PADULA – Ad appena trent’anni dalla morte il ricordo di Enrico Quaranta (prestigioso parlamentare valdianese degli anni 60 e 70) sembra svanito. Almeno questa è stata la mia impressione a conclusione dell’incontro svoltosi nell’aula consiliare del Comune di Padula nel corso del pomeriggio di domenica 14 dicembre scorso (foto tratte da Ondanews.it). Eppure il banco dei relatori era tutt’altro che scadente potendo contare sulla presenza di alcuni parlamentari protagonisti del glorioso passato del PSI di Bettino Craxi; da Roma erano addirittura arrivati Luigi Covatta (giornalista e più volte parlamentare e sottosegretario di stato), Gennaro Acquaviva (giornalista e più volte senatore della repubblica), Carmelo Conte (avvocato, più volte parlamentare, ministro delle aree urbane dal 1987 al 1992), Michela Rostan (nata a Polla, parlamentare PD dal 2013 e componente di varie commissioni). Presenti anche i sindaci di Padula e di San Pietro al Tanagro. Forse, anzi sicuramente a causa dell’assenza forzata dell’influenzato presidente del Circolo Carlo Alberto 1886, Felice Tierno, l’incontro (a mio sindacabile giudizio !!) non ha avuto il successo di pubblico ed anche di contenuti che meritava e che, sicuramente, meritavano i due illustri ospiti romani giunti appositamente nella cittadina della Certosa ed accolti (sempre a mio autonomo e indipendente giudizio) male, ovvero senza quel cortese e sincero momento di “sensibile ospitalità” che ai due personaggi era dovuto. Ospiti ripartiti quasi alla chetichella e lasciati soli in una piazza sconosciuta, fredda e poco accogliente. Probabilmente i tempi sono cambiati, probabilmente anche io appartengo al passato come gli ospiti, probabilmente oggi si fa così; ma ai miei tempi gli ospiti illustri si accoglievano e si scortavano in ben altro modo, e certamente l’attento Felice Tierno avrebbe seguito le tradizioni del passato. Basta pensare al sen. Gennaro Acquaviva che per decenni è stato il cosiddetto “cervello pensante” della segreteria nazionale del partito di Craxi, e lo dico senza voler aprire forzatamente il libro dei ricordi. Per carità Covatta e Acquaviva possono anche essere stati rottamati e possono rappresentare, come rappresentano, il passato; ma sono comunque lo specchio di un passato illustre da cui prendere, se non esempio, almeno importanti lezioni; un passato nel quale molti hanno sguazzato e dal quale buona parte dei presenti in sala ha ricevuto favori e incarichi. Ma la vita va così e bisogna adeguarsi, costi quel che costi. Ma per ritornare all’argomento principale dell’incontro “Enrico Quaranta, un protagonista trent’anni dopo” ribadisco che di quel gigantesco personaggio politico degli anni 60 e 70 è emerso un ricordo alquanto sbiadito in quanto sul passato ha prevalso la discussione dell’attualità del momento politico nazionale e locale. Faccio mia una bella espressione di Luigi Covatta: “Quaranta ha avuto la fortuna di non vedere la fine del PSI e quella della Prima Repubblica”, ed a questa espressione carica di contenuti umani e politici io mi sento di aggiungere che davvero Enrico Quaranta è stato fortunato non solo nel non vedere la fine del PSI e della I Repubblica ma è stato in un certo senso graziato ed esonerato dall’assistere in prima persona a quella che verosimilmente sarebbe stata la sua fine politica già strategicamente pianificata dal PSI di Carmelo Conte sul piano locale, regionale e nazionale. Proprio in quei primi anni 80 si faceva largo, anche con spallate decise, per la conquista totale del territorio la politica del famoso “laboratorio laico e di sinistra” che sarebbe letteralmente esploso nel ‘90 con la conquista del 33% dei consensi facendo di Salerno la città più socialista d’Italia. In quei primi anni ’80 il compianto Enrico Quaranta poteva soltanto registrare che tutti i suoi “grandi amici e grandi elettori” uno dopo l’altro praticavano il “salto della quaglia”, nel più classico degli esempi di “voltagabbanismo italico” passando dai quarantini ai contiani. Finanche Vincenzo Giordano (uomo ovunque di Enrico Quaranta) fu protagonista di una svolta storica assicurando prima la coesione del partito sedendosi sulla poltrona di “segretario provinciale unitario del PSI” per consegnarlo poi nelle mani di Conte in cambio (il termine non è quello più giusto, ma è l’unico possibile !!) della sedia ambitissima di sindaco di Salerno. Enrico Quaranta, esperto protagonista di tantissime e cruente battaglie contro Luigi Angrisani, Lucio Mariano Brandi, Aniello Giuliano e Domenico Pica, capì di aver perso la battaglia con Conte e di non avere più il controllo della situazione, più per intuito che per una visione corretta degli avvenimenti che incominciavano a sfuggirgli, e cercò se non di andare a Canossa almeno di patteggiare la resa con il suo grande e ormai incontenibile avversario; e i due (come raccontato dallo stesso Carmelo Conte) si incontrarono riservatamente in campo neutro e in quella sede Conte concesse a Quaranta l’onore delle armi promettendogli che avrebbe gestito tutto tranne il Vallo di Diano. E forse mai promessa fu più disattesa !! Enrizo Quaranta era stato un egocentrico gestore del potere per il potere (anche se per il bene comune !!) ma nel momento di difficoltà si ritrovò solo, lontano dai centri nevralgici del potere, fuori dalla cosiddetta “stanza dei bottoni”; forse avrebbe rischiato la stessa fine del ministro Bernardo D’Arezzo che, grazie ad un accordo trasversale tra Paolo Del Mese e Carmelo Conte, fu relegato ad una candidatura nel collegio senatoriale di Eboli e scaraventato fuori dal Parlamento. Carmelo Conte, invece, aveva cominciato a costruire intorno a se una rete fittissima di fedelissimi personaggi, alcuni dei quali furono premiati con l’ingresso in Parlamento come Enzo Mattina, Antonio La Gloria, Antonio Innamorato, Umberto Del Basso De Caro, Gaetano Fasolino e Francesco Curci (solo per citarne alcuni !!) e con il loro consenso scalò tutte le tappe del successo fino allo scranno di ministro. Ecco se non si dicono anche queste cose non si racconta e non si ricorda il personaggio politico e l’uomo Enrico Quaranta nella sua interezza perché bisogna partire dalla fine per avere il quadro preciso dei venticinque anni in cui l’uomo di San Pietro al Tanagro dominò la scena politica in lungo e in largo, fino al punto di convincere l’inarrivabile Bettino Craxi a celebrare una direzione del partito dell’81 nella Certosa di San Lorenzo che forse proprio da quel momento ricevette la spinta per la sua parziale rinascita. Per tutte queste ragioni sostengo e ribadisco che dall’incontro di Padula è emerso un ricordo sbiadito di Quaranta; difatti tra gli ospiti presenti l’unico personaggio in grado di sciorinare le qualità umane e politiche del compianto Enrico era soltanto Carmelo Conte il quale essendo stato un protagonista-antagonista non aveva, come non ha, alcun interesse a svelare tutti quei momenti che devono ancora essere custoditi nel libro dei segreti prima di passare in quello della storia.
direttore: Aldo Bianchini