GEMMABELLA: indennizzato il cosiddetto “mostro di Cava”

 

Aldo Bianchini

Avv. Adriana Giani dello "studio legale Giani" di Salerno

SALERNO – Ancora una volta lo “Studio Legale GIANI” di Salerno alla ribalta nazionale per il caso di Arturo Gemmabella (troppo frettolosamente indicato, anche dalla stampa locale, come il mostro di Cava de’ Tirreni; difatti grazie all’azione pazientemente professionale degli avvocati Alessandro e Adriana GIANI il loro assistito (dopo essere caduto nel baratro della sentenza di primo grado che gli aveva inflitto 7 anni di carcere e dopo aver trionfato in appello e in Cassazione con la piena e incondizionata assoluzione) si è visto riconoscere anche l’indennizzo di 66mila euro per ingiusta detenzione.

Un processo lungo e insidioso promosso sulla base di “un complotto ordito” da più persone, contro Gemmabella accusato di aver aggredito e rapinato la sera del 25 agosto 2015  la signora Laura Toriello (dirigente delle Poste) nell’angusto ascensore di un palazzo di Cava, che grazie all’attenta e scrupolosa difesa degli avvocati Giani si è concluso dopo la Cassazione anche con il riconoscimento dell’indennizzo per ingiusta detenzione (il Gemmabella è stato per tre anni agli arresti domiciliari) che apre, a mio avviso, anche l’eventuale seguito con richiesta di indennizzo in sede civile a carico di chi ha ordito il complotto. Una vicenda che sarà necessario seguire nelle successive eventuali fasi, anche e non solo per garantire all’innocente Gemmabella (ormai trasformato in parte lesa grazie alla difesa investigativa garantitagli dagli avv.ti GIANI) la restituzione massima della sua integrità morale e civile.

IL FATTO: Qualche anno fa la città di Cava de’ Tirreni fu sconvolta da un fatto di cronaca mai accaduto prima. Una signora, funzionaria delle locali PP.TT, mentre rientrava a casa dopo la spesa, fu aggredita nell’ascensore del condominio da un rapinatore che per sottrarle telefonino e borsa con i soldi; l’aggressione fu di uno brutale violenza, tanto che la signora malcapitata fu prima incappucciata con un secchio di plastica e poi malmenata fino al punto di frattura dell’osso temporale con necessità di ricovero e intervento chirurgico presso l’ospedale Cardarelli di Napoli dove era stata trasportata dai soccorritori. Le successive e necessarie indagini furono subito avviate dal Commissariato di Polizia di Stato di Cava de’ Tirreni con l’aiuto della scientifica e della DIDA (direzione investigativa distrettuale antimafia); accertamenti rapidi e mirati che portarono alla presunta identificazione dell’aggressore che, con camicia blu e con un secchio tra le mani, venne subito arrestato e infine processato. Il processo di 1° condannò il presunto mostro colpevole della vile aggressione, Arturo Gemmabella, a 7 anni di carcere. La sentenza fu rivoltata in appello con l’assoluzione piena che venne confermata dalla Cassazione.  Ma v’è di più; il collegio d’appello (composto dal presidente Diego Cavaliero e dai giudici a latere Perrotta e Rulli) non si era accontentato di mandare assolto l’imputato più volte maltrattato ma aveva disposto l’invio degli atti alla Procura di Nocera ordinando l’esperimento di accurati accertamenti a carico degli agenti della PS, DDA e Scientifica e del marito della funzionaria statale per il “delitto di falso ideologico e calunnia” presumibilmente commesso in danno del predetto Arturo Gemmabella.

 

 

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