IL CILENTO: UN TERRITORIO DA SALVARE – LA FASCIA INTERNA (segue da 11/01/2023)

 

 

da Alfonso Malangone

(Ali per la Città)

 

Il Cilento interno è un territorio complesso che può essere sommariamente ripartito tra una fascia centrale, a ridosso di quella costiera, e una adiacente porzione, a est, costituita dalla vallata del fiume Calore e territori limitrofi. Si tratta di due ampi distretti, ciascuno con specifiche ricchezze ambientali, nei quali la natura ha espresso appieno la sua creatività e assume tuttora il ruolo di vera e incontrastata protagonista. I centri abitati, spesso isolati ma tutti ricchi di storia, di tradizioni e di cultura contadina, sono incastonati tra il verde di monti impervi e di morbidi declivi, tra boschi e strette pianure fluviali, offrendo l’immagine di un luogo sostanzialmente immobile, quasi ‘sospeso’, nel quale il rumore in lontananza delle motozappe e delle motoseghe segnalano la presenza di una vita ancora regolata dai cicli delle attività agricole e dai rintocchi delle campane. Una condizione apparentemente privilegiata, sotto l’aspetto ambientale, che denuncia tutto il ritardo in termini economici e sociali di un territorio nel quale le tradizionali attività della silvicultura, dell’allevamento e della cura degli orti non riescono ad assicurare condizioni molto dissimili da quelle dei tempi dell’Unità d’Italia, centosessanta anni fa, a parte il più vivace centro di Vallo della Lucania, con la ‘corona’ di paesini intorno. Molto ci sarebbe da dire e, forse, da denunciare, sulle cause di questa inaccettabile situazione e sulle responsabilità di coloro che fecero promesse di rinascita, a partire dagli anni ’70, cioè proprio contemporaneamente allo sviluppo del turismo sulla costa, in occasione dell’apertura della strada a scorrimento veloce da Agropoli a Vallo, nota come ‘Cilentana’, dopo 30 anni di lavori. Il collegamento avrebbe dovuto tirar fuori dall’isolamento luoghi ‘dispersi nel tempo e nello spazio’, favorire prime iniziative imprenditoriali e offrire aperture commerciali ai prodotti agricoli locali grazie ad una sensibile riduzione dei tempi ‘biblici’ del trasporto lungo i precedenti percorsi di montagna. E, infatti, migliorarono subito i movimenti delle persone e dei beni, si insediarono alcune nuove imprese agli svincoli della superstrada, si costituirono Cooperative per gestire gli impianti per la produzione dell’olio, del vino e per la lavorazione dei prodotti della terra. Tuttavia, a parte l’effervescenza esteriore, gli effetti furono davvero limitati. In primo luogo, perché nella parte meridionale del territorio, dopo l’uscita di Vallo, l’impianto stradale rimase immutato rispetto ai tempi dei Borbone e ci vollero altri 30 anni per vedere completato il collegamento veloce fino a Sapri. E, poi, perché il ‘mondo imprenditoriale’ si mostrò impreparato a gestire attività produttive e rapporti commerciali complessi, al punto che anche molte Cooperative furono travolte dalle insolvenze. In sostanza, a parte le piccole imprese artigianali/commerciali dei centri più prossimi agli svincoli, gli unici a beneficiare davvero del collegamento veloce furono, e sono ancora oggi, i dipendenti degli Uffici Pubblici, degli Ospedali di Vallo e Sapri, di Strutture Mediche e di servizio, nonché i professionisti, i Magistrati del Tribunale, i professori, gli studenti delle Scuole Superiori e gli operatori mercatali, di qualsiasi provenienza, dediti alla vendita dei prodotti dell’orto, dei formaggi e delle uova. Qualche eccezione, pur presente, non cambia lo stato delle cose.

