IN DIFESA DELLA PRESCRIZIONE

Di Giovanni Falci (avvocato)

SALERNO – Il caso del processo per stupro prescritto a Torino sta facendo divampare una protesta che può diventare pericolosa perché potrebbe agevolare una riforma della prescrizione che già si ventila all’interno di una parte della magistratura.

Il Primo Presidente della Cassazione nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, a gennaio era stato chiaro: interrompere la prescrizione dopo la condanna di primo grado.

Non ha, però, pensato il Dott. Canzio che, per inciso è salernitano, così facendo si corre il rischio di rimanere condannati a vita dopo quella sentenza.

Sta di fatto che dopo la sentenza di Torino il Ministro Orlando intervenendo a Palermo all’inaugurazione del Circolo “Musica e cultura 100 passi”, avrebbe risposto, a degli studenti che gli ponevano delle domande sul caso di stupro prescritto a Torino, che si augura che il Senato affronti il tema della prescrizione insieme a quello della riforma del processo penale.

Siamo alle solite. Sull’onda di un singolo, per quanto esecrabile episodio, si vuole ottenere il lasciapassare per fare leggi che portano, su di una spinta populista, ad un sistema giustizialista invece che garantista; ad uno stato di polizia e non di diritto.

Proprio così: la prescrizione del reato è una garanzia del giusto processo.

I non addetti ai lavori pensano che la prescrizione sia una scappatoia per i colpevoli che non vanno in galera, invece è una garanzia per l’imputato che non potrebbe sopportare la “pena” del processo oltre limiti ragionevoli.

Uno dei principi del processo garantito sia dalla Costituzione che dalla Carta Europea del Diritti dell’Uomo è la “ragionevole durata”.  Innanzitutto, allora, vanno individuati i fini che tale principio intende presidiare. Il primo fine è quello della certezza delle situazioni giuridiche. La pendenza di un processo crea un’incertezza del diritto in concreto.

L’incertezza è un costo sociale e una pena per l’imputato.

Dal principio di ragionevole durata, scaturisce anche quello di efficienza processuale.

Un processo efficiente è sempre di ragionevole durata. E’ appunto l’efficienza che rende ragionevole la durata. Il processo di Torino è stato, molto semplicemente, un processo inefficiente per cui la patologia va accertata in quel caso per definire ragioni e responsabilità. Sicuramente ogni persona di buon senso immagina che sia quanto di più ingiusto e lontano dai principi costituzionali emettere una sentenza troppo distante dal fatto contestato.

Però l’efficienza del processo non è tutto. Qui si legano i due concetti: ragionevole durata e giusto processo. Non si può sacrificare il giusto processo a favore della celerità dei tempi.

Il giusto processo richiede che all’indagato sia assicurata la possibilità di fare controllare qualsiasi provvedimento incida negativamente sulla sua sfera giuridica, ma dopo il controllo non sarebbe giusto processo se si continuasse per tre quattro volte a richiedere pronunce del giudice sulla medesima questione. Così come non sarebbe giusto che questo accertamento continuasse all’infinito, senza una data di scadenza. Ecco, la prescrizione è la data di scadenza del processo, dopo la quale il processo diventa stantio, non utilizzabile, come sta scritto sulle buste del latte.

Il giusto processo di cui tutti si lavano la bocca, allora non può essere un processo che si celebri in tempi non ragionevoli.

Se si modificasse la prescrizione, anzi se si abrograsse di fatto la prescrizione, come sembra volere l’ANM e come sembra proporre il Ministro, si renderebbe il processo non giusto. Bella figura di …… in Europa.

I più, e soprattutto quelle frange della politica che hanno fatto carriera sui processi di Di Pietro & C., vedono di buon occhio una riforma che annulli la prescrizione.

Immaginate la pacchia di poter avere in ostaggio, “sotto processo”, il proprio avversario politico per anni. Il caso del processo De Luca è sotto gli occhi di tutti. Il governatore, innocente, ma imputato, è stato definito dalla Bindi “impresentabile”; la colpa? Era sotto processo da circa 10 anni.; però innocente (piccolo effetto collaterale).

Ora immaginate che fortuna per quei “politici” come Rosy Bindi (le virgolette sono d’obbligo) tenere in scacco De Luca per altri 10 anni. Perché senza scadenza del processo alle prossime elezioni regionali, se non fosse uscita quella sentenza, il buon Vincenzo sarebbe stato ancora “impresentabile”.

Un mio maestro, il prof. Giuseppe Gianzi di Roma mi disse una volta, nel 1981, mentre eravamo in viaggio da Roma a Napoli in auto: “il processo penale è come un incidente stradale. Se non lo fai non puoi immaginare mai cosa significhi”. Ed è vero. Quando vediamo l’auto incidentata che viene prelevata dal carro attrezzi, innanzitutto pensiamo che a noi non sarebbe capitato perché guidiamo bene, e poi pensiamo che sia stato brutto ma non proprio come lo pensa il povero conducente del sinistro.

Il processo è uguale: quando lo si legge sul giornale si può immaginare, ma non si può sapere il vero effetto come lo percepisce quello che è sotto indagine, magari innocente.

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