Il Cairo: fiamme e rivoluzione

Maria Chiara Rizzo

E’ stata una notte di terrore e violenza quella vissuta dagli egiziani de “Il Cairo” tra domenica e lunedì scorsi, dove si sono nuovamente infiammati i luoghi “caldi” della rivoluzione anti-Mubarak a causa di scontri tra la setta dei cristiani copti e la polizia militare. Il bilancio è ancora incerto, ma si parla di 24 morti e di oltre 200 feriti, secondo quanto ha riferito il Ministero della Salute egiziano. Tutto è iniziato nel cuore del Cairo, nel quartiere a maggioranza cristiana di Shoubra, dove attivisti copti si sono radunati per dare vita a una marcia pacifica. Improvvisamente i manifestanti sono stati colpiti da bottiglie, pietre e spranghe lanciate dai tetti delle case intorno da teppisti non identificati, gettando il quartiere nel caos. Il corteo, poi,  si è diretto verso l’edificio della televisione di Stato, al centro della capitale egiziana, dove altra gente si era radunata nell’attesa di unirsi ai manifestanti. La zona era blindatissima per garantire la natura pacifica che avrebbe dovuto connotare la manifestazione, ma, durante il tragitto verso la televisione di Stato, la tensione è aumentata fino a degenerare in violentissimi scontri tra i copti e la polizia militare. Il corteo era stato organizzato per manifestare contro la distruzione di una chiesa al sud del Paese, con l’obiettivo di chiedere un’ammissione di responsabilità, punizioni per gli sciacalli responsabili dei ripetuti attacchi ai luoghi della cristianità in Egitto e la ricostruzione delle chiese distrutte. Durante la protesta, gli attivisti copti hanno dato fuoco ad alcune foto di Mustafa El Sayed, governatore della provincia di Aswan, dove è stata distrutta una chiesa, in quanto gli atti vandalici sono iniziati in seguito alle dichiarazioni di quest’ultimo, che ha contestato la legittimità del luogo sacro poiché privo dei dovuti permessi di costruzione. Ai giornalisti testimoni degli scontri, i Copti hanno dichiarato che stavano marciando pacificamente quando teppisti e poliziotti li hanno aggrediti senza motivo, ammettendo, però, di avere dato fuoco a due veicoli blindati, sei macchine private e un autobus. Un portavoce copto ha incalzato dicendo che gli atti di violenza da parte della componente cristiana sono iniziati dopo che la polizia ha attaccato la folla picchiando dei giovani manifestanti, aprendo il fuoco sul corteo e  investendo una decina di attivisti con i suoi veicoli militari. Attualmente i Copti costituiscono il 10% della popolazione egiziana, a maggioranza musulmana. Le tensioni tra le diverse sette religiose non sono insolite. Il 13 marzo scorso 13 persone sono rimaste vittime di uno scontro verificatosi nei paraggi del Cairo, in seguito all’incendio provocato all’interno di una chiesa nel paesino di Sol, a sud della capitale.  La minoranza cristiana accusa il Consiglio militare, a capo del Paese dalla deposizione dell’ex capo di stato, di essere troppo indulgente nei confronti dei responsabili di questa serie di attacchi che hanno per bersaglio i Cristiani. Il primo ministro, Essam Sharaf, ha imposto il coprifuoco nelle zone centrali del Cairo, compresa piazza Tahrir, e ha convocato un meeting urgente per prendere eventuali provvedimenti. Dal suo ufficio, Sharaf ha fatto sapere: “Non permetteremo a nessun gruppo di minare l’unità nazionale del Paese e di ritardare il processo di trasformazione democratica”.

 

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