FASE/2: La triste bellezza del vuoto

Angela D’Alto (opinionista)

 

Angela D'Alto - opinionista

SALERNO – Sarò sincera. Anche ora che si può uscire, se non ho un motivo non lo faccio.

Forse perché di passeggiare non me ne frega nulla. E tutto sommato, nemmeno la famosa ‘boccata d’aria’, o il guardare il cielo, mi esalta più di tanto. Sarà perché in tutta la mia vita, non sono mai riuscita a separare il paesaggio dagli uomini, il paese dalla comunità.

In tanti hanno trovato affascinanti e bellissime le immagini delle nostre città vuote. Io le ho trovate tristi, inquietanti, aliene. Dopo un iniziale momento di commozione, ho avvertito un insopportabile senso di straniamento e di angoscia per quei paesaggi spettrali, senza vita, nudi. Mi è suonata terribilmente retorica la continua riproposizione di questa bellezza  senza vita, quasi moribonda, che avremmo dovuto riscoprire attraverso immagini che invece mi hanno comunicato una solitudine infinita e un senso di apocalisse incipiente.

Ho smesso presto di desiderare di andar fuori di casa per guardare nuvole, prati e pezzi di cielo.

Mi sono accorta che quello che mi manca non è uscire per vedere il panorama o per respirare l’aria di fuori. Mi manca respirare l’umanità. Uscire e incontrare i bimbi che vanno a scuola sotto il peso di enormi zaini, gli anziani che giocano a carte davanti al bar smadonnando contro il compagno che sbaglia sempre la giocata decisiva, gli amici per l’aperitivo o per la pizza del sabato sera. Andare dalla parrucchiera e sentire la cliente più chiacchierona del salone che racconta di come ha fatto la parmigiana, e di quanto è insopportabile il marito, mentre le sue parole filtrano attraverso gli AirPods che hai nelle orecchie e si mescolano con la voce di David Bowie. Melanzane e Absolute Beginners. Mio marito lascia i calzini spaiati e Ziggy Stardust.

Fare la spesa mentre ti lamenti del tempo, del caldo in anticipo o della primavera che tarda ad arrivare, e ‘salutami mamma’, mentre imbocchi l’uscita scontrandoti con la ritardataria che ‘ancora non so che cucinare’, e via andare. Misurare un vestito , e poi un altro e un altro ancora, mentre tua nipote di 11 anni cerca senza successo di convincere i genitori che senza le ultime Balenciaga sarà emarginata per sempre dalla vita sociale dei preadolescenti napoletani.

Le riunioni affollate e non le call, porgere la mano per salutare, abbracciare chi ha perso una persona cara. I saluti, le chiacchierate, le risate, i silenzi sereni e condivisi, figli della familiarità.

Quest’anno i tigli del mio paese stanno fiorendo come al solito, e tra un po’ la sera l’aria sarà profumatissima e tiepida. Mi racconterà della mia infanzia. Forse la respirerò come al solito, magari attraverso la mascherina, ma non sarà la stessa se a respirarla insieme a me non ci sarà nessuno.

Ma io aspetto. Aspetto i rumori che riempiono il giorno, le voci chiassose, l’odore del caffè dei bar sotto casa, le risate dei ragazzi nelle sere d’estate, la folla colorata delle città , e non importa se non si vedrà più la bellezza dei monumenti, le geometrie degli spazi, la desolata maestosità del vuoto.

Aspetto di rivederle invase dalla vita, brulicanti di quella imperfetta, rumorosa e stupenda umanità.

Aspetto che questa notte infinita passi, perché la nottata passa sempre. Adda passa’.

 

Angela D’Alto

 

2 thoughts on “FASE/2: La triste bellezza del vuoto

  1. Tra le tante cose inutili o scontate che leggiamo dappertutto, ogni tanto c’è qualcosa di bello. Complimenti

  2. Davvero un bell’articolo, ispirato dai sentimenti. Le proibizioni possono e talvolta debbono essere accettate, ma non c’è scritto da nessuna parte che dobbiamo trarne motivo di allegrezza.

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