SINNER: nell’attesa di Miami

 

Aldo Bianchini

Jannik Sinner

MIAMI (USA) – In questi giorni mi trovo a Palm Beach in Florida e come l’anno scorso già ho provveduto ad accreditarmi per i giorni conclusivi del “Miami Open – ATP/1000” di tennis maschile e femminile.

Soprattutto mi piacerebbe assistere all’ipotetica finale tra Sinner e Alcaraz, o anche Medvedev; dopo la delusione dell’anno scorso quando i primi tre-quattro giocatori del mondo erano ancora una sorta di tabù per il nostro Sinner.

Difatti quella finale, dopo un primo set leggermente combattuto, si concluse rapidamente con il predominio assoluto del russo sull’italiano che, è giusto ricordare, nel secondo set incominciò ad avere alcuni problemi fisici.

In dodici mesi tutto è cambiato per Sinner che sembra aver superato quella lunga stagione in cui, per un motivo o per l’altro, facilmente si infortunava in maniera quasi sistematica e sempre nel corso degli appuntamenti più i portanti; grazie al suo rinnovato team guidato da Simone Vagnozzi e Darren Cahill (che i coach ATP hanno votato a fine 2023 come allenatori dell’anno) il tennista altoatesino ha raggiunto la piena conoscenza dei suoi straordinari mezzi che la natura gli ha messo a disposizione; e da quel momento veramente niente non è più alla sua portata.

Sicuramente dovrà ancora migliorare, ma la sua più grande risorsa è ben celata da un apparato psicologico fuori della norma da freddo e calcolatore nativo alpino qual egli è. E’ sufficiente guardarlo bene quando attraverso le sue sfumature somatiche lascia intravedere una tranquillità molto rara nel comportamento dei tennisti; anche quando sbaglia non sbraita come fanno altri ed è subito disposto addirittura ad applaudire l’avversario per un colpo da manuale.

L'attuale staff di Sinner

La scena irradiata da Indian Wells in tutto il mondo con l’immagine di Jannik comodamente seduto sotto l’ombrellone che dialoga con la raccattapalle e tiene fra le mani l’ombrello non  solo dimostra un senso innato di gentile disponibilità verso l’altro sesso ma la sua, forse innata, capacità di mantenere l’assoluto controllo del suo sistema psico-nervoso in un momento di assoluto nervosismo che sconvolgerebbe anche il più attrezzato mentalmente di qualsiasi atleta, e non soltanto di un tennista.

Ma, a mio vedere, la grandezza di Sinner è emersa anche dalla sconfitta (che per ogni atleta è cocente) patita da Alcaraz in semifinale; non solo l’altoatesino si è tolto il pensiero della inevitabile sconfitta che prima o poi doveva arrivare, ma ha anche offerto a tutti noi una totale rivoluzione di pensiero e di preoccupazione tipica più per un tifoso che per uno sportivo.

Difatti dalle finali della Coppa Davis riportata in Italia dopo 47 anni (fino a quel momento si chiamava “Coppa Davis – Panatta”) il campione aveva infilato ben 19 risultati utili consecutivi riducendo tutti gli appassionati al conteggio, giorno dopo giorno, delle vittorie con l’incubo della prima sconfitta.

Ebbene quell’incubo è finito ed ora ricominceremo a contare le vittorie, partendo proprio dal Miami Open per passare semmai a Montecarlo, Roma, Parigi e Wimbledon; la stagione è lunga, e a questa seguiranno tante altre stagioni con la certezza che Jannik Sinner, insieme ad Alcaraz e pochi altri, continuerà a farci utilizzare il pallottoliere (il più antico strumento di calcolo) almeno per i prossimi dieci anni.

 

 

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