Bellandi, Pollio, la Chiesa Martire e del Silenzio a Salerno

 

Salvatore Memoli (avvocato – giornalista – scrittore)

Avv. Salvatore Memoli

Avevo in animo di presentare al Vescovo Bellandi i miei scritti e le testimonianze raccolte negli anni su Mons. Gaetano Pollio, Arcivescovo Primate di Salerno. Mi preme che un Vescovo teologo come Bellandi prenda a cuore la lettura degli atti che riguardano uno degli Arcivescovi contemporanei di Salerno che ha dato molto alla Chiesa e segnato la vita della Chiesa salernitana, innanzitutto con la sua testimonianza, riconosciuta nel mondo, di “Vescovo martire” e poi di Voce robusta della “Chiesa del silenzio” lasciando in tutti tanta testimonianza di fede autentica e un profumo vivo di santità di vita. Chi lo ha conosciuto, gli ha voluto sinceramente bene. Era autorevole, per la sua imponenza fisica e per la sua poderosa attività spirituale e pastorale in Diocesi che finalizzava al bene della Chiesa e dei fedeli. I sacerdoti che lo hanno conosciuto e che hanno collaborato con lui sono stati numerosi, hanno sempre testimoniato un rapporto di grande delicatezza, di integrazione completa. Con Mons. Pollio ogni attività aveva una dimensione spirituale ed evangelica assorbente. Era stato per oltre dieci anni un ” missionario itinerante” ascoltato da platee vastissime ed emozionate dalla sua testimonianza: “…dovevo impastare lo sterco con la terra, riempire dei cesti e caricarli sui carretti”. La sua guida pastorale era visibile, improntata ai valori del Concilio ed alla sua profonda e sofferta dimensione spirituale. Soleva ricevere in udienza privata i suoi visitatori ed in particolare il clero, innanzitutto ascoltando le testimonianze, limitando il suo intervento a parole essenziali e di esortazione al bene. Ai sacerdoti parlava con rispetto, dando il lei che non era distacco ma rispetto profondo che allontanava qualsiasi soggezione. Il suo segretario che sedeva nell’anticamera aveva a disposizione sempre piccoli aiuti economici per quelle persone più bisognose che venivano a bussare alla sua porta. Il suo cuore sacerdotale era provato dalla sua missione in Cina, dove aveva fatto esperienza della miseria delle persone e, nel contempo, aveva speso le sue vigorose energie fisiche e spirituali per elevare la Chiesa di Kaifeng, una gloriosa Archidiocesi che gli era stata affidata da giovane Vescovo. Aveva poco meno  di 35 anni quando fu raggiunto dal biglietto di nomina del grande Papa Pio XII che lo aveva individuato tra i missionari del PIME per guidare una Chiesa Cinese che aveva circa 10 milioni di residenti.
Arrivó a Salerno per espressa volontà del Papa Paolo VI che lo trasferiva dalla Diocesi di Otranto, così come sembra gli abbia preannunciato durante la sua storica visita pontificia all’Italsider di Taranto, nel Natale del 1968. Il 5 febbraio 1969 veniva annunciata la volontà del Papa San Paolo VI di volerlo Arcivescovo Primate di Salerno. Niente poterono fare quanti, guidati da un intraprendente Sindaco di Salerno, Alfonso Menna, andarono a perorare la nomina di Mons. Guerino Grimaldi, allora Ausiliare di Salerno. Alla delegazione, uno straordinario Principe della Chiesa, il Card Carlo Confalonieri, si limitò garbatamente a comunicare ” Pietro ha già deciso”. Pietro, il Sommo Pontefice Paolo VI, che ha sempre stimato e voluto bene all’Arcivescovo Martire Gaetano Pollio, faceva un dono prezioso alla Chiesa di Salerno, inviando un testimone autorevole e conosciuto in tutto il mondo delle persecuzioni che la Chiesa subisce nel mondo. Ovunque nel mondo, Mons Pollio aveva accettato di partecipare ad incontri di testimonianza della sua vita e delle patite sofferenze inflitte a lui ed ai confratelli Missoni ora dal Governo maoista cinese. Per questi suoi meriti il Papa Paolo VI gli ha sempre riservato un ruolo importante, inserendolo in Commissioni conciliari di grande rilievo, soprattutto per la sua profonda esperienza missionaria.

