Lettera a Charlie Chaplin: dall’idolo “all’odio”

 

da Principe Mezzosangue

 

 

Charlie Chaplin,

Non mi sento di usare l’aggettivo “caro”, ma sento di poterti parlare in maniera confidenziale, perchè da quando avevo all’incirca dodici o tredici anni sei stato un punto fondamentale della mia vita e hai avuto un ruolo non indifferente nella mia crescita. Per te ho sempre provato un grande amore, ed ero fiero nel crederci ed affermarlo con orgoglio e convinzione. Guardando le tue opere e leggendo le tue citazioni, le tue poesie e i messaggi che cercavi di trasmettere tramite tutto ciò non solo li ho amati e ti ho amato con tutto me stesso, ma mi ero fatto una certa opinione su di te: la migliore del mondo, tale da amare te anche come individuo. Da quando ero poco più che un bambino ad ora, che sto iniziando a crescere, sei stato il mio più grande idolo ed aspiravo ad essere un giorno almeno la decima parte di quello che tu eri. Per me sei stato la più grande fonte di ispirazione che abbia mai avuto e che mai potrò avere: per il tuo progressismo, per i tuoi messaggi e per la tua comicità. L’amore, la fratellanza universale, l’unione dell’umanità sono solo alcuni dei tuoi valori in cui ho creduto, credo e crederò anche dopo la mia morte. Ho investito emotivamente su di te. Come sfondo del telefono ho un’immagine tratta da “Il monello” in cui è presente Charlot, il bambino ed il vigile dietro i due. Posseggo i dvd e i vhs di alcuni fra i tuoi film. Desideravo nella mia collezione di libri la tua autobiografia, e possedere una bellissima e costosa marionetta di Charlot. Ho fatto molti progetti scolastici incentrati su di te, e sono quelli a cui tengo maggiormente, o almeno a cui tenevo. In una storia che ho scritto, nella quale ho messo tutto me stesso, nella quale ho visto la mia visione del mondo, di come vorrei che sia. Ho inserito, ricordo, nella quarta pagina, il discorso finale all’umanità del film “Il grande dittatore”. Quello è tutt’ora uno dei passi di quel racconto di undici pagine che più di tutti mi fa commuovere. Ho condiviso quel discorso anche nel Giorno della memoria. Adesso però so di aver buttato via il mio tempo, di essere stato stupido ed ingenuo. Ho sbagliato tutto: tempo fa iniziai a vedere il film biografico sulla tua vita “Charlot”, del 1994, ma ne avevo interrotto la visione alla scena dell’incontro fra te e Mack Sennett. In quel periodo avevo deciso di concentrarmi su progetti scolastici con consegna imminente. Solo pochissimi pomeriggi fa, vittima della noia e libero da qualsiasi impegno, ho deciso di prendere il mio lettore per i vhs ed inserire al suo interno il nastro di “Charlot”. Nei primi minuti ero incantato dalla splendida narrazione, ma più le bobine del vhs giravano e più sentivo una strana sensazione, però cercavo di negare la verità che vedevo scorrere, così ho deciso di fare ricerche, che hanno solo confermato tutto. Ti avevo idealizzato come la persona migliore del mondo: la purezza d’animo a cui io ho sempre aspirato, ed invece sei un mostro spregevole, un mostro. Non sono molte le cose su cui non transigo, e tu hai commesso alcuni fra i “peccati” che più di tutti disprezzo. Tu, in realtà, non eri il personaggio di Charlot: fuori dal grande schermo e dall’occhio della camera da presa avevi un carattere autoritario e dominante; eri la copia di Hitler, e non solo per i baffi a spazzolino e per essere nato a quattro giorni di distanza dal Führer, ma sopratutto per il carattere. Eri anche una persona violenta, spesso preda di immotivati e forti scatti d’ira. La prima ad accorgersene fu la tua fidanzata