ALIBERTI: Processo “Sarastra”, Loreto chiarisce: “Non parlammo con Andrea Ridosso dell’accordo”

 

Di Manuel Moliterno

 

NOCERA INF. – L’udienza del 5 giugno del processo “Sarastra”, che vede imputato per scambio elettorale politico-mafioso l’ex sindaco di Scafati Pasquale Aliberti, sua moglie on. Monica Paolino, Ciro Petrucci, Giovanni Cozzolino, il fratello dell’ex Sindaco Nello Maurizio Aliberti, Andrea Ridosso, Roberto Barchiesi (in corso davanti alla Sezione Penale del Tribunale di Nocera Inferiore, pres. Raffaele Donnarumma e a latere  Noschese e Palumbo), è stata molto breve, ma in realtà molto significativa. Ha concluso definitivamente la sua testimonianza il “grande accusatore” di Pasquale Aliberti, ovvero il pentito (collaboratore di giustizia, ndr) Alfonso Loreto, uno dei vertici del clan Ridosso-Loreto egemone a Scafati negli ultimi anni. Si ricorda che il tema principale dell’accusa di questo processo verte su un presunto voto di scambio, contestato dalla Procura Antimafia di Salerno (P.M. dott. Vincenzo Montemurro) che si sarebbe concretizzato a Scafati tra il clan Ridosso-Loreto e l’ex Sindaco Aliberti, sia per le elezioni amministrative del 2013 (in cui Aliberti si riconfermò sindaco al secondo mandato dopo la prima elezione del 2008), sia per le elezioni regionali per la Campania del 2015, in cui la moglie di Aliberti, l’on. Monica Paolino, era ricandidata come consigliere regionale nel partito “Forza Italia”. Secondo i collaboratori di giustizia, in particolare secondo Alfonso Loreto, nel 2013 il candidato sindaco Aliberti avrebbe beneficiato coscientemente dell’appoggio del clan Ridosso-Loreto, di cui erano vertici Alfonso Loreto, Luigi Ridosso e Gennaro Ridosso, in cambio di “un grosso appalto”. L’intermediario tra il clan e Aliberti sarebbe stato, secondo l’impostazione accusatoria, Andrea Ridosso, ragazzo oggi ventottenne del tutto incensurato, laureato e specializzato, “sempre estraneo al clan” come hanno confermato sia gli inquirenti in ogni fase del procedimento sia gli stessi pentiti. In quell’occasione, però, ovvero nel 2013, Andrea Ridosso si sarebbe recato presso l’abitazione del Sindaco Aliberti e gli avrebbe chiesto di aiutarlo a percorrere il cursus honorum, ovvero di fargli scalare la carriera politica, di cui il ragazzo era fortemente appassionato. Aliberti si sarebbe rifiutato, adducendo problematiche di ordine di opportunità a causa del cognome di Andrea. Secondo Alfonso Loreto, Aliberti gli avrebbe comunque promesso degli aiuti e “gli avrebbe fatto piacere” l’appoggio elettorale del clan. L’appoggio di carattere elettorale si sarebbe, poi, perpretato anche per elezioni regionali del 2015, in cui effettivamente l’on. Monica Paolino risultò eletta nuovamente Consigliere Regionale per la Campania in quota “Forza Italia”, seppur all’opposizione. Ma adesso sorge una domanda, molto rilevante per la validità dell’impostazione accusatoria: sussiste l’elemento psicologico a carico di Andrea Ridosso? Andrea Ridosso era consapevole, quando si recò da Aliberti, di rappresentare il c.d. “intermediario” tra il Sindaco e il clan? Il ragazzo era consapevole che stava andando a concludere uno scambio elettorale politico-mafioso a nome del clan di cui era vertice suo fratello? Questa domanda è rilevante perchè se Andrea Ridosso non lo sapeva, e si recò dal Sindaco solo a nome proprio, allora sorge spontanea la seguente conseguente domanda: il Sindaco Aliberti come poteva sapere che si stava concretizzando uno scambio elettorale di cui lui era protagonista? L’accordo elettorale politico-mafioso era forse unilaterale, una semplice “elucubrazione mentale” degli esponenti del clan? Aliberti e Andrea Ridosso, ovvero una delle parti dell’accordo e l’intermediario, non erano stati informati delle intenzioni dei Loreto e degli stessi Ridosso? Effettivamente, nell’udienza dello scorso 5 giugno, Alfonso Loreto (concludendo definitivamente il suo contro-esame), rispondendo alle domande dell’avv. Michele Sarno (co-difensore di Andrea Ridosso, insieme all’avv. Roberto Acanfora di Scafati), ha affermato di aver parlato con Andrea Ridosso solo delle sue personali ambizioni politiche, ma di non aver mai interlocuito con il ragazzo circa le intenzioni criminali del clan che si sarebbero dovute perpretare con Aliberti. Ha nuovamente ribadito che l’interlocutore privilegiato di Loreto, il suo c.d. “comandante in seconda” (visto che lui in quel periodo era detenuto agli arresti domiciliari) restava Luigi Ridosso, “un suo pari”. Alfonso Loreto, dunque, ha confermato: il presunto “intermediario”, Andrea Ridosso, non era a conoscenza dei piani del clan verso Aliberti. E come si sarebbe, allora, concretizzato l’accordo? Secondo quali informazioni, quali contestualizzazioni spazio-temporali?

In seguito al termine della (lunga) deposizione di Alfonso Loreto, il Tribunale avrebbe dovuto ascoltare l’esame di un altro collaboratore di giustizia (sempre in collegamento in video-conferenza dal sito riservato), ovvero Romolo Ridosso, ma questo non è stato possibile per l’indisponibilità del Collegio, il quale sarebbe stato impegnato in altre udienze di altri processi complicati. In ogni caso, le difese hanno annunciato al Tribunale che stanno valutando se chiedere l’acquisizione diretta dei verbali delle dichiarazioni rese da Romolo Ridosso durante le indagini preliminari, in modo da “saltare” l’esame dibattimentale di un testimone che, probabilmente, non è ritenuto rilevante.

A sorpresa, poi, il P.M. dott. Vincenzo Montemurro ha chiesto, davanti al Tribunale, la disponibilità alle difese di acconsentire all’esame dibattimentale dell’imputato Andrea Ridosso, per una questione di “logica processuale”, ma a questa richiesta l’avv. Roberto Acanfora (difensore di Andrea) non ha prestato il suo consenso.

Nella prossima udienza, che si terrà il 9 ottobre, il Tribunale ha disposto la citazione (sempre in audizione protetta dal sito riservato in video-conferenza) del testimone Saverio Tammaro insieme a Romolo Ridosso. Qualora dovessero essere acquisiti direttamente i verbali di Romolo Ridosso, il Tribunale ha disposto, in alternativa, la citazione del testimone Luigi Cassandra. Il processo Sarastra continua.

 

 

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