SPERANZA CERTA

Alfonso D’Alessio

Non è raro che gli uomini, cristiani o meno che siano, invocano la speranza. Essa può radicarsi in mille rivoli, il desiderio di una vita più agiata, di una ricchezza maggiormente diffusa, di una salute ferrea, a volte viene implorata anche senza motivi precisi ma solo come indefinita aspettativa. Certamente la condizione di vita odierna aumenta le attese in un futuro migliore, ma è bene chiedersi se siano riposte saggiamente in realtà che possano trasformare la speranza in certezza e non lasciare l’amaro in bocca. Aveva forse ragione Giacomo Leopardi quando nello Zibaldone afferma che “solo un adolescente ha la speranza riposata e certa in un avvenire migliore”, quasi che crescendo, la realtà  ne impone la perdita? Anche in questo noi cristiani siamo fortunati e sperimentiamo il “centuplo” già su questa terra. Infatti la speranza per noi è di ogni uomo, è una speranza che sicuramente sarà trasformata in certezza in quanto essa si fonda su Gesù Cristo, speranza di tutte le genti.  Per noi cattolici la speranza non è dunque primariamente intesa come un desiderio che si apre al futuro, frutto della coscienza che tende ad andare sempre oltre se stessa in attesa di un compimento; al contrario, è intesa come una chiamata gratuita che parte da Dio stesso. E’ qui che è collocabile la novità per il cristiano. Tutti possono sperare, ma è il contenuto della speranza che qualifica l’atto e lo fa comprendere diverso dal sentimento o dall’utopia. Essendo certezza del compimento della promessa, la speranza cristiana “non delude” perché affonda le sue radici nell’amore e non potrà mai essere separata dall’amore: “Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. L’atto della speranza cristiana, pertanto, si condensa intorno ad alcuni elementi che la esplicitano e definiscono: l’attesa, anzitutto, della rivelazione piena e definitiva del Signore; la fiducia nella sua promessa che verrà, e dove è lui, là saremo anche noi; la pazienza, inoltre, che non cede allo scoraggiamento e che sa perseverare nella sofferenza; la libertà, infine, di agire con e nello Spirito che consente di muoversi in questo modo anticipando la liberazione totale del futuro. Da capogiro la bellezza della teologia! Carissimi amici, non possiamo custodire gelosamente questo tesoro, dobbiamo invitare tutti a parteciparne, abbiamo il dovere di aiutare il prossimo ad entrare nella speranza certa che non delude. Se qualcuno oggi pensasse che la soluzione dei problemi che ci angustiano fosse celata nei lobi meccanici di un cervello elettronico, nel capitalismo immorale o nel comunismo che calpesta la dignità dell’uomo, nel progresso scientifico irrispettoso dell’anima, nel libertinaggio, vivrebbe nell’illusione e coltiverebbe una speranza già morta e senza futuro. Il Redentore è l’unica salvezza dell’uomo, in Lui riporre la speranza diventa investimento. Non dobbiamo arroccarci in ciò che è vecchio e collaudato, apriamoci sempre alla novità del Vangelo, restando vigilanti per poterla scoprire nella nostra vita.

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