L’AUTUNNO ARABO

Alfonso D’Alessio

Le stagioni sono cambiate, i mutamenti sono repentini, si passa dall’estate all’inverno senza  l’autunno e dall’inverno all’estate senza attraversare la primavera. Tutto ciò nell’ambito meteorologico, ma qualcosa di simile e certamente più preoccupante è avvenuto nel mondo politico internazionale.  Con apprensione, e  carichi di speranze, abbiamo vissuto la “primavera” araba nella quale, oltre all’abbattimento di regimi totalitari pareva vi fosse l’aspirazione di interi popoli alla vita democratica e all’apertura verso culture e costumi diversi dai propri. Insomma un reale cambiamento che lasciava sperare in una fioritura della pace e della concordia tra popoli e religioni. Il risveglio, autunnale dal punto di vista meteorologico e glaciale da quello politico, è stato duro. In questi giorni stiamo assistendo ad una tempesta che attraversa tutto il mondo arabo portando con se una scia di sangue ed integralismo impressionante. Guerra di religione? Conseguenze della blasfemia occidentale? Domande fuorvianti, foriere di uno stucchevole dibattito che sembra tirato fuori ogni volta ad arte per distogliere l’attenzione dai problemi veri. La religione vera, quella vissuta alla ricerca della salvezza dell’anima, non annuncia mai l’uccisione come via di salvezza, e la stessa guerra santa è guerra al peccato. Persino quelli come me, ontologicamente integralista per lo status che vivo, sono estremisti dell’amore, un amore così dilatato e inclusivo da essere obbligatorio persino per quelli che ci trattano da nemici. Illuminanti e ricche di spunti di riflessioni le battute di Benedetto XVI avute con i giornalisti durante il viaggio che l’ha portato in Libano. La primavera araba è “una cosa positiva”, purché sia aperta alla “tolleranza verso l’altro”; il fondamentalismo “è una falsificazione della religione” e il compito della Chiesa e di tutte le religioni è purificarsi da tale tentazione; per portare la pace in Siria è importante fermare l’importazione di armi nel Paese. Vera fine della primavera dunque? O, per esempio, glaciazione indotta per favorire il mercato delle armi? Se avessimo il coraggio di superare il farisaico atteggiamento del politicamente corretto, inteso solo come il non parlare dei reali problemi piuttosto che parlarne con correttezza e rispetto, ci sforzeremmo di leggere il mondo arabo con occhi indigeni. Scopriremmo che il concetto di partecipazione del singolo alla vita pubblica è diverso dal nostro, che l’idea di prossimo e prossimità è distante anni luce dal sentire occidentale, ormai impregnato di relativismo, ma che avverte ancora il profumo delle proprie radici. Paradossalmente la nostra debolezza culturale, il lassismo e l’assenza di ogni forma di rispetto verso il sacro, diventano la forza dei pochi aizzatori di violenza nel mondo arabo. Non è che un maggiore rispetto per Maometto, come verso Gesù Cristo e qualunque altra religione, toglie argomenti al terrorismo più di quanto facciano le armi? Credo proprio di sì, e francamente non sarebbe una cattiva idea, tra l’altro sarebbe prova di buon gusto.

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