In Italia previsti per la sanità meno della metà dei fondi di Germania e Francia, l’appello di 14 grandi nomi della ricerca a difesa del servizio sanitario nazionale in crisi.

 

da Pietro Cusati ( giurista-Giornalista)

La salute è solo di chi ha i soldi per permettersela, una profonda ingiustizia oltre che un fatto anticostituzionale. I dati dimostrano che il sistema è in crisi,arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali. Dopo la pandemia molti dati dimostrano che il sistema presenta inequivocabili segni di crisi. Abbiamo una delle percentuali più alte in Europa di bambini sovrappeso o addirittura obesi. Questo accade perché i costi dell’evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il Ssn, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del Pil .Non è il solito appello generico quello  lanciato  da 14 grandi accademici,nomi di prestigio della ricerca italiana a difesa del servizio sanitario nazionale , tra i quali figurano il fisico e premio Nobel Giorgio Parisi, l’immunologo Alberto Mantovani, l’epidemiologo Paolo Vineis, il farmacologo Silvio Garattini, l’oncologo e presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli , Paola Di Giulio e Enrico Alleva. Il documento  critica frontalmente le scelte del governo in materia sanitaria, economica e istituzionale. Scarso budget a disposizione del Servizio sanitario nazionale, che mette a repentaglio l’esistenza di un welfare pubblico e universale come quello ereditato dalla riforma del 1978. L’investimento stanziato per la salute dall’Italia nell’ultima legge di bilancio è 131 miliardi , la Germania investe 423 miliardi e la Francia 271. A parità di potere d’acquisto la spesa italiana pro capite risulta meno della metà di quella della Germania. «La spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e l’autonomia differenziata rischia di ampliare il divario tra Nord e Sud in termini di diritto alla salute». La riforma dell’assistenza territoriale, da decenni si parla di continuità assistenziale ,ospedale-territorio-domicilio e viceversa, ma i progressi non si sono visti ? “Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico”, ma oggi i dati dimostrano che “il sistema è in crisi”, tra mancanza di fondi, liste d’attesa infinite e personale sanitario in fuga.  I cittadini sono costretti a rinviare o a ricorrere al privato e alle assicurazioni. “La spesa sanitaria non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza”. In cima alla lista delle priorità ci deve essere l’adeguamento del finanziamento del Ssn agli standard dei Paesi europei avanzati, pari “all’8% del Pil”. Specifiche risorse “devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali” che “l’autonomia differenziata rischia di ampliare”. Bisogna poi “intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria” e sul personale sanitario, attraverso “la valorizzazione degli operatori, la loro tutela e la garanzia di condizioni di lavoro sostenibili”.

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