Pellezzano: la tempesta de “La Quiete”

Ricomincia con un comunicato sindacale la lunga telenovela che ormai da oltre un decennio assilla i laboriosi e professionali della clinica privata La Quiete.

Aldo Bianchini

Pellezzano – Ci siamo, si ricomincia. E’ la solita storia che da due lustri tiene sulla griglia un centinaio di lavoratori della sanità privata di Salerno. Parlo delle maestranze della clinica “La Quiete” sita in Capezzano di Pellezzano, legalmente rappresentata dall’avv. Leonardo Calabrese, ritenuto fino a qualche tempo fa il padre-padrone della sanità privata dell’intera provincia, e non solo. Una struttura riservata ai malati di mente che è ottimamente organizzata dal punto di vista strutturale e professionale, ma che da sempre è nell’occhio del ciclone del vertici della ASL. Un po’ per il carattere non facile, quasi al limite della sopportabilità, del suo patron e molto per colpa dell’incoerenza di una ASL che non riesce più a districarsi nella marea di disposizioni e di convenzioni che fanno capo a “La Quiete” e che sono il frutto di una imprenditorialità molto assennata del Calabrese il quale a cominciare dagli anni settanta ha ideato, realizzato e fatto crescere uno dei capolavori della sanità privata campana. La ASL, invece, da sempre si sente quasi bloccata, un po’ come se fosse imprigionata, insomma impotente di fronte alla grande capacità legale e manageriale di Leonardo Calabrese. Anche i sindacati hanno, in tutto questo, la loro  parte di responsabilità nell’aver consentito il trascinamento sine-die di una situazione che andava sanata o bloccata sul nascere, proprio per garantire ai lavoratori la massima sicurezza economica e lavorativa in cambio della loro riconosciuta capacità professionale. La situazione, in pratica, può essere sintetizzata in queste poche battute: “Calabrese è creditore nei confronti della ASL di svariati milioni di euro, non paga i dipendenti e cerca di forzare l’immotivato blocco dei pagamenti in suo favore facendo leva sulla potenziale protesta, a tutti i livelli, degli stessi dipendenti”. Nessuno può e deve dimenticare cosa accadde appena qualche anno fa q    uando i lavoratori, alla disperazione, bloccarono per un’intera giornata la strada provinciale che passa davanti alla clinica e tennero in scacco tutta la zona a nord di Salerno. E i sindacati che fanno? Potrei rispondere semplicemente che fanno la fronda, un po’ di là e un po’ di qua. Certo, capisco che la loro posizione è alquanto difficile, ma ad ognuno il suo mestiere, chi vuole fare il sindacalista deve saper affrontare anche mari tempestosi come quelli de La Quiete. Badate bene, amici lettori, Leonardo Calabrese non ha mai detto che non intende pagare i dipendenti, anzi intende pagarli non appena l’Asl scuce i soldi che gli deve ed è disposto, come ha fatto altre volte, anche ad anticipare qualche mensilità di tasca propria sempre che la Asl accetti e dichiara la propria situazione debitoria. La storia è tutta qui, i sindacati invece evocano lotte ad oltranza, scioperi, proteste clamorose, pane e lavoro, rispetto della dignità ed invitano “la proprietà della Quiete a dire fino in fondo le proprie verità anche in relazione alla continuazione delle attività date in accreditamento”, punto questo che costituisce il vulnus della vicenda. Non mi spiego difatti come mai la Asl non revoca l’accreditamento ad una struttura che non paga i dipendenti da sei mesi. Non può farlo, e questo lo sanno sia Calabrese che i sindacati, perché per farlo dovrebbe prima mettere in ordine i conti. Le verità evocate dal sindacato, in effetti, Calabrese le ha già dette e rendicontate più volte alla stessa Asl che adesso deve solo pagare. Rimane solo una perplessità sulla Asl ovviamente. Appena qualche giorno fa il settimanale Panorama ha descritto la Asl di Salerno come la più virtuosa della Campania, quella capace di abbattere tutti i debiti, difatti sembrerebbe che il colonnello Bortoletti abbia sanato tutte le pendenze. Incredibile ma non vero, altrimenti avrebbe dovuto pagare anche i milioni di euro che deve a La Quiete e il problema sarebbe stato già risolto. Peccato che Panorama ha provveduto (a pagamento?) a pubblicizzare un dato assolutamente falso. Alla prossima.

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