Milano: “mani pulite” da Magni a Magni

I corsi e ricorsi storici non sono soltanto una ipotesi ma, spesso, una viva e inquietante realtà. Il “sistema di potere” di Sesto San Giovanni, la Stalingrado italiana.

Aldo Bianchini

“Che la storia non si ripeta, è un grande alibi per tutti. Che possa ripetersi, anche”. Lo diceva spesso Massimo Chieli, e mai affermazione è stata più giusta. Secondo le affermazioni di Maurizio Gasparri (capo gruppo PdL al Senato) da Milano sta partendo una nuova ondata giudiziaria, questa volta in danno del PD, quasi come una novella “mani pulite” degli anni ’90. Sempre secondo Gasparri l’ex portavoce di Bersani, l’indagato Filippo Penati, non sarebbe altro che la punta emergente di un enorme iceberg a riprova di un “sistema di potere e di affari molto diffuso”. Una cosa è certa e deve far riflettere. Gli inquirenti di Monza affermano nelle loro carte che Penati è alla testa di un “apparato di potere per il controllo capillare del territorio” messo in piedi almeno quindici anni fa. In pratica dalla mitica inchiesta di Antonio Di Pietro su “mister G” (che poi si scoprì essere il signor Greganti del PDS) che sembrava voler entrare a “Botteghe Oscure” e che, invece, deviò verso altri lidi, all’avvio del “gruppo di potere assoluto del PD” (come scrivono i giudici) passò poco più di un anno. Insomma, come dire, che scampato il pericolo subito si provvide a ricostruire l’apparato su basi più scientifiche, più solide e più affidabili. Però ci vorranno ben quindici anni prima che qualche “pm” si impegnasse a fondo per il ripristino della legalità in un triangolo industriale tra i più ricchi d’Europa. Non mi soffermo, in questo articolo, sulle reazioni politiche dei due schieramenti e della chiusura a riccio del PD che riesce sempre con una buona comunicazione a far credere nell’assoluta trasparenza di tutti i suoi iscritti, pena l’espulsione. Vedremo come andrà a finire. Con questo articolo intendo andare alla ricerca di quelle piccole cose che confermano il detto che la storia si ripete. Il 17 febbraio 1992, quando partì ufficialmente “mani pulite”, nello studio megagalattico dell’ingegner Mario Chiesa (presidente del Pio Albergo Trivulzio) entrarono d’improvviso diverse persone: il pm Antonio Di Pietro, il capitano dei Carabinieri Roberto Zuliani, tre Carabinieri e un piccolo imprenditore del luogo. Si chiamava Luigi Magni e le sue rivelazioni sulle tangenti che era stato costretto a pagare diedero la stura alla più grande inchiesta giudiziaria che, fino ad oggi, si ricordi. La storia ci dirà che Luigi Magni, deciso a non pagare più tangenti (l’ultima doveva essere di quindici milioni) si era rivolto all’Arma dei Carabinieri arrivando fino al giovane pm Antonio Di Pietro. Cosa c’entra questo racconto con l’inchiesta dei pm di Monza su Penati, qualcuno potrebbe chiedere. La risposta è pronta. Tra le due inchieste esiste un “minimo comune denominatore”, meglio sarebe dire un “comune cognome”: MAGNI. Nel caso di mani pulite si trattava di Luigi Magni (piccolo imprenditore titolare di una micro impresa di pulizie), nel caso di oggi ad avere una parte decisiva nella vicenda è, invece, Luca Magni che non è imprenditore e che è stato arrestato dai pm monzesi come probabile custode di molti segreti tangentizi, tali da lambire addirittura il sistema del CCC (Consorzio Cooperative Costruzioni), insomma le famose o famigerate Cooperative Rosse un organismo cooperativo, capace di gestire lavori pubblici per miliardi di euro, che è riuscito a sopravvivere a tutte le tempeste giudiziarie ed a tutti i sospetti bancari e finanziari. Volendoci soffermare su quanto conosco meglio chiudo con una informazione gustosa. In provincia di Salerno il CCC ha gestito lavori pubblici per alcuni miliardi di euro e non è mai accaduto nulla, negli anni ’90 ai poveri PSI e DC che avevano gestito poche decine di milioni di euro in lavori pubblici accadde di tutto e di più. Quasi come a dire che i presunti ladri si trovino tutti e soltanto da una parte. All’epoca della tangentopoli salernitana ad una mia domanda sul perché le Coop. Rosse potessero partecipare in gruppo alla stessa gara d’appalto, quasi come se un padre e un figlio non conoscessero le offerte contenute nelle reciproche buste sigillate, un magistrato mi rispose che negli anni ’80 c’erano stati alcuni pronunciamenti della Cassazione che consentiva la partecipazione di più cooperative del CCC alla stessa gara di appalto. Bene! Pensai, prima si pensa all’affare e poi si preparano anche le leggi ad hoc. Infine non mi risulta, al momento di chiudere, se tra i due MAGNI milanesi esistano rapporti di parentela; ma questo lo sapremo nelle prossime settimane.

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