Banca Campania Centro: la cassa rurale e artigiana dieci anni dopo la grande crisi americana

 

 

 

 

 

 

Maddalena Mascolo

BATTIPAGLIA – Quando si parla della Banca Campania Centro, denominazione nata nel 2018, bisogna farlo sempre con una certa cautela e con un senso di rispetto verso l’azione sociale-finanziaria che ha svolto nel centro della Campania, in una zona difficile e martoriata, per contribuire allo sviluppo in primo luogo di una città appena nata “Battipaglia” e in secondo luogo di tutto il territorio circostante “La piana del Sele” , tenendo a bada le pressioni territoriali non molto chiare e legali arrivando anche a superare in bellezza la famosa o famigerata sommossa popolare che da quel lontano 9 aprile 1969 è passata alla storia come “La rivolta di Battipaglia” che registrò anche due morti; una rivolta dovuta a molteplici fattori, non ultimi quelli legati all’economia di prossimità, cioè a quel modo di fare banca locale che ha sempre contraddistinto l’azione della BCC in questione.

            Per tutta quella zona la Banca Campania Centro, che allora si chiamava Cassa Rurale e Artigiana, rappresentò un punto di riferimento che quasi come una mamma riusciva a curare e lenire le ferite che quegli anni turbolenti avevano seminato in tutti gli strati sociali, compreso quelli dei piccoli e medi imprenditori; mamma perché era nata ancor prima di Battipaglia essendo venuta alla luce nel 1914, con la denominazione di Cassa Agraria di Prestiti di Battipaglia, per avere la possibilità di assistere alla nascita e contribuire alla crescita della cosiddetta “Città del regime” (Battipaglia venne alla luce nel 1929 in pieno ventennio fascista); e da sempre la Banca Campania Centro (nata come Cassa Rurale e Artigiana e passata poi a Fondazione Cassa Rurale) ha raccolto e fatto crescere quello che era lo spirito di quei 42 agricoltori, pionieri della cooperazione nell’ottica della “banca di comunità”, cioè al servizio completo delle aspettative della comunità in cui era nata e prosperata. E questo anche per allontanarsi dallo spirito della legge istitutiva (dell’800) delle “Banche di Credito Cooperativo –BCC” che era stata emanata proprio per favorire lo sviluppo delle comunità medio-basse anche al fine di contrastare l’accentramento di capitali in poche mani pigliatutto delle classi sovrane dell’epoca.

            Addirittura la Banca Campania Centro non si lasciò spaventare neppure dall’irruenza della “grande industrializzazione forzata” della piana di Battipaglia, voluta dalla politica e miseramente fallita dopo alcuni anni e dopo aver distorto la “mission lavorativa” di quelle popolazioni che era a sfondo agricolo. E le conseguenze si scontano ancora oggi.

            Poi, proprio nel momento di maggiore sviluppo, arrivò il crack di Lehman Brothers, la banca americana che fallì di colpo mandando in frantumi l’intera economia mondiale che si è difesa (forse stoltamente !!) con un irrigidimento delle posizioni e con un ritorno al passato nella ricerca affannosa di una nuova concentrazione dei capitali, anche se questa volta sono scese in campo le grandi associazioni dei cosiddetti Gruppi Bancari Cooperativi che, comunque, senza alcun contributo pubblico ha risolto situazioni di criticità e difeso l’occupazione e, forse, anche l’autonomia delle primarie BCC; ma su questo ultimo aspetto ci sarà tanto ancora da scrivere e da discutere, anche perché la riforma bancaria, come tante altre riforme italiane, non è ancora conclusa e bisognerà aspettare la parola fine per capire quali saranno in futuro le “vie del credito”.

            La Banca Campana Centro di Battipaglia, pur prendendo parte ad uno dei due grandi raggruppamenti nazionali che stanno assorbendo e inglobando il fenomeno delle “BCC” per cambiarne il destino senza intaccare, si spera, la mission originale di quel sistema che, seppure ottocentesco, ha funzionato benissimo almeno fino al 2008, cioè fino al momento del fallimento della finanza mondiale con la Lehman Brothers.

