CAVA – Dissesto idrogeologico: prevenire si può, ed è meglio che curare

 

 

 

Da avv. Alfonso Senatore – pres. Città Unita

CAVA de’ TIRRENI – Ogni anno, puntalmente, e si sa, specie a Cava de’ Tirreni, famosa per la pioggia incessante invernale, si passa da una siccità durata quest’anno dalla primavera all’estate intera e inoltrata fino al mese di ottobre e novembre, a una pioggia violentissima, che causa danni e peggiori ne potrà causare se non si interviene in tempo e in via preventiva.  Questo regime metereologico che combina aridità assoluta e precipitazioni tropicali non è più nuovissimo. E cosa si è fatto e si fa per prevenire i danni alle cose e alle persone? Perché i soldi si trovano solo dopo i disastri per riparare i danni e non si investono prima per evitare i disastri ambientali a cui Cava è sottoposta e l’intera Provincia lo è? Si spenderebbe molto meno; una volta e per sempre; e senza danni e prevenibili lutti. Mai finora si è ragionato con il buon senso del padre di famiglia. Occorre chiedere alla UE una deroga al patto di stabilità per poter finanziare un piano severo, ma certo, di difesa del suolo almeno decennale e nella piena collaborazione fra Stato e Regioni. Bisogna dare poteri vincolanti alle Autorità di distretto, e i Comuni devono investire in Ambiente, altrimenti si continuerà nell’affannata corsa a tamponare disastri tanto annunciati quanto inesorabili. Ieri il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli ha accusato, di fatto, certi Comuni, tra cui Cava de’ Tirreni, di lasciar costruire il nuovo in zone alluvionali o addirittura golenali, comunque <<pericolose>>.  E’ un andazzo che deve assolutamente finire!! Cava ha una quota alta di movimenti franosi, che è mediamente e altamente sismica, che gli incendi boschivi <<cuocendo>> i terreni accentuano i danni delle piogge battenti. Per questo non possiamo continuare a piangere sui morti, (vedi l’alluvione del ’55!), sulle frazioni devastate, ma dobbiamo con serietà e prima e non dopo le catastrofi, redigere e attuare sistematicamente piani di prevenzione. In che modo? Bisogna liberare le aree di  <<sfogo>> spontaneo di fiumi e torrenti, restituire alla natura gli argini ripristinando la vegetazione di ripa, e gli alvei, invece o depredati di sabbia e ghiaia o assurdamente cementificati (vedi Alessia-Dupino), e canalizzati imprimendo una folle velocità alle eventuali piene che prima o poi ci saranno. Bisogna, poi, rimboscare l’alta collina e la montagna e, in quella già boscata, curare meglio bosco e sottobosco per favorire la ritenzione a monte delle piogge, che precipitano con violenza a valle se si continuano a tracciare in alto nuove strade o se si asfalta la viabilità poderale e vicinale (le strade <<bianche>> fanno da filtro). Tanti interventi, grandi, medi e piccoli, a volte minimi, e però diffusi, sistematici. Un imponente <<piano del lavoro>>. Senza il quale Cava rischierà di finire, -con il tempo negativo che avanza sempre più,- sott’acqua e tanti cavesi con essa.

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