Comunali 2016: la caduta di Calabrese ovvero … quando la politica la si fa per gli altri

Aldo Bianchini

SALERNO – Ci conosciamo da parecchi anni ma non abbiamo mai avuto una frequentazione assidua, tutt’altro. Ci siamo incontrati di rado, anche fuori Salerno, e in tutte le occasioni abbiamo sempre scambiato le nostre opinioni di carattere politico che spesso erano educatamente divergenti. E’ stato uno dei pochi politici a commentare spesso i miei articoli, e di questo lo ringrazio in maniera molto sentita. Per quello che mi accingo a scrivere non potrò nemmeno essere accusato di partigianeria, e non solo perché nella recente campagna elettorale ha declinato l’invito di questo giornale a passare i suoi messaggi pubblicitari, aveva già fatto scelte diverse che abbiamo rispettato in pieno. Ma io faccio il giornalista non il raccoglitore di pubblicità a basso costo. Nella vita basta parlar chiaro; ecco Gerardo Calabrese (perché è di Lui che parlo) è uno di quei politici che se ha qualcosa da dire te la dice senza remore pur rimanendo sempre nella pienezza della sua correttezza e professionalità; insomma mai sopra le righe. A mio giudizio Gerardo Calabrese è il prototipo del professionista che si presta alla politica volontariamente per rendere un servizio alla comunità e non a se stesso. Qualche giorno fa ha postato su FB un suo pensiero gentile, sobrio ed elegante: “Ho sempre pensato di avere un debito di riconoscenza nei confronti di questa città, che ha accolto la mia famiglia in cerca di un futuro migliore che abbiamo trovato e penso di averlo anche ampiamente saldato in questi dieci anni”. Una dichiarazione specchiata, oltretutto accolta anche in un’intervista che egli stesso ha rilasciato al quotidiano La Città, che delinea perfettamente i tratti di modestia e di umiltà che hanno da sempre caratterizzato la vita politica ma anche professionale dell’avvocato Gerardo Calabrese. Ritornerà alle toghe, ai fori ed alle aule di giustizia con maggiore lena e nella pienezza del suo tempo e potrà aspettare, con calma, una telefonata di solidarietà che forse non arriverà mai e non solo perché in politica si fa così. Certo si fa così in senso lato, ma a Salerno questo viene attuato con estrema brutalità, qui governa la legge del capo; se qualche telefonata gli arriverà sarà in tutta segretezza e semmai fatta da una cabina pubblica. Questa è Salerno, signori, o almeno così è stata ridotta Salerno. Un uomo che offre dieci anni della sua vita innanzitutto per la tutela dell’ambiente e poi per prestare un servizio in favore della comunità non può e non deve essere ostracizzato da tutto e da tutti appena non viene eletto. Certo ha goduto anche di privilegi, per dieci anni ha incassato lo stipendio di assessore ma, a conti fatti, ha ampiamente ripagato tutti con la sua azione sempre attenta e scrupolosa in una branca molto difficile qual è l’ambiente. Del resto lo dice molto chiaramente Lui stesso nell’intervista e su FB; e io che non sono un pubblicitario ma cerco di fare il giornalista mi sono chiesto perché mai un personaggio del genere dovesse scomparire dalle cronache (fatta eccezione per qualche citazione in ordine alle scelte politiche del suo gruppo) senza che nessuno (e di presunti amici in questi anni ne avrà avuto certamente tanti anche tra i giornalisti che lo inseguivano e lo perseguitavano, ma solo quando era al potere !!) si ricordi più di lui. Capisco che in politica l’oblio arriva improvviso ed è devastante, ma buttare nella spazzatura un assessore che per dieci anni ha curato l’ambiente mi sembra sinceramente troppo. Ci incontrammo qualche anno fa a San Pietro al Tanagro (un paesino del Vallo di Diano) in occasione della sagra della cipolla e cercai di esprimergli il mio pensiero su come il kaimano scopre, utilizza e getta i personaggi vicini a lui; non prese il mio discorso per il verso giusto e continuò ad intrupparsi sempre più nelle file deluchiane fino al punto di commettere un errore madornale. Traslocò insieme al suo compagno di partito, Michele Ragosta (che ora lo ha mollato per far posto alla sua portaborse parlamentare), dal SEL nel PD alla corte del Re Sole. Ed è stata la fine; questi errori si pagano, così come pagherà il suo errore anche Michele quando dovrà essere ricandidato; soltanto allora forse, se ricorderà questo scritto, mi darà ragione. De Luca non dimentica mai, e sicuramente non avrà dimenticato quel voto contrario del 22 maggio 1993 che stava per mandare in alto mare l’elezione di De Luca a sindaco. Ma questa è storia di altri tempi. La dura realtà di oggi, con un Comune praticamente bloccato nelle mani della “famiglia De Luca”, ci dice che tutti dovranno dimenticare in fretta un personaggio che per quanto assimilato nel gruppo era e poteva ancora essere abbastanza fastidioso per un capo che va alla ricerca spasmodica di yes-man. Di sicuro c’è anche stata la debacle elettorale di Gerardo Calabrese e lui ce l’ha messa tutta per farsi fare fuori; ma questo non deve considerarlo un punto negativo ma a favore, perché solo chi fa politica in maniera pulita e non clientelare rischia di rimanere fuori dai giochi. E Calabrese, anche se qualche volta ha sbagliato, la politica l’ha fatta sempre e soltanto al servizio della comunità. Può stare tranquillo, se mai avesse avuto un debito lo ha ampiamente ripagato. Anche in questa occasione ha dimostrato signorilità e si è piegato alla presunta volontà del gruppo ed ha favorito la scalata alla poltrona di assessore da parte di una sconosciuta, o quasi, alla grande politica; e non venitemi a dire che la strada se l’è fatta da sola. Nonostante la docenza precaria, il contributo dato alla fondazione di SEL, la candidatura alla Camera, alle provinciali ed alle regionali che non le hanno di certo assicurato una proiezione pubblica di rilievo, se non avesse avuto alle sue spalle il forte mentore di cui è stata assistente parlamentare, sarebbe rimasta comunque nelle seconde file. Ma tutto questo oggi, caro Gerardo, non conta, il problema vero è che qualcosa si è da tempo incrinato nel tuo rapporto con Ragosta e questo, più dell’innegabile debacle elettorale, ha pesato sicuramente negli accordi e nella scelta.

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