Siria: rischio di guerra civile


Maia Chiara Rizzo

Di fronte al susseguirsi di manifestazioni e
conseguenti repressioni violente, venerdì scorso, in Siria, il segretario
generale della Lega Araba, Nabil Elarabi, ha espresso le proprie preoccupazioni
per il rischio imbellente di una guerra civile con disastrose ripercussioni su
tutto il Medio Oriente. Il Paese di Bashar Al Assad costituisce un elemento
fondamentale nello scacchiere mediorientale, contribuendo in maniera
sostanziale al bilanciamento dei poteri e degli interesse locali e non
nell’area, nella misura in cui rappresenta il braccio destro e la spina nel
fianco di Israele. La Siria non solo assicura la presenza dell’Iran in un’area
più prossima allo Stato ebraico, ma garantisce e agevola anche il passaggio di
forniture militari iraniane a Hezbollah in Libano. L’interesse di Al Assad a
mantenere le redini del Paese è volto a garantirsi un ruolo di primo piano
negli assetti politici del Medio Oriente. Peccato che a farne le spese sono i
civili che dall’inizio dell’ondata di proteste nel Paese tentano, a rischio
della loro vita, di ribaltare il regime alawita, espressione di una componente
minoritaria nel Paese a maggioranza sunnita.I dati forniti dall’ONU indicano un forte aumento del
numero di morti dal 6 dicembre scorso, giorno in cui sono arrivati in Siria gli
osservatori della Lega Araba. Nell’ultima settimana due osservatori sono stati
feriti e una giornalista francese, Gilles Jacquier, è stata uccisa
mercoledì a Homs in circostanze ancora poco chiare.Durante le proteste degli ultimi giorni, i siriani
hanno gridato il loro appoggio alle truppe di militari dissidenti che hanno
creato un esercito parallelo sotto il nome di Free Syrian Army. Il presidente
Al Assad continua a puntare il dito contro Europa e Stati Uniti, accusandoli di
complotto, e denuncia l’ingerenza della Turchia che fornirebbe armi
all’esercito di dissidenti.

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