nell’immaginario collettivo che, spesso, è più disponibile ad ascoltare le proteste che ad applaudire le cose ben fatte. E il taxi sociale è sicuramente una cosa ben fatta.

 

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