Edna Pruviance. Eri troppo preso dal tuo lavoro, e fu questo che ti fece perdere la tua amata. Hai avuto quattro mogli, tutte estremamente giovani, per non dire minorenni, da cui hai avuto dei figli, per non parlare delle tue numerose amanti. Quando la tua prima moglie, Mildred Harris, un’attrice sedicenne, credette di essere incinta, ma poi capì di essersi sbagliata, tu iniziasti ad essere brusco e lunatico con lei e spesso fuggivi di casa per più giorni senza dir nulla. Quando Mildred rimase davvero incinta ebbe un esaurimento nervoso in parte causato dai tuoi maltrattamenti. Conoscesti la tua seconda moglie, Lita Grey, quando lei aveva soli sette anni, e vi uniste a nozze quando ne aveva sedici. Le carte di quel divorzio, ritrovate recentemente in una banca di Los Angeles, sono la testimonianza di quanto tu sia stato crudele e disumano nei confronti della donna che hai baciato all’altare. Sposasti poi l’attrice di ventidue anni Paulette Goddard, ed infine promettesti eterno amore alla diciottenne Oona O’Neil quando avevi cinquantaquattro anni. Nonostante la differenza di età questo matrimonio durò fino alla tua morte  ed avesti con lei otto figli. Non cambiasti, e questa relazione non ti redime da ciò che sei: macchiasti il matrimonio con le tue pretese, i tuoi scatti d’ira e la tua crudeltà. Eri un “Marito padrone”, facendoti trattare da tua moglie “con una deferenza da geisha”, com’è riportato nel libro di Jane Scovell “Oona: Living in the Shadows”; e maltrattavi i tuoi figli. Durante le riprese del film “La contessa di Hong Kong” umiliavi tuo figlio Sydney davanti a tutto il cast e lo trattavi con crudeltà. Ricordiamo inoltre il tuo esilio dall’America in seguito all’uscita de “Il grande dittatore”. Ti volevo bene, e non posso descrivere a parole la rabbia, la delusione e la vergogna nell’aver così tanto investito emotivamente su di te. Non voglio più vivere con il disonore di aver avuto te come eroe, la mia fonte di ispirazione, il mio idolo. Da parte mia ho commesso l’errore di crederti il riflesso dell’amore e della pace che diffondevi. Sono estremamente deluso da te e giuro che mai ho così tanto odiato una persona che prima ho amato così come ho amato te. Mi provoca una sensazione così negativa vedere i film che una volta ho tanto amato, vedere la persona che ho tanto idolatrato, verso la quale adesso nutro un profondo odio, che oggi mi rende così addolorato, che mi causa un’inquietudine nel sonno e nell’animo. Poche volte la verità di aver creduto a delle menzogne mi ha fatto tanto male. Non ho più la forza di guardare un tuo film, leggere una tua poesia o una citazione, il tuo messaggio all’umanitá che tanto ho amato e che ho inserito in lavori didattici o personali. Se ritrovassi questa forza non guarderò tutto ciò mai più gli stessi occhi, so che è così. Quando sarò innanzi a Dio Padre, ed egli mi chiederà perché ho idolatrato ed amato con orgoglio un uomo del genere, perchè ho preso te come fonte di ispirazione, io cosa gli risponderò? Che mi rispecchio nei tuoi valori? …che mi ci rispecchio…

 

I miei saluti, Jacopo Ortis.

 

 

One thought on “Lettera a Charlie Chaplin: dall’idolo “all’odio”

  1. ti capisco, ma considera che l’arte dei personaggi si stacca completamente dalle persone che ci sono sotto, quasi per un fenomeno metafisico. Se non fosse così non potremmo ammirare ancora Caravaggio e tanti altri prima e dopo di lui. Ti consiglio di continuare ad amare l’arte di Charlot e di fregartene di Charlie Chaplin. Sono due cose completamente diverse.
    un saluto

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