Una cultura non mafiosa

 Barbara Filippone

PALERMO – “La Settimana delle culture – ha dichiarato il Sindaco Leoluca Orlando – grazie allo straordinario impegno del Comitato promotore presieduto da Gabriella Renier Filippone e al coinvolgimento delle istituzioni culturali pubbliche e private di Palermo, costituisce conferma del risveglio civico e culturale della nostra Città. Un grande ringraziamento ed apprezzamento – ha concluso Orlando  – va anche ai tanti dipendenti e dirigenti comunali che hanno collaborato e reso possibile questa importante manifestazione.”

Dovessimo fare un resoconto di tutti gli appuntamenti e di tutti gli eventi organizzati in questa settimana che è andata in scena dal 3 al 9 di novembre a Palermo, non  servirebbe un solo articolo. Sicuramente la settimana delle culture ha schiodato tanti giovani dai loro pc che hanno partecipato alla grande a questi eventi: sette giorni in cui la fotografia, il teatro, le passeggiate storiche, mostre e arte sono state protagoniste in una città dove la cultura stenta sempre a venir fuori. Si fatica perché un evento culturale abbia successo, troppa, tanta gente che non risponde e che è sempre più chiusa in un’ignoranza che fa paura. Una volta lessi una frase di Gandhi che mi colpì: “Non è la letteratura né il vasto sapere che fa l’uomo, ma la sua educazione alla vita reale. Che importanza avrebbe che noi fossimo arche di scienza, se poi non sapessimo vivere in fraternità con il nostro prossimo?” E per una strana ragione pensai che questo aforisma si adattasse bene alla mia città; non pensai a nessuno in particolare ma alla mia città, alla sua inciviltà che regna sovrana, a quell’atteggiamento mafioso che pervade in ogni cosa che il palermitano fa. Brutto da pensare, ma la realtà è questa… per cui quando in città ci sono eventi di questo genere spero sempre che qualcosa possa smuovere le coscienze di questi individui… speranza vana perché chi solo  già è coinvolto nei progetti sa a chi rivolgersi e sa quale pubblico risponderà. L’idea della settimana delle culture dovrebbe, per quanto impegnativa, rivolgersi verso quei quartieri dimenticati da Dio, facendo un tipo di promozione diversa che non si limitasse ai canali soliti, giornali, tv… ma credo che dovrebbe essere fatta in modo da avvicinarsi a questi quartieri, anche con la promozione davanti le scuole, attraverso le associazioni… qualcosa che coinvolgesse in un modo diverso queste persone riluttanti alla cultura…

Un passo quest’anno è stato fatto in questa seconda edizione: “Adotta una scuola” grazie alla quale associazioni, imprese, banche e altri enti privati hanno adottato una scuola pubblica di Palermo. L’adozione ha comportato che per gli studenti delle scuole “adottate” è stato possibile frequentare stage, accedere a borse di studio, dar vita a scambi e partecipare a incontri formativi messi a disposizione dai privati che aderiranno a questa rete virtuosa. La voglia da parte di molti cittadini si era intravista nell’anteprima di questa seconda edizione della settimana della cultura che si era svolta dal 23 al 31 maggio, periodo scelto volutamente  innanzi tutto per partecipare al ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, motivo per il quale la data d’avvio scelta ha coinciso con il XXII anniversario della strage di Capaci e via D’Amelio; già in questa anteprima c’è stato un segnale di una Palermo che vuole svegliarsi da questa sorta di apatia culturale…15.000 persone hanno espresso la curiosità alla cultura. Per questa seconda edizione si aspettano i numeri che secondo gli addetti ai lavori non dovrebbero deludere. L’evento che ha significato tanto è stata la rappresentazione teatrale l’8 novembre  “Giacere sul fondo”, ispirato a “Se questo è un uomo” di Primo Levi, da uno studio sulla deportazione dei siciliani nei campi di concentramento. Progetto e regia sono di Paola Roccoli. “Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.” Il messaggio è forte: dipende da noi, tutto da noi, imparare e fare tesoro di una cultura che ci costringa a fare una vita armoniosa con gli altri, sotterrando nel nostro caso, quella sicilianità che si avvicina alla mafiosità; l’omertà non fa crescere ma ci rende incivili. Che ben vengano queste settimane della cultura.

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