U.S.A.: Obama’s night

Aldo Bianchini

SALERNO – Quella di Chicago, dove era installato il quartier generale di Barack Hussein Obama, passerà alla storia come la “notte di Obama”, almeno così titola il New York Times, uno dei più prestigiosi giornali statunitensi. Per un giornalista di provincia è esercizio inutile andare a commentare il discorso del 44° Presidente degli USA, rischierebbe di farsi beffeggiare. Questo compito meglio lasciarlo ai tanti soloni di esperti e di analisti, o presunti tali, che inondano i giornali e le televisioni di tutto il mondo. Meglio commentare da telespettatore per mettere in evidenza le cose che casomai sfuggono all’attenzione di tutti. Ho seguito, facendo zapping,  la lunga non-stop e, in tutta franchezza, devo dire che mi hanno colpito, ed anche commosso, due cose. La prima riguarda il senso della famiglia che un Presidente è quasi costretto ad ostentare in un Paese in cui quel senso è forse del tutto smarrito. Obama che tiene per mano la più piccola delle figlie in un atto di protezione, però abbraccia per prima la più grande come a voler condividere  con lei la magia della vittoria, la moglie che ad ogni suo passo emana sicurezza, decisione e durezza. La dichiarazione d’amore del Presidente verso la moglie avvicina e fa felici gli americani che hanno bisogno di guardare oltre le loro reali capacità relazionali familiari. Tutto in sintonia con un clichè attentamente e sapientemente studiato e portato avanti sotto la severa regia di Michelle. La first lady appare dura ed inflessibile, lo hanno detto anche gli uomini e le donne della Casa Bianca, ma è dura e inflessibile innanzitutto con se stessa, per questo è credibile ed amata, forse anche più del marito presidente. Si muovono sul palco di Chicago come se stessero passeggiando riservatamente nei giardini della dimora presidenziale, poi lasciano da solo Barack dinnanzi all’America ed al Mondo intero, la parte seconda, quella ufficiale e politica, la deve recitare lui, ed è tutto un programma. Obama sa parlare anche con il corpo e lo fa in maniera assolutamente inimitabile. L’altra cosa che mi ha colpito molto è stato il senso di rispetto della privacy che i media hanno nei confronti del loro presidente. Ad un certo punto, sul palco, dinnanzi alla mondovisione Obama ha chiamato tutti i componenti del suo staff per salutarli e ringraziarli uno per uno. Si avvicina ad un uomo di colore, lo abbraccia e mentre fa per allontanarsi ritorna sui suoi passi e incomincia a parlargli nell’orecchio. Probabilmente gli impartisce delle disposizioni dell’ultima ora. Ecco che irrompe la riservatezza della regia televisiva che toglie subito dal primo piano il Presidente e manda in onda un campo largo; nessuno saprà mai cosa ha detto al suo collaboratore; la regia ha impedito la lettura del labbiale. Cosa sana e giusta. Sarebbe accaduta la stessa cosa nel nostro Paese, o anche in Europa ? Non credo proprio. Dalle nostre parti avrebbero sparato su tutti gli schermi televisivi, fino alla noia, quelle immagini dando alle stesse ognuno un’interpretazione diversa. E sarebbe stata la grande disfida tra i vari network per giorni e giorni. Ecco, quella è una democrazia che mi piace perché ha dei limiti giusti e doverosi. Per il resto ho veramente poco altro da dire. Mi ha colpito una cittadina americana che vive a Parigi e che in uno dei tanti collegamenti internazionali a commento della sfilata per Obama con auto e bandiere ha testualmente detto: “Se organizziamo tutto questo qui a Parigi, perché non siamo capaci di farlo in America”. Il distratto cronista non ha sollecitato la risposta. In America un minuto dopo la conclusione della campagna elettorale si ritorna al lavoro e si riconosce nel Presidente, amico o nemico che sia, l’unico punto di riferimento per tutti e per questa ragione non c’è bisogno di auto e di bandiere ma soltanto di fatti concreti.

One thought on “U.S.A.: Obama’s night

  1. Complimenti!!! Evidentemente, fuori dalle beghe salernitane e nazionali, riesci a dare un respiro diverso ai tuoi commenti.

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