Prescrizione, Mascherin: “Adesso il tavolo con avvocati e magistrati”

 

Di Cecchino Cacciatore (avvocato)

ROMA – “Al di là dell’esatto contenuto dell’accordo politico raggiunto in tema di prescrizione, pare comunque di capire che sia stata sposata la necessità di evitare che i processi durino all’infinito”, dichiara il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin, davanti all’esito dell’accordo di maggioranza raggiunto questa mattina.

“Se così è, e senza entrare nella valutazione della tecnica legislativa che verrà utilizzata e neppure in quella della tecnica comunicativa delle due diverse forze di governo, si deve ora partire con il lavoro di studio e preparazione di una riforma del processo penale all’altezza di uno Stato a civiltà avanzata. Al tavolo, come già da me richiesto al ministro della giustizia, dovranno all’evidenza partecipare avvocati e magistrati”.

Il processo: quanto alle linee della riforma, sul processo penale va da subito fatta una considerazione, e cioè che lo stesso deve recuperare al proprio centro la figura dell’imputato. E’ questo il punto di partenza fondamentale. Il processo penale non ha funzioni civilistico/risarcitorie (se non in via subordinata), né tantomeno può essere considerato strumento di politica criminale, serve a verificare se una persona sia o meno responsabile e se vada conseguentemente punita oppure no. L’accertamento di questa responsabilità si delinea in tutta la sua delicatezza se pensiamo che tra le sanzioni vi può essere quella della privazione della libertà personale, da qui la necessità che si tratti di procedimento a garanzia dell’imputato e non di altro, e che si fondi sulla presunzione di non colpevolezza.

Magistratura: La magistratura italiana è un Potere dotato di grande forza, è autonoma da qualsiasi altro potere, è dotata di auto governo, non è soggetta alla volontà popolare. In altri sistemi o vi è il controllo del governo o del parlamento, o è elettiva o è il popolo stesso giudice (giurie popolari). Attribuire alla stessa l’ulteriore oggettivo potere di tenere un soggetto sotto processo per un tempo indeterminato, metterebbe a rischio l’equilibrio necessario tra poteri dello Stato, specie in una fase in cui il giudice è sempre più spesso, e suo malgrado, “creatore di norme”. Va detto con chiarezza che l’avvocatura è la prima a sostenere la piena autonomia e indipendenza della magistratura, indice di un corretto sistema democratico, ma va anche considerata la necessità di costruire precisi e importanti riequilibri a detto potere.

Riequilibrio: il riequilibrio deve avvenire attraverso la costruzione di non rinunciabili, neppure in parte, garanzie difensive in capo all’indagato/imputato, che non deve passare attraverso un controllo in mano alla politica e neppure al popolo, ma attraverso un equilibratore meramente tecnico, e cioè l’avvocato come garante della attuazione dell’art. 24 della Costituzione.

Cause e investimenti necessari: prima di giungere dunque ad un nuovo intervento sulla prescrizione, dobbiamo garantire la ragionevole durata del processo, innanzitutto all’imputato, senza esporre tale durata a inevitabili dilatazioni.

Vanno dunque individuate le cause degli attuali, già lunghi, tempi processuali.

Sappiamo tutti come nulla c’entri l’attività difensiva, che in alcuna maniera, né nelle fasi delle indagini, né in quelle del processo è in grado di allungare i tempi. Nelle fasi di indagini la presenza della difesa è assai limitata, e pur tuttavia il 70% delle prescrizioni matura in tale fase, in sede processuale le prescrizioni maturano a causa di problemi di notifiche, di cambi di giudicante, di assenza di testimoni, ecc…, nulla incidendo eventuali rinvii determinati dal difensore o dall’imputato, che notoriamente non fanno correre i tempi prescrizionali.

Soprattutto però la causa non discutibile è data dalla mancanza di organico di magistrasti, di personale amministrativo, di edilizia giudiziaria adeguata, di strumenti informatici, di materiale, anche il meno sofisticato come la carta per fotocopie: in poche parole la causa principale è la mancanza di investimenti. Prima di toccare la prescrizione quindi bisogna investire e verificare gli effetti degli investimenti.

Interventi procedurali: non basta, bisogna tutelare gli equilibri di cui sopra, quindi pensare a termini perentori in capo al magistrato nelle varie fasi del procedimento con la fissazione di termini e decadenze processuali radicali (ma servono appunto investimenti per dar modo al magistrato di operare in maniera efficiente), alla non impugnabilità delle sentenze di assoluzione da parte del PM, a importanti benefici processuali in sede di riti alternativi (invece si sta intervenendo in direzione contraria sul rito abbreviato), alla obbligatorietà o meno della azione penale, al rafforzamento dei poteri della difesa in tutte le fasi del procedimento, (e innanzitutto della indipendenza della avvocatura in Costituzione).

Metodo: intervenire sul processo penale è attività delicatissima in quanto incide direttamente sulla concezione dello Stato di diritto e sulla attuazione dello stesso come sviluppatosi in secoli di evoluzione giuridica, che non di rado ha visto anche il sacrificio di vite umane. Bisogna dunque eventualmente farlo con una visione generale e di sistema: ordinamentale, costituzionale, sovranazionale; siamo all’evidenza in un ambito di grande complessità tecnico giuridica.

Allora modifiche al sistema vanno, nel caso, apportate nelle forme e nei tempi necessari, come si trattasse di una operazione a cuore aperto di grande difficoltà, se servono strumenti aggiornati bisogna disporre di tali strumenti, se servono 16 ore di operazione, bisogna impiegare 16 ore, diversamente si potrà anche intervenire in 6 ore, ma non si salverà, anzi si ucciderà il paziente.

In conclusione, operati dapprima gli interventi di cui sopra (compresi gli investimenti) bisognerà raggiungere il risultato di abbreviare di regola i tempi del procedimento/processo, e solo allora si potrà intervenire, all’interno della più ampia riforma, sulla prescrizione, che a quel punto avrà visto affievolito il proprio compito di strumento teso a evitare il “sequestro” della onorabilità, e non solo, della persona per un tempo non solo indeterminato, ma anche lasciato all’arbitrio dello Stato.

 

 

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