Mieli, da edulcorante di casta a “scacchista” dell’informazione.

 

 

da Antonio Cortese (giornalista)

 

Paolo Mieli, storico-giornalista

Fino a qualche anno fa sembrava diretto alla fine di Bruno Vespa, bravo ma asservito. Invece si è reinventato, il buon Paolo, nazional popolare della carta stampata e ora dell’opinione tele giornalistica. Non per qualche necessità ma naturalmente, come molti giornalisti ancora liberi per indole insita e apertura mentale coerente. Stamattina Paolo Mieli a Radio 24 non solo ha sbugiardato i venti di guerra, ma ha smascherato l’ennesimo show scritto sul copione orwelliano in questi giorni raccontando, spiegando i rapporti politici di Russia, Ucraina e Crimea dagli anni trenta ad oggi. Avendo anni di esperienza con le ingerenze protagonistiche del cumènda,  ha parlato di Putin come fosse nient’altro che un attore protagonista dei teatri internazionali, forse un po’ più potente e pericoloso, che se dorme non russa e che sta reagendo semplicemente a difesa di esagerate rivalse naziste che lo hanno spazientito dalle parti di Kiev. Tant’è che ha infine smorzato la questione appellandosi agli amici Albano Carrisi e Toto Cotugno in particolare, sempre presenti nella playlist dell’Ipod delle cerimonie del Cremlino. Nei primi tempi della guerra fredda anche Frank Sinatra fu coinvolto e strattonato da una parte e dall’altra da camorra, mafia, Cia e Kgb. Mieli ha perciò sperato alla radio che l’italiano con la chitarra in mano si facesse sentire a Mosca per calmare un po’ a tarallucci e vino i nervi tesi di Vladimir. L’editorialista  che in questi anni ha trasmesso su Raitre e  Rai Storia invitando in studio professori, laureati e laureandi, ricercatori e altri professionisti ha reso un servizio culturale difficilmente riscontrabile su altre emittenti e allo stesso tempo si sarà arricchito di nozioni tanto da presentarsi nell’etere oramai quasi camaleonticamente; la sua voce radiofonica infatti aveva il timbro di un redivivo Marco Pannella.

 

 

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