Tangentopoli (45): il clima prima di tangentopoli

 

Aldo Bianchini

On. Avv. Michele Scozia (25.11.28 - 18.11.95)

SALERNO – Continua, con questa ennesima puntata, la ricostruzione storica della “tangentopoli salernitana” vista da osservatore esterno ed estraneo.

Nel lungo, e a tratti penoso, dibattito seguito all’annuncio dell’esclusione della ricandidatura dell’on. Federico Conte nelle recenti elezioni politiche (25 set. 2022) nessuno ha ricordato o raccontato la verità sulla nascita del deluchismo, neppure lo stesso on. Carmelo Conte (già ministro della Repubblica) che all’epoca dei fatti, in piena tangentopoli, fu il protagonista assoluto del disfacimento del PSI e della nascita del tanto odiato deluchismo.

Erano tempi difficili, è vero, ed alla paura palpabile dei politici si aggiunse lo zampino pesante della magistratura che solo nell’occasione del 22 maggio 1993 decise di muoversi con cautela nei confronti di Vincenzo De Luca, contrariamente a quanto fatto fino a quel momento verso altri personaggi che ad horas venivano convocati in Procura o colà trascinati a viva forza.

Ma perché si arrivò a quella che io indico come la giornata cruciale per la fine del “contismo socialista” e per la nascita del “deluchismo” che tuttora governa la città, la provincia e la regione.

In una delle precedenti puntate ho rifatto la cronistoria, anche delle ore e dei minuti, della giorn ata del 22 maggio 1993; in questa mi sembra giusto ricostruire qual era il “clima pre tangentopoli” che si respirava in città.

E’ necessario fare un passo indietro nel tempo per cercare di capire quale fosse il clima che si respirava in Città nei primi mesi dall’inizio dell’accanimento giudiziario che presto prenderà il nome di “tangentopoli salernitana” e che travolgerà, insieme al sindaco Vincenzo Giordano, molti altri personaggi noti e meno noti della politica, delle istituzioni, dell’imprenditoria e dell’amministrazione pubblica di quel tempo.

Subito dopo il grande successo elettorale del Partito Socialista nelle amministrative comunali del 1990 sulla città si addensò una nuvola oscura e impregnata di dubbi e di sospetti; lo strapotere socialista arrivava dovunque, e lo strapotere non piace mai.

Tutti gli anni ’80 erano stati, difatti, quelli in cui maggiormente la presunta corruzione aveva alimentato l’instabilità politica fino all’insopportabilità di ben dieci sindaci nel giro di appena sette anni, un valzer che causò danni irreparabili alla già poca fiducia che la gente aveva nei confronti delle amministrazioni comunali e con esse nei confronti di tutto quello che rappresentava un certo tipo di potere pubblico.

Arriva, però, il giorno 8 marzo 1987, data storica in cui viene eletto al termine di una vera e propria congiura di palazzo il nostro Vincenzo Giordano a capo di un accordo solido e di un  programma di governo che aveva precise fondamenta. Stranamente la lunga instabilità politica per il governo della città invece di provocare sconquassi giudiziari aveva offerto poco terreno fertile alle inchieste della magistratura (forse perché i capi bastoni della politica non entravano mai in consiglio comunale), anzi in quegli anni si registrarono clamorose batoste in danno di alcuni magistrati impegnati sul terreno della pubblica amministrazione (basta ricordare Claudio Tringali per il caso di Gaspare Russo e Luciano Santoro per il caso della massoneria mai pienamente chiarito).

Con l’arrivo di Vincenzo Giordano, invece, il principio viene capovolto e i grandi big della politica nostrana si impegnarono direttamente sul territorio e nel consiglio comunale pur avendo importanti incarichi romani (il riferimento è al sottosegretario Paolo Del Mese e al ministro Carmelo Conte).

Di fronte a questa situazione di potere radicalmente mutata iniziò lo scontro prima interno ai partiti ed all’imprenditoria con flussi migratori da una parte verso l’altra e viceversa e poi con l’arrivo diretto e devastante della magistratura. In questa situazione più solida ma molto più pericolosa della pregressa instabilità politica si inserisce la figura di Vincenzo Giordano, scelto da Carmelo Conte per tenere a bada tutti i movimenti sospetti e tutte le eventuali fughe in direzioni diverse da quelle immaginate dallo stesso Conte che doveva comunque continuamente confrontarsi in sede romana con Paolo Del Mese per cercare di opporsi allo straripante potere del mitico Ciriaco De Mita che da Nusco manovrava a suo piacimento uomini e cose del salernitano. Non a caso è De Mita a sponsorizzare in prima persona l’arrivo a Salerno dell’arcivescovo Gerardo Pierro nell’estate del 1992, momento topico per la città e per la politica. Ma come si era arrivati a quel momento del 1992 e cos’era il “modello Salerno” ? Il “progetto Salerno” nasce, storicamente, verso la metà degli anni ottanta dalla fervente attività progettuale di un manipolo di tecnici ed urbanisti chiamati a raccolta intorno all’idea, tutta laica e di sinistra, di rilanciare sul piano nazionale ed internazionale la città di Salerno che fino a quel momento non aveva potuto o non aveva saputo esprimersi al meglio sul piano commerciale, turistico ed industriale.

(continua)

 

 

 

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