Scuola, applicazioni pratiche di un sistema che non esiste.

di Giuseppe Lamberti

 

dr. Giuseppe Lamberti

SALERNO – <<La scuola è aperta a tutti>>. Così, in apertura, cita l’art. 34 della Costituzione Italiana, andando ad individuare nell’istruzione, uno dei diritti inalienabili che, lo Stato e tutte le Istituzioni pubbliche, hanno il dovere civico e morale di garantire ai propri cittadini. Ma i padri fondatori della nostra Costituzione, mai avrebbero potuto prevedere l’evoluzione della società e tantomeno le criticità che si sarebbero potute verificare in caso di emergenze pandemiche simili a quella che oggigiorno sta attraversando il mondo e mettendo in ginocchio l’Italia. Nella società della conoscenza, caratterizzata dalla crescita frenetica della tecnologia e della digitalizzazione, criticità e soluzioni sono da ricercare negli attori principali delle Istituzioni, che a vario livello, non hanno saputo o voluto cogliere i cambiamenti richiesti dai nuovi modelli sociali. Una società con molte soluzioni e con poche applicazioni pratiche, questa che oggi si ritrova priva di <<scuole aperte a tutti>> , con criticità facilmente rilevabili che non consentono un diritto allo studio fruibile a tutti, e altresì labile dal punto di vista didattico, andando a minare ciò che invece, l’equità dovrebbe garantire. Eppure, bastava mettere “a sistema” una serie di pratiche inclusive per far sì che tutti, nessuno escluso, trovassero un’istruzione “smart”: un accesso ad internet per tutti gli studenti, tecnologie integrabili con qualsiasi dispositivo e applicazioni per facilitare la didattica. Ma queste, sono solo alcune delle azioni da poter mettere in campo. Didattica a distanza, quindi, che dovrebbe condurre non solo a metodologie “inclusive”, ma sviluppare altresì il concetto di “competenze”, come sottolineato nelle sue pubblicazioni, dalla dott.ssa Franca Da Re, pedagogista di fama nazionale e internazionale. La realtà, quella vera, quella a cui pochi soffermano la propria attenzione è la difficoltà a cui insegnanti e docenti devono far fronte, spesso anche con soluzioni “fatte in casa” per facilitare la didattica a distanza. Stiamo assistendo, infatti, ad uno Stato che sicuramente non <<promuove le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro>> (Costituzione – art.4) e che seppur promuovendo azioni in tal senso, lo fa in maniera disorganizzata e senza le giuste competenze. L’assenza di una “regia didattica” pone inevitabilmente l’accento su un “sistema scuola” inesistente. Bisogna avere il coraggio di mettere in atto una revisione strutturale, lo stesso coraggio che milioni di docenti hanno avuto, spesso in mancanza di competenze ed esperienze pregresse, nel fronteggiare da soli la crisi pandemica, garantendo ai propri alunni il diritto all’istruzione. E’ necessario rammentare che in questa fase di emergenza da una parte le scuole chiedono di mantenere la socializzazione, dall’altra le famiglie pretendono un rapporto più continuo e propinquo sebbene il momento sia tiranno della virtualità. Compiti inviati, video-lezioni e audio-lezioni, insegnanti che in tutti i modi cercano di rendersi utili e meritevoli di accedere nella lista degli eroi, insieme ai medici e agli infermieri, ma ci sarebbe voluta competenza e preparazione a monte. Unica nota lieta, è da rintracciare nella resilienza degli alunni che, nonostante le varie difficoltà, stanno apprendendo un nuovo sapere, quello dei valori tradizionali e delle piccole cose, a dirla con parole montessoriane <<stanno facendo da soli>>. Verrebbe, quindi, naturale chiedersi, non chi siano i responsabili, ma quali siano le responsabilità e a quali indennizzi, economici e morali, esse potranno recare, una volta che tale crisi sarà cessata.

 

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