San Matteo 2015: da Dio … a Cesare !! e la Curia si sbraca ?

Aldo Bianchini
SALERNO – Il clamore e la discussione che ogni volta suscita in tutta Salerno l’organizzazione della festività solenne di San Matteo dà la giusta sensazione di quanto il Santo Patrono sia calato nella profondità degli animi e delle coscienze dei salernitani, del popolo. A poco più di due mesi dalla prossima processione cade la prima testa eccellente della Curia, don Antonio Quaranta (promosso per silurarlo !!), che paga sulla sua pelle in un colpo solo almeno tre cose: l’invereconda faziosità dei portatori, l’eccessiva prudenza della Curia, la perenne indecisione dell’Arcivescovo. Viene promosso, è vero, e andrà a dirigere la colonia di San Giuseppe (altra spina dolente per la Curia da quando è stata sottratta, con grande superficialità, dalle cure di “don Comincio” in seguito alle lotte intestine tra le varie fazioni dominanti) ma si dà all’associazione dei portatori (alcuni dei quali, non dimentichiamolo, sono rinviati a giudizio per i fattacci dell’anno scorso) la possibilità di vincere, anzi di stravincere un duello a distanza che è stato portato avanti senza esclusione di colpi. Il tutto per la costruzione di un mito intorno ad “un feticcio pagano” qual è ed è stata la figura dell’ex sindaco (attuale governatore) che negli ultimi vent’anni ha saputo strumentalizzare, per trarne il massimo profitto possibile, la sosta di San Matteo davanti al Comune e la sua entrata nell’atrio principale. Tanto da non poter dare torto oggi ai portatori se invocano “… l’intoccabilità di un fermo, consolidato, tradizionale e storico caposaldo della tradizione della processione che da sempre si è sostanziata anche della benedizione del simulacro di San Matteo all’interno del palazzo di Città, casa comune di ogni salernitano …”. E per affermare la semplicità della richiesta i portatori hanno ritenuto, giustamente, di aver bisogno anche dell’avvocato (Luigi Cacciatore, ndr !!) e della carta bollata. Siamo davvero alla fine della storia; o meglio, a ben pensarci siamo forse all’inizio della storia futura che da oggi pone le sue basi per la famosa processione del 21 settembre 2393 quando sfilerà anche la statua di San Vincenzo da Ruvo del Monte (da Piazza De Luca di Luigi Del Pizzo del 4.10.2006 su Cronache del Mezzogiorno). Era questo l’anello mancante nel racconto del brillante e compianto giornalista, se n’è andato prima del tempo necessario per assistere a questo scempio della “evangelizzazione della pietà popolare” tanto invocata nel 2013 da tutti i Vescovi della Campania. Ma come si è arrivati a questa vera e propria “messa in mora” dell’amministrazione della Chiesa salernitana ? per scoprirlo dovete avere la pazienza necessaria nel leggere quello che sto per scrivere. Non si tratta di “performatività mistica” (definizione tirata fuori dal cilindro alla grande da Rino Mele nel contesto del suo intervento su Il Mattino di martedì 30 giugno) ma soltanto della “degenerazione” di antiche tradizioni che sono state troppo esacerbate dai portatori più scalmanati con l’avallo silente di Cesare (il kaimano, ndr !!) che da oltre vent’anni ha lentamente preso il posto di San Matteo nella processione scavalcando anche l’arcivescovo Pierro (troppo permissivo in questo !!) ed arrivando a Moretti con una neo tradizione ventennale ben consolidata nello spirito dei salernitani, molti dei quali seguivano le “performatività mistiche” di Vincenzo De Luca (adesso sì che la definizione di Mele ci azzecca !!) più per farsi una sana risata che per altro. Ma questo come lo si spiega ai portatori scalmanati (e qualcuno di loro anche portatore di precedenti penali) che bisogna cercare di restituire (come giustamente ha scritto Mariano Ragusa su Il Mattino del 1° luglio) a Dio ciò che Cesare ha usurpato nel corso di questi lunghi anni. Se una ridottissima parte dei portatori ha vari problemi di natura giudiziaria, tutto il resto di loro non è certo molto dialogante con il prossimo; non intendo assumere le vesti del professore (le lascio volentieri all’eccellente prof. Rino Mele) ma