            Quando si parla di queste banche di prossimità bisogna sempre ricordare che esse sono state le prime rotelle di quel macro-meccanismo che ha garantito, nei decenni, la buona tenuta di tanti sistemi economici rendendo possibile anche il salvataggio dei cosiddetti “soggetti resilienti”. E proprio in quest’ultima operazione la Banca Campania Centro si è sempre distinta riuscendo ad individuare anzitempo i soggetti a rischio per dare loro il giusto sostentamento al fine di evitare la crisi di un singolo che deflagrando poteva mettere a rischio l’intero sistema.

            A distanza di dieci anni da quel tragico momento che ha spazzato via anche interi “sistemi politici” oltre che finanziari il nostro Paese è corso ai ripari ed ha invertito la rotta, come scritto poc’anzi, andando verso una possibile concentrazione di capitali non tenendo conto a mio avviso del fatto che negli USA è stata proprio la concentrazione a far fallire il sistema;  è vero che da noi non c’è una concentrazione assoluta e i gruppi sono almeno due oltre le banche centrali, ma il rischio è notevole.

            Su questo si sta ragionando prima di scrivere la parola fine sulla riforma bancaria italiana; ed a questo discorso la Banca Campania Centro sta dando un contributo notevole attraverso la professionalità di tutte le sue maestranze; non a caso il presidente di Federcasse, Augusto dell’Erba, ha recentemente dichiarato che: “Reinvestendo sul territorio il risparmio che in quel territorio si origina cioè continuando a ‘fare banca’ con l’obiettivo di creare benessere diffuso, le BCC hanno continuato a sostenere l’economia reale svolgendo un riconosciuto ruolo anticiclico. E le quote di mercato sono cresciute arrivando al 22% del totale dei crediti erogati alla piccole imprese della manifattura e dell’artigianato, al 20% per le imprese dell’alloggio e ristorazione (turismo), al 19,6 per quelle del settore agricolo ed agroalimentare, al 14% per le imprese del terzo settore.
E’ arrivato il momento che si apra un dibattito ai più alti livelli sull’attualità e sulla efficacia del modello di banca cooperativa e mutualistica. Multidimensionale per definizione e che pertanto ha bisogno di un approccio che ne sappia distinguere le specificità normative ed organizzative e, soprattutto, ne possa misurare l’efficacia rispetto ad una missione differente
”.

            La dichiarazione di Dell’Erba, per quanto mi riguarda, suona come un vero e proprio grido dall’arme e contiene, pur nella sua complessa brevità, tutta l’essenza del discorso contenuto in questo articolo di approfondimento; ovvero bisognerà, a tutti i costi, conservare e preservare quella “mission” iniziale del “creare benessere diffuso” che era presente nello spirito della stessa legge istitutiva dell’800.

            I 105 anni di storia di quella che fu la Cassa Agraria di Prestiti di Battipaglia sono la garanzia assoluta di passaggi studiati, meditati ed estremamente curati dal punto di vista economico finanziario; un settore nel quale i suoi Organi Istituzionali (dal presidente del Consiglio di Amministrazione Silvio Petrone, dai Consiglieri, dal Collegio Sindacale per finire al direttore generale Fausto Salvati) hanno dimostrato di sapersi destreggiare alla grande tenendo ben saldo il timone sulla rotta del “benessere diffuso” che è la sola garanzia di sopravvivenza di un sistema che, per certi versi, è invidiato da molti Paesi stranieri per la sua capacità di districarsi nell’oceano della globalizzazione.

            Come finirà ? Difficile rispondere; di certo e sicuramente va detto che le banche di prossimità non hanno provocato la crisi, semmai ne hanno subito alcuni effetti negativi, dimostrando in questi ultimi dieci anni di essere più resiliente degli stessi resilienti nella tenuta di un efficiente sistema economico. E la Banca Campania Centro è in prima fila.

 

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