La questione dei sistemi intelligenti

 

da Angelo Giubileo (avvocato – filosofo)

Che cos’è l’intelligenza? A tutt’oggi, l’intelligenza resta un mistero. Salvo per il fatto che essa sia un sistema, che funziona né più né meno di altri. A fare un po’ di luce sul mistero dell’intelligenza e in particolare dell’intelligenza cosiddetta “artificiale”, ci hanno provato – con un linguaggio estremamente chiaro preciso e significativo, che esclude ogni forma di antropomorfizzazione – Tommaso Poggio e Marco Magrini, autori del saggio “Cervelli Mente Algoritmi”, edito da Sperling & Kupfer.

Tommaso Poggio è un fisico e informatico italiano, attualmente professore al MIT di Boston. Il campo di ricerca e di analisi in cui opera da sempre è quello dell’intelligenza e in particolare dello sviluppo dell’AI. Marco Magrini è un giornalista, che si occupa di scienza e tecnologia.

In una recente intervista, il professor Poggio ha detto che l’interesse per la ricerca, che da sempre l’accompagna, sia nato dall’interrogativo “che cos’è l’intelligenza” e ha aggiunto di aver sempre pensato che la soluzione a questo quesito avrebbe poi portato alla risoluzione almeno di gran parte o tutti gli interrogativi che interessano l’essere umano. A tal fine, ha spiegato Poggio, è stato sviluppato il sistema DeepMind, azienda inglese controllata da Alphabet fondata nel 2010.

E dunque, risalendo agli inizi della ricerca, il focus principale ha riguardato piuttosto il funzionamento del sistema dell’intelligenza umana, a cui si è aggiunto il focus che riguarda il sistema o i sistemi attuali di intelligenza artificiale. La scelta iniziale, risalente a più di mezzo secolo fa, era stata quella di riprodurre artificialmente il sistema di funzionamento del cervello e quindi della mente umana, ma, data l’enorme complessità del nostro sistema neurobiologico, che è il cervello, composto da una massa gelatinosa praticamente “inarrivabile”, la scelta successiva dell’IA è stata per l’appunto quella di ripiegare su sistemi algoritmici – il machine learning – che funzionano mediante l’uso dei cosiddetti microchip.

Tra questi sistemi artificiali, oggi ci sono sistemi tali da sconfiggere un uomo in una partita di scacchi, come per AlphaGo, sistema sviluppato proprio da DeepMind; oppure sistemi come ChatGPT che possiedono un patrimonio di dati tali da impartire lezioni su argomenti molto complessi, gestire una conversazione su altrettanti argomenti, creare perfettamente con immagini contenuti dalla realtà finora estraibili solo mediante foto, ecc. Attualmente, nel mondo, esistono circa 200 modelli operativi che adottano la logica di sistema di ChatGPT. Gli autori evidenziano come il cervello, per la maggior parte, operi al di sotto di ciò che chiamiamo coscienza. E qui, sul punto, sorge l’altro interrogativo che ancora più ci riguarda. In vero, non solo noi, ma già altre specie come ad esempio scimpanzé, elefanti, gazze, delfini e quant’altre: che cos’è la coscienza?

Oggi, si parla molto di pericolo o pericoli legati allo sviluppo dell’AI. Ma è evidente, per quanto scritto e ribadito dagli Autori, che per noi umani il pericolo maggiore continua a essere la disinformazione.

E quindi, innanzitutto, il fatto che i sistemi di AI sono programmati dall’uomo e quindi potrebbero essere progettati male o sviluppare nostri bias ovvero “distorsioni cognitive che influenzano la valutazione di fatti e avvenimenti”, quelle che comunemente chiamiamo “pregiudizi” rispetto alla realtà che ci avvolge e ci circonda. Il pericolo che le Macchine possano prendere il sopravvento sugli Uomini è possibile, ma oggi niente affatto realistico, e rientra nell’ipotesi della teoria evoluzionistica generale che una specie possa sopravanzare un’altra per le proprie e nuove capacità sistemiche di funzionamento.

E allora un altro interrogativo, piuttosto odierno, riguarda l’ipotesi che lo sviluppo di questi sistemi di AI possa essere abbandonato, in tutto o in parte. Ma occorre dire che anche questa ipotesi non è affatto realistica, se si allude al solo fatto che tali sistemi sono già stati capaci di trovare geni associati a malattie genetiche ed elaborare nuove strutture chimiche capaci di funzionare come farmaci.

E allora il problema principale, piuttosto, continua ad essere anche a detta degli Autori quello della disinformazione, così che, come in passato, occorrerebbe operare facendo ogni volta una ricerca e analisi attenta delle fonti d’informazione. Per il resto, concludono gli stessi Autori, “abbiamo bisogno non di meno intelligenza, ma di più intelligenza”. E quindi di più e diversi sistemi di intelligenza, quale che sia.

Angelo Giubileo

 

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