Se questa è la condizione ‘desolante’ del Cilento Centrale, quella dell’area più interna, attraversata dal Calore, è addirittura ‘drammatica’. Chiusa tra le montagne, irraggiungibile in tempi certi a causa di percorsi stradali poco più grandi di ‘tratturi’, è un luogo di grandi sofferenze umane, senza vitalità e senza futuro. In sei anni, la popolazione di sedici Comuni è passata da 17.775 residenti a 13.907 e otto di essi hanno dai 217 ai 600 abitanti (fonte: Istat). Non solo manca un collegamento veloce est-ovest, tra il Cilento centrale e il Vallo di Diano, ma resta tuttora incompiuta la tanto attesa ‘Fondovalle del Calore’, avviata 40 (quaranta) anni fa, che avrebbe dovuto svolgere la stessa funzione di asse di penetrazione a suo tempo assegnata alla ‘Cilentana’. Giusto qualche settimana fa è stato completato il ‘lotto di mezzo’, di circa 4 chilometri, e ancora non si sa da dove si partirà, presso Eboli, e dove si arriverà, presso Vallo della Lucania. E, hanno avuto anche il coraggio di fare l’inaugurazione! Ma, c’è di più. Per almeno 12 (dodici) anni, è rimasto chiuso il tratto della SP 342, tra Roscigno e Sacco, per il risanamento del costone, mentre ci sono voluti 5 (cinque) anni per i lavori di messa in sicurezza della SP 12, tra Ottati e Castelcivita. Ci sono poi pericoli per frane sui tratti di montagna Trentinara-Magliano e oltre, sui Passi della Sentinella e del Corticato, sulla strada Valle dell’Angelo-Piaggine-Laurino-Rofrano, per non dire del viottolo che passa nel ‘bosco’ tra Campora e Vallo. Solo per fare qualche esempio. In verità, la viabilità di quest’area è un vero disastro ed è la causa di una condizione di arretratezza che ha pochi eguali e che toglie ai residenti ogni speranza di riscatto. Qui, ci sono le maggiori responsabilità di chi ha promesso e non mantenuto, ha soggiogato una popolazione inerme, forse trasformando le disgrazie altrui in fortune proprie. Ci vorrebbe davvero un ‘Assessore alle Montagne’ per riparare ad una gestione colpevolmente fallimentare. Stupisce, in tutto questo, la serenità di una popolazione che subisce, con ‘rassegnata accettazione’, la perdita dei suoi diritti e che assiste, con eguale ‘rassegnata accettazione’, al naturale abbandono da parte dei giovani, più o meno professionalizzati. Perché, da qui, vanno via tutti. La rassegnazione dei residenti nel Cilento interno è divenuta parte integrante del loro dna.

Così, se sul futuro della costa si può pure dire qualcosa, sembra ci sia ben poco da dire su quello delle due fasce interne, visto che per esse non ci sono stagioni, né estive, né invernali. Paesi, anche ‘sgarrupati’, grigi, bui, abbandonati, si animano essenzialmente per i ‘ritorni per ferie’ di chi è andato via o per sparuti gruppi di amanti della natura e della gastronomia in occasione delle sagre per i Santi Protettori. Purtroppo, non basta una festa, pure danzante, e neppure un festival di musica a cambiare le cose anche se, da qualche tempo, si assiste al tentativo di coraggiosi artigiani di superare con la qualità eccellente dei loro prodotti gli svantaggi della localizzazione. Ma, arrivare a ‘contarne’ cinque, è già un’impresa.

Proseguendo così, è da pensare che i problemi di molti piccoli centri interni potranno trovare una soluzione solo tra una decina d’anni, quando non ci resterà più nessuno. Del resto, mancano idee concrete, ben diverse da quelle che ancora propongono di aggregare le insufficienze locali con la convinzione che il totale dei tanti ‘meno’ possa portare a realizzare un qualche ‘più’. Eppure è noto, almeno dalla matematica, che è il prodotto, non la somma, a consentire il cambio dei segni negativi. Così, non si potranno mai eliminare i tanti ‘meno’, che abbondano, finché non si metterà mano davvero a progetti di crescita che siano in grado di esaltare, con effetti moltiplicativi, i caratteri del territorio e quelli identitari di una umanità che condivide da secoli la stessa storia e lo stesso destino. Qui, nell’area interna, i Cilentani sono forse più semplici e genuini, rispetto al mare, ma non sono meno forti e duri, accorti e prudenti, chiusi e diffidenti, con gli stessi comportamenti personalissimi e le medesime contrapposizioni localistiche, talora anche incomprensibili.

C’è chi pensò di cambiare il futuro con il Parco del Cilento e con i soldi dello Stato. Peccato che, in oltre trenta anni, i contributi pubblici sembra siano stati utilizzati per la costruzione di sedi di giusta ‘rappresentanza’ e per il pagamento degli stipendi, piuttosto che per fare qualcosa di più concreto per la popolazione. Del resto, si sa, il futuro non si può assicurare a tutti. Salvo errore. Ne parleremo.

Alfonso Malangone – Ali per la Città – 14/01/2023 (segue)

 

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