S.E. Mons. Gaetano Pollio

Ho avuto l’onore di stargli vicino ed ascoltare dalla sua voce le testimonianze della sua vita missionaria, non ho mai ascoltato una parola risentita contro i persecutori, ho sempre ascoltato tante tenere parole per la sua Chiesa e Diocesi di Kaifeng, da cui si era separato violentemente per decisione politica unilaterale. Il suo allontanamento dalla Cina gli risparmiava la vita ma gli consentiva di conservare per sempre un legame struggente con i suoi figli diocesani e con quanti rimasero costretti a subire di tutto.
Il suo memoriale “Croce d’oro tra le sbarre” che volevo far ripubblicare alla Provincia di Salerno, ha raccontato il coraggio di una testimonianza di Fede, incarcerata, umiliata, straziata fisicamente, ridotta a miserabile sopportazione di privazioni importanti ed a condivisione per alcuni mesi di sterco e fango. Ancora dopo molti anni Croce d’oro tra le sbarre provoca emozioni e reazioni, difende la libertà della Chiesa , testimonia la grandezza di un sacerdozio ed episcopato vissuto con scelte straordinarie, ad onore di Cristo e della Chiesa, oppressa da scelte politiche sanguinarie e nemiche. Ancora oggi che la Chiesa con il suo coraggio ha scelto un incontro con la Cina, la testimonianza di Pollio si colloca come viatico per le nuove relazioni diplomatiche, per I rapporti costruttivi tra Fede e Politica comunista, nella consapevolezza che la Chiesa si occupa di anime e non di potere.
Chi ricorda Mons Pollio, lo rivede nelle solenni liturgie in Cattedrale, tra gli operai delle fabbriche in crisi, tra i disoccupati e nell’impegno di costruire nuove Chiese, di conservare e far conoscere il patrimonio artistico della Diocesi, nella pastorale dialogante al servizio delle scelte del Concilio.
Ed in ultimo, tutti ricordano le sue sofferenze fisiche e la sua rinuncia alla Diocesi di Salerno, dove un tenace Mons Guerino Grimaldi, dopo anni, era riuscito ad essere nominato Coadiutore con diritto di successione. La sofferenza di Pollio gronda di carità, obbedienza, perdono. I suoi polsi spezzati e provati da strette catene per tanti mesi di prigionia, sono ricordati dalla sua grafia incerta e dolorante.
Nel nostro cuore ha lasciato un ricordo eroico ed uno sconfinato bisogno di continuare a vivere  i suoi insegnamenti.
Nel suo quotidiano ha vissuto come un Santo. Non per nostro credo umano, ma per una testimonianza corale di un modello di vita esemplare che è degno di essere valutato per gli onori degli altari. Fu confessore invitto della Fede, Pastore coraggioso e premuroso, Maestro di Verità, amando la Chiesa e servendola con generosa disponibilità.
Noi aspettiamo di vederlo riconosciuto dalla venerazione generale. Ho avuto tante possibilità di seguire il nostro Vescovo martire, missionario, costruttore di pace. Tra le cose che mi colpirono, un tardo pomeriggio del 31 maggio del 1977, fu la testimonianza datami a Caserta dal Card. Sergio Pignedoli, in casa dell’Arcivescovo Vito Roberti. Il Cardinale mi confidò che in mattinata il Papa Paolo VI si era intrattenuto con lui, parlando di Pollio e per un incarico importante per Pollio. Ho sempre pensato che Mons. Pollio potesse occupare la cattedra di Napoli, se la malattia, opportunamente enfatizzata a Roma, non lo avesse fatto passare per un invalido permanente!
Mons. Bellandi che vive nei suoi stessi luoghi ed ha accesso a tutti gli atti disponibili, crediamo che viva il privilegio di essere vicino al nostro indimenticabile Arcivescovo. Egli può rendere giustizia alla verità, alterata da troppi interessi! La sua eredità parla nell’episcopio e nella chiesa salernitana.
Il Signore conceda al nostro Arcivescovo in cattedra, di bussare sulla tomba di Pollio nella Cripta del Duomo ed annunciargli il riconoscimento delle sue virtù eroiche.
Così sia!

 

 

 

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