Accordo Hamas-Fatah: segno di riconciliazione, segno di cambiamento.


Maria Chiara Rizzo
La vita politica della Palestina potrebbe essere arrivata a una svolta e così quella dei suoi abitanti, marcata fino ad oggi da profonde divisioni, spesso combattute a colpi di armi da fuoco, per l’appartenenza alle due fazioni politiche, Hamas e Fatah, che, dopo sette anni di gelo, solodue giorni fa hanno siglato un accordo di riconciliazione. Da un lato Hamas dai connotati più radicali, se non altro riconosciuta dagli Usa e dall’Europa come organizzazione terroristica, e dall’altro Fatah, dai toni più moderati, dovranno trovare un punto di incontro, mitigando i rispettivi caratteri più estremi alla ricerca di un equilibrio capace di dar luogo a una leadership forte e decisa con una strategia solida davanti all’impasse dei negoziati di pace. Ma prima di compiere questo passo sarà necessario formulare una “dottrina” forte e condivisa. Imprescindibile sarà il ruolo di chi terrà tra le mani l’ago della bilancia e perché no il ruolo di chi prenderà il posto di Abu Mazen, il cui destino in qualità di presidente sembra essere segnato in virtù del nuovo accordo.
Non meno importante e per questo da non trascurare il fatto che le unioni e i dissapori interni dello stato palestinese si ripercuotono inevitabilmente oltre i confini. Ciò significa che il primo a manifestare una reazione è Israele che, ovviamente, non ha tardato a rendere manifesto il suo disappunto. Insomma, se Fatah, interlocutore nel processo di pace, diventa un tutt’uno con Hamas, terrorista per lo stato ebraico, Israele si troverebbe davanti a una formazione “ibrida” e per una parte della sua natura inaccettabile e irriconoscibile come rappresentante legittimo della controparte palestinese che costituirebbe motivo di rottura. Questo è il sunto delle considerazioni espresse da Netanyahou che, se mai avesse avuto intenzione di avanzare i lavori dei negoziati – sebbene non avesse mai dato questa impressione- ora si trova ad arretrare le sue posizioni e a fronteggiare una situazione di stallo a causa dell’accordo tra Fatah e “il terrorista”. Sembrerebbe quasi che Netanyaho avesse colto la palla al balzo perché un concreto negoziato non avanza con l’incessante costruzione di insediamenti su terreni considerati finanche dalla comunità internazionale territori di proprietà palestinese.

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