San Cipriano Picentino: la riapertura dell’antica Chiesa Madre, tra fede e tradizione

 

Giovanna Naddeo

“ Picentia era una volta la città principale dei Piceni, ma oggi essi vivono sparsi in borgate, cacciati dai Romani per aver fatto causa comune con Annibale.”  (Strabone, Geografia, libro V)

Ogni angolo, ogni via campestre di San Cipriano mi stanno vivi innanzi.”

(Benedetto Croce, lettera al Sindaco di San Cipriano Picentino)

Un’immensa gioia anima i cuori degli abitanti di San Cipriano Picentino e del loro parroco, Don Alvaro Naddeo: quasi fosse una gestazione, dopo nove mesi esatti finalmente ieri, lunedì 28 aprile, sono state riaperte le porte dell’antichissima Chiesa Madre di San Cipriano V.M.

Tutta la comunità riunita ha festeggiato insieme la rinascita della loro Chiesa, da sempre il più grande centro religioso della zona, ricco di storia e d’arte, che gli stessi fedeli hanno tenacemente ed economicamente sostenuto per donarle l’antico lustro e splendore.

La funzione religiosa  è stata officiata dall’Arcivescovo Metropolita di Salerno, Mons. Luigi Moretti, e concelebrata da numerosi parroci provenienti da parrocchie limitrofe. Presenti anche le Autorità e le Forze dell’ordine locali per render omaggio a questa straordinaria basilica, vera perla di storia locale.

La prima notizia dell’esistenza di questa Chiesa dedicata al Vescovo e Martire cartaginese risale alla prima metà dell’XI secolo. Essa, infatti, collocata nell’antico insediamento romano di “Venere”, fu costruita sui resti di un’antica villa romana di età imperiale, di cui furono riutilizzati i numerosi lapidei. Dalla Platea scritta nel 1703 da Don Lorenzo Sabbàto sappiamo che “ l’impianto basilicale presentava tre navate terminanti con tre absidi semicircolari, divise rispettivamente da un filare di sei colonne marmoree e capitelli di spoglio.”

Le indagini archeologiche, condotte all’altezza del Presbiterio in occasione della ristrutturazione dopo il terremoto dell’Ottanta, hanno riportato alla luce i ruderi di questa struttura primordiale che ancora oggi i fedeli possono apprezzare grazie alle vetrate poste sul pavimento di fronte all’altare.

Nel corso dei secoli, grazie alle elargizioni delle nobili famiglie locali, l’Ecclesia Sancti Cipriani fu abbellita con dipinti e suppellettili di pregio, alcuni dei quali andati perduti in seguito alle numerose ricostruzioni a causa dell’assenza di fondamenta solide e di diverse scosse sismiche. E’ nel 1754 che la Chiesa assunse l’aspetto attuale: una sola navata con cappelle laterali, finto transetto con due cappelloni e il grande abside semicircolare che accoglie la statua del Santo Patrono. All’interno della Chiesa è ancor oggi possibile ammirare diverse tele dipinte da Michele Ricciardi, pittore del Settecento salernitano. Degna di nota è anche la cappella dedicata all’Esaltazione della Santa Croce in cui è conservato l’antico reliquiario in oro zecchino contenente un frammento della Santa Croce, reliquie del luogo della Passione e una copia di un’antica tela di Polidoro da Caravaggio. Chiude la cappella una balaustra in marmo bianco di Carrara e ferro battuto, opera di artigiani locali.

Ma non sono finiti qui i tesori di questa Chiesa: nella prima cappella, sulla destra, è possibile ammirare la prima copia degli avori del Museo Diocesano raffiguranti episodi dell’Antico Testamento.

Numerosi i lavori resisi necessari per rimettere in sesto la Chiesa: con il contributo erogato dalla Diocesi grazie all’8XMILLE dei fedeli è stato possibile il consolidamento strutturale della cupola. Per il resto, tutti gli altri lavori sono stati compiuti grazie soltanto alle offerte dei fedeli: dalla ristrutturazione delle cappelle laterali alla sistemazione del Battistero, dalla cantoria all’integrazione dell’impianto elettrico, dalla pitturazione al restauro delle antiche tele.

Don Alvaro Naddeo ha ringraziato le numerose famiglie che, in forma anonima o pubblica, hanno elargito offerte per la ristrutturazione e soprattutto i tanti anziani che “ in questi mesi, appena ritiravano la pensione, subito correvano in Chiesa a donare quel poco che avevano”. Ha ringraziato tutti il parroco, ma ha comunque ricordato ai suoi fedeli che tanto ancora c’è da fare ed è per questo che occorre un impegno sempre maggiore per valorizzare questo gioiello che la storia ha donato loro.

Infatti è in corso d’opera la realizzazione di un entusiasmante progetto per la diffusione della conoscenza della storia di questa Chiesa e dei tesori preziosi che essa accoglie, sensibilizzando il turismo anche nelle aree montanari del salernitano.

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