Gambino/15: torna a casa

Aldo Bianchini

Pagani – Alberico Gambino torna a casa, finalmente. Torna a casa non da uomo libero, purtroppo. Questa, comunque, resta una storia che non mi convince e che, come cittadino, per certi versi mi indigna. E’ una storia che evidenzia un imponente spiegamento di forze investigatrici e di magistrati, al pool iniziale si è aggiunta anche Rosa Volpe, quasi come se volessero a tutti i costi ricercare una qualche prova della colpevolezza dell’ex consigliere regionale ed ex sindaco di Pagani. Capisco che qui, su questa storia, la Procura della Repubblica di Salerno rischia di franare su se stessa, ma non comprendo assolutamente l’accanimento, il modo in cui è stato prima bistrattato e sbattuto in cella e poi inviato agli arresti domiciliari a Maiori, dopo che anche il Tribunale del Riesame aveva sentenziato che non esisteva alcun legame provato tra Gambino e gli esponenti della camorra dell’agro, dopo che addirittura i parenti diretti di un camorrista erano stati dichiarati estranei alla stessa camorra. Ora addirittura il Tribunale non concede la confisca dei beni patrimoniali dei cugini Marrazzo giudicando lecita la provenienza delle loro proprietà. C’è dunque qualcosa che non mi convince, soprattutto se (come ho già scritto nella puntata Gambino/13) si fa un parallelo tra questa inchiesta “Linea d’ombra” con quella che stava per travolgere Vincenzo De Luca verso la fine del 2005 con le richieste di arresto della pm Gabriella Nuzzi (tre in rapida successione!!) che il gip Gaetano Sgroia rimandò bruscamente al mittente. In quel caso clamorosa si arrivò perfino a distruggere le registrazioni delle intercettazioni telefoniche e qui, con lo stesso Gip Sgroia, nonostante il pronunciamento del Riesame e del Tribunale ordinario, si tenta addirittura di negare a Gambino il ritorno nella sua casa di Pagani per restare lì, tra l’affetto dei suoi cari, agli arresti domiciliari. No, in questo caso, lo si voleva tenere in perfetta solitudine nella casa di Maiori ben sapendo che tra lavoro e impegni scolastici molto difficilmente la moglie e i figli gli sarebbero stati vicini. Una crudeltà che non trova una spiegazione logica, una sorta di accanimento senza precedenti, almeno da parte della Procura di Salerno. Ed è proprio questa inspiegabile durezza che non mi convince e che mi fa pensare che c’è qualcosa che mi sfugge in questa intricata vicenda. Anche l’atteggiamento del collegio difensivo di Gambino non mi convince. C’è stato, è vero, un incidente di percorso che fece scattare su tutte le furie l’avvocato Michele Tedesco che l’8 agosto scorso precisò (fonte La Città dell’8 agosto 2011) di non aver mai attaccato i magistrati così come un “probabile” incauto cronista aveva riportato sul suo giornale, ma questo incidente credo fermamente non abbia affatto inciso nell’azione attenta ed altamente professionale che il collegio difensivo avrà portato avanti per arrivare alla liberazione definitiva dell’indagato Gambino. Non posso e non voglio credere, così come non credo, ad un timore reverenziale nei confronti dei magistrati. Insomma, voglio dire, quanto tempo dobbiamo aspettare ancora per sapere perché Gambino ha subito 21 giorni di carcere e tutti questi mesi di arresti domiciliari. C‘è qualcosa che non mi convince, dicevo, come quelle altre due inchieste aperte dalla procura salernitana, una per l’arrivo a Maiori dopo la scarcerazione tra la folla acclamante, l’altra per le foto scattate da un anonimo carabiniere per la presenza in motocicletta di Edmondo Cirielli a Maiori nelle vicinanze della casa dell’indagato mentre forse conversava con la moglie dell’arrestato. Tutte cose che lasciano perplessi e che fanno pensare, non me ne voglia nessuno, ad una accanimento con evidente doppiopesismo della magistratura salernitana. Del resto i casi relativi ai fallimenti di Giuseppe Amato e di Angelo Villani ne sono la prova provata. In pratica, per chiudere, tutte le accuse più gravi avanzate nei confronti di Gambino, dopo i blitz del 15 e 26 luglio scorso, sono cadute dinnanzi al Riesame ma la procura insiste per non arrivare al completo scagionamento dell’indagato che metterebbe in serie difficoltà non solo l’impianto accusatorio ma l’intera Procura della Repubblica.

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