ERGASTOLO OSTATIVO: LA CORTE COSTITUZIONALE DOPO DUE ORDINANZE HA RESTITUITO GLI ATTI ALLA CORTE DI CASSAZIONE PER VERIFICARE GLI EFFETTI DELLA NORMATIVA SOPRAVVENUTA.

 

d Pietro Cusati (giurista-giornalista)

 

La Corte Costituzionale dopo due ordinanze la  n. 97 del 2021 e n. la 122 del 2022,  per concedere al legislatore il tempo necessario al fine di intervenire sulla materia , l’8 novembre 2022 ha restituito gli atti  per l’ergastolo ostativo alla  Corte di Cassazione.  che aveva sollevato l’eccezione di incostituzionalità della vecchia legge. La Corte di Cassazione dovrà «verificare gli effetti della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate, nonché procedere a una nuova valutazione della loro non manifesta infondatezza». Sotto esame erano «le disposizioni che non consentono al condannato all’ergastolo per delitti di contesto mafioso, che non abbia utilmente collaborato con la giustizia, di essere ammesso al beneficio della liberazione condizionale, pur dopo aver scontato la quota di pena prevista e pur risultando elementi sintomatici del suo ravvedimento».Le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di Cassazione, sulla disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo. Oggetto di scrutinio sono le disposizioni che non consentono al condannato all’ergastolo per delitti di contesto mafioso, che non abbia utilmente collaborato con la giustizia, di essere ammesso al beneficio della liberazione condizionale, pur dopo aver scontato la quota di pena prevista e pur risultando elementi sintomatici del suo ravvedimento. La Corte costituzionale ha deciso di restituire gli atti al giudice a quo, a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162,che contiene, fra l’altro, misure urgenti nella materia in esame. Le nuove disposizioni, infatti, incidono immediatamente e direttamente sulle norme oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, trasformando da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità che impedisce la concessione dei benefici e delle misure alternative a favore di tutti i condannati (anche all’ergastolo) per reati cosiddetti “ostativi”, che non hanno collaborato con la giustizia. Costoro sono ora ammessi a chiedere i benefici, sebbene in presenza di nuove, stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo. Gli atti sono stati  restituiti alla Corte di  Cassazione, cui spetta verificare gli effetti della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate, nonché procedere a una nuova valutazione della loro non manifesta infondatezza. La Corte Costituzionale aveva già stabilito, nella prima pronuncia, che l’automatismo tra non-pentimento ed esclusione dai benefici non poteva continuare a esistere in virtù dell’obiettivo costituzionale di «rieducazione del condannato» che vale per tutti i colpevoli; aggiungendo che la collaborazione con la giustizia non può essere l’unico parametro di valutazione del ravvedimento del condannato per reati di mafia. Sostiene la Consulta che le nuove norme contenute nel decreto-legge varato nel primo atto del governo Meloni, che ha ripreso il testo già approvato da un ramo del Parlamento nella scorsa legislatura, pressoché all’unanimità ,«incidono immediatamente e direttamente sulle norme oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, trasformando da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità che impedisce la concessione dei benefici e delle misure alternative a favore di tutti i condannati ,anche all’ergastolo , per reati cosiddetti “ostativi”, che non hanno collaborato con la giustizia».Il decreto stabilisce infatti che anche i condannati non-pentiti «sono ora ammessi a chiedere i benefici, sebbene in presenza di nuove, stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo». Di qui la restituzione degli atti alla Cassazione che deve giudicare il singolo caso da cui è nata la questione di costituzionalità, e in quella sede si verificherà se i criteri molto stringenti imposti dal decreto violano ugualmente i principi costituzionali che la Corte Costituzionale aveva giudicato violati con la precedente normativa, oppure no. In caso affermativo la questione tornerà all’esame della Consulta.

 

 

 

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