Alfonso D’Alessio
“Il Signore mi chiama a salire sul monte, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze”. Lo ha detto Benedetto XVI domenica 24 febbraio prima che diventasse Romano Pontefice emerito. Con la sua solita delicatezza, ha risposto all’obiezione più forte che è stata fatta alla sua rinuncia al ministero di vescovo di Roma. Lo ha fatto collegandosi al Vangelo sottolineandone essenzialmente un insegnamento: il primato della preghiera, senza la quale apostolato e carità diventano attivismo. La rinuncia al Ministero Petrino non omologa la Chiesa ad un’istituzione laica. Anzi, tutt’altro. L’omologazione è impressione per chi si ferma alla superficialità e non è pienamente convinto che la Chiesa sia guidata da Dio anche in un atto di Magistero come quello posto da Benedetto XVI. Chi poi ha scelleratamente precisato che dalla Croce non si scende, oltre ad aver perso l’occasione per un elegante ed opportuno silenzio, ha manifestato una concezione del luogo della croce molto limitata. Benedetto invece ha saputo volare alto ancora una volta. Ci ha fatto capire con chiarezza una cosa: la vera linea di demarcazione all’interno della Chiesa non è fra progressisti e tradizionalisti, ma tra chi ha fede e chi non ce l’ha: tra chi, pur con mille limiti, desidera seguire Cristo e chi invece i propri schemi e le proprie idee su Cristo e la Chiesa, tra chi aspira con tutto se stesso alla santità e chi preferisce accontentarsi della mediocrità. Tra l’altro la categoria di progressista o conservatore è tipica di una visione della chiesa priva di un dato fondamentale della Fede, che cioè al suo interno soffia il vento dello Spirito Santo. Tutto questo poteva dircelo e testimoniarcelo solo un Papa umile, e può capirlo solo chi è animato dalla stessa virtù.