il dubbio è corposamente pesante. Ecco perché quando ho letto che è stato “giusto ascoltare il popolo” da parte dell’Arcivescovo prima di emanare le “nuove regole” della processione con la grande innovazione delle ripetute soste con giravolta (il doppio di quelle pregresse !!) mi verrebbe voglia di sapere e di capire “quale popolo” ha interpellato Mons. Moretti prima di varare la nuova organizzazione che, al di là delle perplessità, lasciava comunque il tutto nelle mani dei portatori dai quali è puntualmente arrivata una nuova rivoluzione, e questa con tanto di carta bollata precedente inaudito !!) soprattutto per la faccenda del Comune e per l’apertura dei cancelli che quest’anno non avrà neppure bisogno dei due furtivi vigili urbani (oltretutto in divisa per restituire a Cesare (leggasi … il kaimano nel frattempo divenuto governatore) quello che Dio sta cercando di far ritornare al suo posto, compreso i fuochi. Ci sarà tempo e modo di ritornare, comunque, sulle modalità organizzative della principale festa della città capoluogo, non mancheranno le occasioni per farlo; anzi spero che l’Arcivescovo lo faccia presto e con decisione. Oggi, però, vorrei mettere in risalto come anche il quotidiano più seguito della provincia può fare cattiva informazione; alludo agli interventi di Rino Mele e di Mariano Ragusa, due colonne portanti de Il Mattino (almeno sotto il profilo dell’approfondimento che oggi scarseggia !!). Entrambi hanno scientemente evitato di commentare l’intervento a gamba tesa pubblicato, sullo stesso giornale, di “don Alfonso D’Alessio” che, oltre a non essere un prete qualsiasi, è anche il direttore dell’ufficio per le comunicazioni sociali della Curia (come dire il capo della “sala stampa”). Posso capire che il “senso di appartenenza alla casta dei giornalisti” possa aver indotto i due commentatori al silenzio assoluto, ma l’attacco di “don Alfonso” al cuore del giornalismo salernitano mi sembra che valesse la pena almeno di quale precisazione se non di una risposta vera e propria. Cosa ha detto di tanto pesante il direttore della sala stampa della Curia in merito alle distorsioni del contenuto della lettera episcopale (quella delle nuove regole) che l’Arcivescovo aveva indirizzato a tutti i fedeli e che aveva avviato le polemiche; ecco lo stralcio del passaggio più importante: “… La lettera è fin troppo chiara e persino difficile da non comprendere, e la superficialità e il pensiero unico con cui è stata approcciata da taluni indurrebbe a immaginare che oggi, troppo spesso, l’onestà intellettuale diventa una conquista difficile …”. Una bella lezione, ma anche una batosta tremenda, diretta a tutti i giornalisti che dovrebbero dare la stura ad un approfondimento molto più articolato e complesso su come viene esercitato a Salerno il mestiere di giornalista; anche perché se don Alfonso (solitamente moderato e attento) ha scritto un’accusa così pesante è segno che l’avrà anche concordata con l’Arcivescovo; in caso contrario dovremmo pensare ad un direttore della sala stampa della Curia che d’improvviso esce dai tradizionali canoni prudenziali della Chiesa cattolica. La vicenda si apre a due considerazioni: 1) L’assurdità di un quotidiano che pubblica una cosa del genere e non l’approfondisce (spettava questa volta al direttore !!); 2) La frase di don Alfonso è l’indicazione di un segnale di intolleranza della Curia per il modo con cui si approcciano certe notizie e si pubblicano pur di vendere qualche copia in più del proprio quotidiano. Lo dico spesso e lo ripeto anche questa volta; la colpa non è tutta dei giornalisti ma anche, se non soprattutto, di tutte le istituzioni che consentono questo stato di cose per mantenere saldamente in pugno il controllo dell’informazione anche attraverso editori non editori e vittime dei ricatti del potere. Forse Mons. Moretti ha dato il via per davvero alla moralizzazione non solo delle “performatività mistiche” intorno a San Matteo ma anche delle “performatività giornalistico-strumentali” del mondo dell’informazione.

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