RUGGI: nella buona e nella cattiva sorte

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Con il presente articolo cerco di continuare e concludere il discorso iniziato ieri sui rischi per la propria incolumità personale che corrono, oggi più che mai, gli operatori sanitari (soprattutto medici) nelle strutture pubbliche più che in quelle private, anche perché in queste ultime si va per scelta e non per urgenti esigenze.

Quelle delle aggressioni fisiche è un fatto assolutamente deprecabile e da condannare senza indugio, soprattutto perché il medico (lo chiarisco ancora una volta), a livello generale, è inviolabile e intoccabile così come lo erano gli atleti delle olimpiadi dell’antica Grecia che gareggiavano nudi per simboleggiare la loro inviolabilità ma anche la fede al giuramento olimpico che prevedeva e prevede l’assoluto rispetto dell’altro innanzitutto sul piano umano tra vincitore e vinto. Chi tradiva quel giuramento veniva espulso per sempre dai giochi; non altrettanto accade nel mondo della sanità pubblica dove il paziente è sempre il soggetto più debole in quanto rischia la propria pelle e, quindi, nella quasi totalità dei casi soggiace agli umori caratteriali di medici e infermieri; ma qui il famoso “giuramento di Ippocrate” viene spesso calpestato, anche perché di espulsioni dal sistema sanitario se ne contano davvero pochissime.

Non mi piacciono i convegni, come quello organizzato dall’Ordine dei Medici, qualche giorno fa in quanto a parlare sono sempre loro senza alcun contraddittorio; ci pensi il dr. D’Angelo, lui che è innovatore e costruttivo, a fare una  cosa del genere; semmai con un utente che lamenta un probabile caso di mala sanità

Detto questo va anche, nuovamente ribadito, che il sistema sanitario nazionale italiano regge ancora benissimo se lo si mette a confronto con altre sanità pubbliche del globo; ed in massima parte lo si deve alla stragrande maggioranza di medici e paramedici che svolgono il loro delicato compito con passione, professionalità ed anche umanità.

“… è giusto ed opportuno che un’azienda intera, e non solo gli operatori coinvolti, riflettano”, diceva il dr. Renato Gammaldi (primario di terapia intensiva del Ruggi); ed è giusto ripartire da questa affermazione per meglio capire che nel SSN, così come al Ruggi, v’è sempre in agguato qualche mela marcia che andrebbe subito espulsa.

Dunque, una volta chiarito il concetto, passo a raccontare un episodio di gravissima negligenza relazionale tra un medico illuminato (ma privo di coscienza civica e di un minimo di sensibilità e solidarietà umana) e un paziente in gravi condizioni fisiche.

  • Il paziente, di cui al racconto, è ricoverato presso il presidio ospedaliero Fucito di Mercato San Severino dove il 9 aprile 2021 era stato operato per tumore maligno al colon (traverso e discendente). E’ la mattina del 14 aprile 2021 quando “un medico” si presenta al capezzale dell’infermo e con assoluta freddezza gli comunica che, come da protocollo, dovrà essere dimesso per poi ritornare il 16 aprile per visita di controllo. Il paziente, portatore di altre patologie, con fare quasi ossequioso, nel ringraziare per il trattamento ricevuto, chiede al medico la possibilità di rinviare almeno fino al 16 aprile le dimissioni in modo tale da evitare inutili stress (l’ambulanza per portarlo a casa, l’ambulanza per riportarlo in ospedale dopo appena 48 ore, il rischio di contrarre il covid, l’attesa davanti alla “tenda da urlo” -tanto era schifosa- per sottoporsi al test anticovid prima di rientrare nel reparto per la visita di controllo) il paziente implorante spiega garbatamente i motivi della sua richiesta in quanto non è in grado di deambulare autonomamente, insomma che non  ce la fa neppure a muovere le gambe. Gelida la risposta del medico la risposta fu gelida “e noi qui mica vi abbiamo operato alle gambe”. Il paziente è deceduto la mattina del 6 maggio 2021 presso il Da Procida per complicazioni da covid contratto tra quella tenda schifosa e il reparto del Fucito che, badate bene, fu chiuso qualche giorno dopo il 16 aprile 2021 per risanare gli ambienti.

Quel paziente era mio fratello minore.

E come avrebbero reagito tanti altri pazienti e/o congiunti ?

Ho già scritto su questa grave vicenda, ma nessuno si è degnato di rispondere; neanche i diretti interessati dirigenti sanitari del Fucito; ho le cartelle cliniche e so bene chi era quel medico freddo, anzi glaciale. I figli, la moglie, noi stretti parenti non abbiamo nessuna rivendicazione da portare avanti, abbiamo fiducia nella sanità pubblica e nelle sue strutture così come nella professionalità dei suoi addetti, a cominciare dal Fucito che in questi ultimi tempi sta inanellando una serie di successi sanitari (non ultimo quello dell’Endoscopia Biliopancreatica Avanzata dell’operatore medico Claudio Zulli) davvero di grande spessore.

Vorrei soltanto conoscere e incontrare quel medico per ripassare insieme a lui, semmai centellinando un buon caffè, il settimo punto del giuramento di Ippocrate “… giuro di attenermi ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona …”.

 

 

 

 

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