SIMONETTA: dall’eccidio alla sceneggiata, da “Fonz ‘a manetta” al pentito Pignataro

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Sull’attentato in cui perse la vita la giovanissima Simonetta Lamberti, figlia dell’allora procuratore della Repubblica di Sala Consilina dott. Alfonso Lamberti (meglio noto con il nomignolo di “Fonz ‘a manetta”), è stato detto e scritto di tutto e di più. La bibliografia, talvolta anche romanzata, non manca; soprattutto quella prodotta incessantemente dal padre Alfonso in questi lunghissimi trentuno anni senza una spiegazione logica e convincente, al di là di quella giudiziaria (la reazione della camorra alle inchieste del procuratore !!) che spesso ha cambiato registro e obiettivo. Adesso irrompe sulla scena Antonio Pignataro, il pentito di turno, che cala l’asso utile per il poker, esattamente quanti presumibilmente fecero parte del commando quel giorno maledetto. “”Io con i killer di Simonetta, chiedo perdono”” – “”Simonetta, sono stato vigliacco”” – “”Chiedo perdono alla famiglia Lamberti””; queste sono alcune delle frasi ad effetto pronunciate in aula dal pentito Pignataro dinanzi al gup Sergio De Luca ed al pm Vincenzo Montemurro la mattina del 9 ottobre 2013. Al pentimento, consentitemelo, io non ci credo; i pentimenti sono sempre un momento di convenienza e di patteggiamento, soprattutto quando arrivano dopo oltre trent’anni e quando i protagonisti sono criminali incalliti e conclamati. Non crederò mai che per un “assassino sanguinario” possa essere sufficiente la visione di un film in cui una bambina fa una fine orribile per metterlo nella condizione di <<non poter più vivere con quel peso sulla coscienza>>, sono solo fantasie ben orchestrate e coordinate con gli altri pentiti Giovanni Gaudio e Angelo Moccia. Non ci credo anche per un altro motivo non meno importante; la gestione dei pentiti da parte della Procura di Salerno non mi ha mai convinto fin dai tempi della tangentopoli. A dirlo non sono io ma le diverse inchieste condotte dalla Procura di Napoli proprio sulla gestione dei pentiti da parte della consorella salernitana tra le più prolifiche produttrici di “pentiti ad orologeria”. Una confessione plateale, seppure molto tardiva, che potrebbe apparire più come un “regalo” alla Procura (che dopo il tonfo sulle indagini per l’assassinio di Angelo Vassallo aveva estrema necessità di un trionfo) che come un successo investigativo vero e proprio. Senza nulla togliere alla caparbietà, alla professionalità ed all’umanità dimostrata da Franco Roberti (ex capo della Procura), Vincenzo Montemurro (pm) e dallo stesso gup Sergio De Luca come giustamente dice Serena “Simonetta” Lamberti la cui nascita, un anno dopo la tragedia, non servì a restituire la necessaria serenità ad una famiglia letteralmente sconvolta e sconquassata da quel terribile evento. Ma come si fa a credere ad un pentito che dopo 31 anni dice di <<non sapere che in auto c’era la bimba>> dopo che il commando aveva seguito per diversi chilometri (da Vietri a Cava) l’auto del procuratore ed aver avuto la possibilità di osservare a lungo le persone e i movimenti all’interno dell’autovettura che viaggiava, quasi ignara, lungo la dorsale che collega Vietri sul Mare a Cava de’ Tirreni. Se solo per un istante ammettiamo che un killer (e in questo caso erano in quattro) possa arrivare e sparare senza minimamente preoccuparsi del “contesto ambientale” in cui deve operare, ancor prima che l’auto potesse mettersi in marcia dal lido per ritornare a casa, beh!! allora è meglio parlare di altro ed io, come gli inquirenti, dovremmo cambiare rapidamente mestiere. Ma al di là di tutto questo, su cui sarebbe doveroso continuare ad indagare, rimane immutabile come scolpita sulla pietra del tempo la figura del procuratore Alfonso Lamberti che nel nome e nel ricordo della figlioletta perduta per sempre ha brutalmente stravolto la sua vita umana e professionale nella disperata ricerca degli assassini e dei mandanti; e lo ha fatto da quel tremendo pomeriggio del 29 maggio 1982 per tutti questi interminabili trentuno anni, fino ad oggi, fino al momento della scelta di non essere presente in aula, fino al punto di non voler guardare negli occhi uno dei presunti killer che ha chiuso per sempre gli occhi della “sua Simonetta” ed ha distrutto la sua vita e la sua famiglia. Per quanto mi riguarda, il professore Alfonso Lamberti, è stato uomo anche in questo, soprattutto in questo. Probabilmente è stato così forte da giudicare debolissime le sue capacità di non reagire, anche fisicamente, di fronte ad un killer che potrebbe dimostrarsi anche spergiuro per chissà quali recondite motivazioni. Ma nessuno, purtroppo, ha parlato dell’uomo Alfonso Lamberti e del dramma che è stato costretto a vivere minuto dopo minuto, giorno dopo giorno, da quel lontano primo assolato pomeriggio di primavera inoltrata. Non so se un giorno “il professore” deciderà di scrivere la verità, quella vera, quella che soltanto lui conosce e che potrebbe coinvolgere tutti; se lo farà darà, probabilmente, a Simonetta la pace eterna che aspetta silenziosamente nella tomba da oltre trent’anni. Mi piace chiudere questo articolo con la riproposizione del commento, postato dalla sig.ra Angela Procaccini (adorata mamma di Simonetta) in calce ad un mio articolo del 29 maggio 2013: <<31 anni fa la nostra vita, come famiglia, ha cessato di esistere. Da allora mai più niente come prima. Dolore, rimpianti, ricordi, amarezza e soprattutto solitudine… La morte di un figlio è qualcosa di tremendo che anche il linguaggio rifiuta. Perché non c’è un termine che dica di un genitore privato del proprio figlio, come invece c’è per un figlio privato del genitore. E’ contro natura, soprattutto quando la propria creatura viene stroncata spietatamente. Ma è qualcosa di ancora più tremendo quando il dolore devi viverlo da sola, madre “sfigliata” che non sa a chi ancorarsi. Ma bisogna continuare, perché la vita per te non si ferma, perché ci sono gli altri figli, disorientati più che mai, perché bisogna lavorare, perché hai una dignità da salvaguardare…E così passano gli anni. Ormai sono 31. Ma sembra sempre ieri ed il dolore rimane intatto, nel fondo del tuo cuore e della tua mente. E sempre il mese di maggio, con i fiori e il sole, porta con sé l’immagine di una bimba simile a fiori d’oro viva solo nel ricordo di chi l’amava>>.

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