Don Nunzio: riciclatore solitario ?

 

Aldo Bianchini

Mons. Nunzio Scarano

SALERNO – E’ passato ancora del tempo e cresce l’attesa delle motivazioni a sostegno della sentenza di condanna di Mons. Nunzio Scarano annunciata, con un dispositivo lungo ma poco articolato, al termine dell’udienza del 4 marzo 2022 con riserva di depositare le motivazioni entro 90 giorni; ma così non è stato.

Difatti pochi giorni prima della scadenza del termine (3 giugno) il collegio giudicante ha richiesto ulteriori 60 giorni per il deposito, si pensa, di una sentenza lunghissima e da motivare in ogni suo piccolo dettaglio per non cadere nella palese e visibilissima contraddizione che vedrebbe decadere la principale accusa di “riciclaggio”. Le condanne a 7 anni di reclusione per Scarano e di 3 anni e 6 mesi per la commercialista Tiziana Cascone appaiono inverosimili di fronte alla conclamata assoluzione degli altri 48 imputati che con Scarano sono stati tratti a giudizio presso il Tribunale di Salerno incardinato dalla pm Elena Guarino che, addirittura, in aula al momento della sua requisitoria aveva candidamente annunciato che non era stato possibile dimostrare il passaggio di denaro da riciclare. Siamo di fronte ad una condanna fantasiosa ?

Andiamo con ordine; il delitto di riciclaggio, sarà anche agevole da consumare, ma è assai difficile da dimostrare in giudizio; soprattutto quando i vari attori vengono assolti; orbene perché nel caso Scarano i giudici insistono nel mantenere in piedi l’accusa del riciclaggio che Scarano, a questo punto, avrebbe commesso da solo visto e considerato che i percettori del denaro in nero tramutato in assegni circolari sono stati tutti assolti, che il principale complice (l’altro sacerdote coinvolto) è stato assolto con formula piena e che, inaudito, il proprietario dei soldi (gli armatori D’Amico di Roma) da riciclare è stato parimenti assolto dal GIP di Roma (su richiesta del pubblico ministero) che ha riconosciuto l’inesistenza della prova del passaggio di denaro verso Scarano che doveva riciclarli, cancellando così anche l’ipotesi di “reato presupposto” che poteva ricondurre Scarano al centro della scena come riciclatore.

Avv. Riziero Angeletti (difensore di Scarano)

Ma c’è di più; la Cassazione, difatti, per l’accusa di corruzione contro Scarano + 3 ha rimesso gli atti alla Corte di Appello di Roma che ha assolto Scarano e gli altri perché “il fatto non sussiste”. E se non sussiste la corruzione a carico di chi doveva riciclare il denaro dei D’Amico non si vede come sia possibile continuare ad insistere ostinatamente contro Scarano anche alla luce del fatto che i 48 presunti percettori delle some sono state addirittura assolti dallo stesso Tribunale di Salerno.

Oltretutto il collegio giudicante (Valiante, Cioffi e Rossi) ha avuto tutto il tempo di prendere atto delle sentenze romane appositamente depositate dall’avv. Riziero Angeletti (difensore storico di Scarano) che nuovamente interpellato, in merito, ha preferito per il momento declinare garbatamente l’invito per una chiarificatrice intervista.

Le domande, a questo punto, sono: “Perché la Procura di Salerno non ha all’epoca (cioè dal 2013 in poi) indagato gli armatori D’Amico come li ha indagati setacciandoli la Procura di Roma ? Perché gli stessi armatori che erano stati indicati dalla PM come testi a carico dello Scarano sono stati in buona parte lasciati per strada ?  Come fa il tribunale a non tener conto delle sentenze romane in mancanza di indagini ascrivibili alla Procura di Salerno ?”

 

Dott.ssa Elena Guarino (pubblica accusa nel processo Scarano)

Perché forse non si vuole arrivare ad esplorare seriamente come sono state impegnate le enormi offerte di beneficienza fatte dai predetti armatori al Comune ed all’Ospedale di Salerno, così come alla stessa Chiesa. Ma anche perché a Salerno gli inquirenti pensavano di avere scoperto l’acqua calda pescando il pesce dalla coda e non dalla testa.

La risposta, ovviamente, è soltanto immaginaria pur se basata su precisi riferimenti storici sul modus operandi delle Procure e Tribunali in seria difficoltà; il tutto lascia liberamente pensare ad una sorta di chiusura ermetica della giustizia per precostituire (come tante altre volte) uno sbarramento alle onerose richieste di risarcimento che gli assolti, compreso gli stessi Scarano e Cascone, potrebbero avanzare; e, infine, per giustificare l’immenso dispendio di denaro pubblico per le lunghe e farraginose indagini che hanno portato a decine di assoluzioni.

La risposta ufficiale potrà arrivare, comunque, solo dal collegio giudicante che ha messo nelle mani del giudice estensore l’incredibile e voluminoso carteggio delle indagini preliminari e del processo.

 

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