La pizza: quella di New York, ovvero la pizza alla conquista del mondo !!

Aldo Bianchini
NEW YORK (U.S.A.) – Aveva atteso molti anni per vedere concretizzato il sogno del viaggio della speranza verso gli Stati Uniti d’America; lo aveva aiutato, con un apposito “atto di richiamo”, un lontanissimo parente della mamma che viveva da decenni nei sobborghi newyorkesi; finalmente, un giorno, il sogno divenne realtà. Si era imbarcato a Napoli, come tanti emigranti, ed il suo nome (guarda caso !!) era Gennarino, per l’anagrafe Gennaro Lombardi. Non fu un viaggio avventuroso come il Titanic, lui viaggiava molti anni prima di quel disastro; dopo diversi giorni di navigazione e qualche tempesta oceanica finalmente giunse in vista della “grande mela”. Lui non sapeva neanche che quella enorme statua si chiamava “Statua della Libertà” e come fosse finita in quel posto; non sapeva neppure dell’umiliazione che doveva subire nei capannoni di Ellis Island per la quarantena che tutti gli emigranti dovevano forzatamente subire e lui la subì con grande coraggio e rassegnazione, era lì per lavorare, un lavoro qualsiasi, quasi come quel lavoro di “pizzaiolo” che aveva inseguito per molto tempo nella sua città e che nessuno gli aveva dato. A Napoli in quell’epoca, parliamo del 1890 o giù di lì, le pizzerie erano davvero poche e, quindi, gli ammessi al rituale della pizza erano scelti con cura e raccomandazione. Lui non poteva contare su nessuno che lo potesse avviare sulle strade del difficile mestiere di pizzaiolo ed aveva scelto l’emigrazione. Nella lunga quarantena, sotto i capannoni roventi di Ellis Island, spesso ripensava alle “pizze col pomodoro” che sua madre, Carmela, preparava in casa e portava al forno per la cottura; e ricordava la gioia di mangiarla appena sfornata e dopo essere stata tagliata a piccoli spicchi. In casa erano in tanti e la mamma doveva sfamare tutti. Presto trovò un lavoro, raccoglieva gli stracci lungo le strade di New York per consegnarli al raccoglitore ufficiale che poi li rivendeva alle fabbriche (una sorta di caporalato ante-litteram); un lavoro umile che, però, gli consentì subito di potersi sistemare in un paio di stanze dopo essere stato ospitato per qualche mese dai lontani parenti di mamma Carmela. Quando si trovò ad abitare da solo ripensò alla pizza della mamma ed a come ricrearla lì in America; aveva osservato lungamente la mamma, ricordava tutti i passaggi, aveva memorizzato finanche il modo di “ammaccare” la pasta sul tavolo di marmo. Ci provò una sera in casa, sebbene fosse stanco del duro lavoro durato tutta la giornata, faceva freddo, era inverno, fece l’impasto, lo condì e subito mise tutto nel forno a gas che aveva. Rimase piacevolmente impressionato dalla bontà del prodotto, ma non a tal punto da gioirne; alla sua pizza mancava qualcosa e all’improvvisò ricordò che la mamma la pizza non la cuoceva in casa ma al forno a legna del quartiere. Chiese in giro, si informò, finalmente riuscì a trovare un forno a legna, era un cosiddetto “bakery”; chiese ed ottenne di infornare e sfornare la sua pizza insieme al pane. La mangiò insieme agli operai del forno; fu uno strepitoso successo, ritornò a farla moltissime altre volte. Fino a quando, su consiglio di qualcuno, si recò presso il Municipio di New York (era l’ottobre del 1897) per chiedere la licenza di aprire una pizzeria in Spring Street a Little Italy che davanti all’ingresso esponeva anche un cartellone pubblicitario “Carmela’s” (il nome della mamma !!). Il successo fu travolgente ed impensabile per l’epoca; la pizzeria è ancora lì, si è ingrandita e modernizzata, ora bisogna fare la fila almeno di un’ora prima di entrare; ma gli eredi di oggi non dimenticano i sacrifici del loro antenato ed al nome della mamma di Gennarino ma hanno trasformato l’antica denominazione in quella più moderna di “Lombardi’s pizza”. Come tutte le storie, come tutte le fantasiose ricostruzioni, anche questa è stata ingigantita dal mito e dai racconti che si sono susseguiti in oltre un secolo di vita della famosa pizzeria. Per continuare è necessario ricordare (come racconta Tommaso Esposito) che dopo ben ventisette anni dall’apertura della pizzeria Gennarino dovette rinunciare al suo compagno di avventura più stimato “Anthony Totonno Pero” che si licenziò per aprire una sua pizzeria a Coney Island, la “Totonno’s”, ma non fu lo stesso successo. L’anno dopo un altro collaboratore di Gennarino andò via, si chiamava Frank Pepe ed aprì un suo locale a New Heaven nel Connecticut. Nel 1929 fu la volta di Giovanni Sasso con il locale “John’s Pizza” al Greenwich Village. Mel 1933 “Santarpio’s” conquistò Boston mentre “Tommaso’s” si installò a San Francisco; e poi tutti gli altri passaggi fino alla dilagante conquista di tutti gli Stati Uniti, tanto da indurre il mitico Eugenio Giovannetti a scrivere, nel 1939, il famoso trattato “La pizza alla conquista del mondo”. Un imperativo per tutti: sulla pizza, tra la mozzarella fresca e il pomodoro, non può non esserci l’olio extravergine di oliva e/o il basilico.

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